Ecco gli appuntamenti più importanti dei prossimi giorni con la spiegazione dei riti e delle celebrazioni in San Pietro. Grandi cambiamenti ovviamente a causa delle regole anti contagio.
Domenica 5 aprile 2020
– Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Ore11.00 Commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme e la conseguente Messa. Il Santo Padre la officerà nella Basilica di San Pietro presso l’Altare della Cattedra.
Mercoledì 8 aprile 2020
In questo giorno il Vescovo, circondato dai sacerdoti, ricorda l’Istituzione del sacerdozio da parte di Gesù durante l’Ultima Cena. Nella Messa odierna si consacrano gli Olii Santi che serviranno per i Sacramenti: Olio dei catecumeni, Olio dei malati e Sacro Crisma.
Oggi si celebra l’Ultima Cena (che è stata anche la prima Messa) di Gesù. È la Messa in cui siamo invitati a fare la Comunione Pasquale. Dopo la Messa si ripone l’Eucarestia in un luogo a parte, ornato con fiori e luci, detto ‘Altare della Reposizione’. Quì, Gesù
Eucarestia attende la nostra adorazione.
Si terrà la Messa nella Cena del Signore a partire dalle ore 18:00. Qui già abbiamo pesanti modifiche al programma visto che è annullata la lavanda dei piedi (già facoltativa), così come la Processione successiva e la Messa Crismale.
È il giorno della Passione del Signore. La funzione delle 3 del pomeriggio, ora della morte di Gesù, si svolge in tre momenti: 1. La lettura della Passione con la grande preghiera universale. 2. L’adorazione della Croce. 3. La Comunione Eucaristica. Alla sera si rivive la morte del Signore con la VIA CRUCIS.
Basilica Vaticana, ore 18.00 – Celebrazione della Passione del Signore – ore 21.00 – Via Crucisin Piazza San Pietro.
Sabato 11 aprile 2020
In questo giorno nelle chiese c’è grande lutto: Gesù è nel sepolcro. Gli altari sono spogli, senza fiori né candele. C’è solo la Croce. La Veglia Pasquale è la celebrazione della Risurrezione del Signore:
1. Benedizione del fuoco e del cero pasquale e canto dell’Exultet. 2. Liturgia della Parola di Dio. 3. Liturgia battesimale e rinnovazione delle promesse battesimali.
4. Liturgia eucaristica.
– Ore21.00 – Veglia pasquale nella notte santa nella Basilica di San Pietro
Domenica 12 aprile 2020
– Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore –
Basilica di San Pietro, ore 11.00Santa Messa del giorno – Ore 12.00 – Benedizione «Urbi et Orbi»
BUONA PASQUA A TUTTI!
“Voglio chiedervi un favore: camminiamo tutti uniti, prendiamoci cura gli uni degli altri, rendetevi cura tra di voi, non facciamoci del male, curiamo la vita, curiamo la famiglia, curiamo la natura, curiamo i bambini, curiamo gli anziani”
(Papa Francesco)
Una domenica delle Palme come non l’abbiamo mai vissuta prima. A partire dalle 11 ci sarà la commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme e la conseguente Messa. Il Santo Padre la officerà nella Basilica di San Pietro presso l’Altare della Cattedra.
E’ detta anche domenica De Passione Domini (della Passione del Signore). O seconda Domenica di Passione. Questa festività è osservata non solo dai Cattolici, ma anche dagli Ortodossi e dai Protestanti. In questo giorno la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (cfr. Gv 12,12-15).
Per questo motivo si cominciano le funzioni con una processione che parte all’esterno della chiesa, ricordando proprio la folla, radunata dalle voci dell’arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.
Alcune donne intrecciano i rami di palma per creare i “parmureli”
Le palme bianche, che normalmente arrivano dalle città di Sanremo e Bordighera (Liguria) vengono intrecciate e regalate per l’occasione al Santo Padre, ai cardinali e vescovi, oltre che ai fedeli presenti sul sagrato di San Pietro, fino a formare quelli che vengono chiamati i “Parmureli”. Si tratta di tre palme che simboleggiano la SS Trinità e vogliono essere un ringraziamento per il privilegio ottenuto il 10 settembre 1586 dal Capitano Benedetto Bresca.
Il Bresca si trovava a Roma al momento in cui veniva innalzato l’obelisco egizio, alto 26 metri e pesante 350 tonnellate. Papa Sisto V aveva dato ordine di non parlare, minacciando pene severe, per evitare problemi durante la delicata operazione, ma il coraggioso capitano, che conosceva bene le problematiche delle corde sotto sforzo, urlò il suo suggerimento: bagnare le corde. Questo salvò l’esito dell’operazione e per riconoscenza, ottenne, secondo quanto da lui stesso desiderato, il privilegio di essere il fornitore ufficiale delle palme pasquali al Pontefice.
Il Capitano consegnava di persona con la propria nave le palme al santo Padre e la tradizione continuò fino agli anni ’70. Dopo una breve pausa venne ripristinata l’usanza, con la differenza che erano le monache camaldolesiad intrecciare le palme mentre oggi il compito è riservato ad una cooperativa che ne confeziona più di 3000 ogni anno.
I parmureli liguri, venivano scambiati anche in molte regioni d’Italia tra i fedeli,in segno di pace.
In Occidente la domenica delle palme era riservata a cerimonie prebattesimali, infatti, il battesimo era amministrato a Pasqua; e all’inizio solenne della Settimana Santa, quindi benedizione e processione delle palme entrarono in uso molto più tardi: dapprima in Gallia (secolo VII-VIII) dove Teodulfo d’Orléans compose l’inno “Gloria, laus et honor” e poi a Roma dalla fine dell’XI secolo.
Generalmente i fedeli portavano a casa i rametti di ulivo e di palma benedetti, per conservarli quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. In alcune regioni, si usa che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
Nel vangelo di Giovanni: 12,12-15, si narra che la popolazione abbia usato solo rami di palma che, a detta di molti commentari, sono simbolo di trionfo, acclamazione e regalità. Sembra che i rami di ulivo siano stati introdotti nella tradizione popolare, a causa della scarsità di piante di palma presenti, specialmente in Italia. Ad ogni modo un’antica antifona gregoriana canta: «Pueri Hebraeorum portantes ramos olivarum obviaverunt Domino» (“Giovani ebrei andarono incontro al Signore portando rami d’ulivo”).
Nelle zone in cui non cresce l’ulivo, come l’Europa settentrionale, i rametti sono sostituiti da fiori e foglie intrecciate.
Ecco gli appuntamenti più importanti dei prossimi giorni:
Si terrà la Messa nella Cena del Signore a partire dalle ore 18:00. Qui già abbiamo pesanti modifiche al programma visto che è annullata la lavanda dei piedi (già facoltativa), così come la Processione successiva e la Messa Crismale.
Oggi si ricorda oggi la solenne Incoronazione dell’Immagine della Madonna “Aiuto dei Cristiani.L’incoronazione avvenne come scioglimento del voto fatto dalla popolazione durante la guerra, ed in ringraziamento della protezione di Maria sulle persone di tutta la zona.
Il Santuario dei Quercioli si trova ad un centinaio di metri dalla stazione di Massa centro, ed è intitolato a «Maria aiuto dei cristiani». Vi si venera un antico affresco che rappresenta la Vergine Madre con il Bambino e Sant’Antonio da Padova in preghiera. La pittura risale alla metà del XVIII secolo. Domenico Nocchi la fece dipingere sul muro della sua casanel 1754.
Alla sua morte la casa venne vendutae in seguito fu del tutto abbandonata, così la sacra immagine rimase coperta di rovi. Il 19 settembre 1831, tre donne si recarono per una passeggiata in quella località, e rimasero colpite alla vista di quella bella immagine tutta sorridente e, ai primi giorni del marzo dell’anno seguente, una delle tre donne condusse nella stessa località una nipote gravemente inferma che, dopo aver pregato, fu improvvisamente guarita.
Il vero culto iniziò il lunedì di Pasqua del 1832, quando la fama del miracolo si diffuse. Si pensò subito ad erigere una chiesa che venne terminata l’anno successivo. Il 25 maggio 1835 si verificò un miracolo: Giuseppe Bertozzi, soldato dell’esercito ducale, cieco, riacquistò la vista dopo aver pregato la Madonna dei Quercioli.
Nel 1932, mentre era rettore del Santuario il padre cappuccino Dionisio Cantarelli, il tempio venne ampliato.
Nel 1909, il Santuario passò sotto la direzione dei Frati Cappuccini della Provincia religiosa di Lucca, i quali prestano ancora il loro servizio religioso.
Nel 1946 il Santuario fu elevato a parrocchia e l’immagine fu solennemente incoronata il 6 giugno 1948.
Nel 1973 è stata avviata un’opera di ampi restauri.
La prima chiesa era a croce greca, con maestosa cupola, su progetto dell’architetto Giuseppe Marchelli di Modena, e un secolo dopo, la Chiesa fu trasformata a croce latina.
Il miracolo del soldato, dipinto nell’arcata principale, fu eseguito nel 1932 dal pittore Oreste Bontemps di Massa. Si tratta di un rifacimento di un piccolo quadro ad olio eseguito su tavola, e lasciato dai commilitoni al Santuario dei Quercioli in ricordo del miracolo. Nel Santuario si trova un quadro a tempera, di autore ignoto, raffigurante la Madonna con gli emblemi della Concezione, Santa Maria Maddalena, Santa Caterina Vergine e martire, e alcuni angeli. Tale quadro venne portato dal convento dei frati cappuccini di Massa e si fa risalire tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII.
L’armonico edificio conserva alcuni pregevoli arredi sacri e una predella in legno, del Cinquecento, raffigurante l’Eterno Padre con angeli, attribuita alla scuola del Ghirlandaio.
Ecco gli appuntamenti più importanti dei prossimi giorni con la spiegazione dei riti e delle celebrazioni anche in San Pietro.
Domenica 14 aprile 2019
– Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Nella processione con i rami d’ulivo ricordiamo il solenne ingresso di Gesù in Gerusalemme accolto dalla folla con il grido: Osanna!
Piazza San Pietro alle ore 10.00 – CAPPELLA PAPALE- Benedizione delle Palme, Processione e Santa Messa.
Mercoledì 17 aprile 2019
Udienza generale ore 10.00
In questo giorno il Vescovo, circondato dai sacerdoti, ricorda l’Istituzione del sacerdozio da parte di Gesù durante l’Ultima Cena. Nella Messa odierna si consacrano gli Olii Santi che serviranno per i Sacramenti: Olio dei catecumeni, Olio dei malati e Sacro Crisma.
Oggi si celebra l’Ultima Cena (che è stata anche la prima Messa) di Gesù. È la Messa in cui siamo invitati a fare la Comunione Pasquale. Dopo la Messa si ripone l’Eucarestia in un luogo a parte, ornato con fiori e luci, detto ‘Altare della Reposizione’. Quì, Gesù
Eucarestia attende la nostra adorazione.
Basilica Vaticana, ore 9.30 – Santa Messa del Crisma – Santa Messa nella Cena del Signore – ore 16.00
Il Papa celebrerà la Messa in Cœna Domini nel pomeriggio del Giovedì Santo si recherà nella Casa Circondariale di Velletri (Roma) ore 16:30 anche quest’anno laverà i piedi ad alcuni detenuti e detenute.
È il giorno della Passione del Signore. La funzione delle 3 del pomeriggio, ora della morte di Gesù, si svolge in tre momenti: 1. La lettura della Passione con la grande preghiera universale. 2. L’adorazione della Croce. 3. La Comunione Eucaristica. Alla sera si rivive la morte del Signore con la VIA CRUCIS.
Basilica Vaticana, ore 17.00 – CAPPELLA PAPALE –Celebrazione della Passione del Signore – Colosseo, ore 21.15 – Via Crucisin Colosseo a Roma. I testi delle meditazioni sulle stazioni della Via Crucis saranno preparati quest’anno – per incarico di Papa Francesco – dalla prof.ssa Anne-Marie Pellettier, vincitrice del Premio Ratzinger 2014. Nata a Parigi 71 anni fa, la Pelletier è un’insigne studiosa di ermeneutica e di esegesi biblica. Tra i suoi studi, la donna nel cristianesimo e nella Chiesa, il rapporto tra Giudaismo e Cristianesimo e il mondo monastico. Nel 2001, ha inoltre partecipato come uditrice al Sinodo dei vescovi..
Sabato 20 aprile 2019
In questo giorno nelle chiese c’è grande lutto: Gesù è nel sepolcro. Gli altari sono spogli, senza fiori né candele. C’è solo la Croce. La Veglia Pasquale è la celebrazione della Risurrezione del Signore:
1. Benedizione del fuoco e del cero pasquale e canto dell’Exultet. 2. Liturgia della Parola di Dio. 3. Liturgia battesimale e rinnovazione delle promesse battesimali.
4. Liturgia eucaristica.
– Basilica Vaticana, ore 20.30 – Veglia Pasquale nella Notte Santa
Domenica 21 aprile 2019
– Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore –
Piazza San Pietro, ore 10.00 – CAPPELLA PAPALE – Santa Messa del giorno – Loggia centrale della Basilica Vaticana, ore 12.00 – Benedizione «Urbi et Orbi»
BUONA PASQUA A TUTTI!
“Voglio chiedervi un favore: camminiamo tutti uniti, prendiamoci cura gli uni degli altri, rendetevi cura tra di voi, non facciamoci del male, curiamo la vita, curiamo la famiglia, curiamo la natura, curiamo i bambini, curiamo gli anziani”
(Papa Francesco)
La domenica prima della Pasqua da inizio alla Settimana Santa. Ricorrenza famosa quanto ricca di curiosità, come i “parmureli”. Vediamo insieme come verrà celebrata quest’anno da Papa Francesco.
E’ detta anche domenica De Passione Domini (della Passione del Signore). O seconda Domenica di Passione. Questa festività è osservata non solo dai Cattolici, ma anche dagli Ortodossi e dai Protestanti. In questo giorno la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (cfr. Gv 12,12-15).
Per questo motivo si cominciano le funzioni con una processione che parte all’esterno della chiesa, ricordando proprio la folla, radunata dalle voci dell’arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.
Alcune donne intrecciano i rami di palma per creare i “parmureli”
A Roma, per l’occasione Papa Francesco, non solo benedirà gli uliviche provengono da Terlizzi (Puglia), ma anche le palme bianche, che arrivano dalle città di Sanremo e Bordighera (Liguria). Le stesse palme vengono intrecciate e regalate per l’occasione al Santo Padre, ai cardinali e vescovi, oltre che ai fedeli presenti sul sagrato di San Pietro, fino a formare quelli che vengono chiamati i “Parmureli”. Si tratta di tre palme che simboleggiano la SS Trinità e vogliono essere un ringraziamento per il privilegio ottenuto il 10 settembre 1586 dal Capitano Benedetto Bresca.
Il Bresca si trovava a Roma al momento in cui veniva innalzato l’obelisco egizio, alto 26 metri e pesante 350 tonnellate. Papa Sisto V aveva dato ordine di non parlare, minacciando pene severe, per evitare problemi durante la delicata operazione, ma il coraggioso capitano, che conosceva bene le problematiche delle corde sotto sforzo, urlò il suo suggerimento: bagnare le corde. Questo salvò l’esito dell’operazione e per riconoscenza, ottenne, secondo quanto da lui stesso desiderato, il privilegio di essere il fornitore ufficiale delle palme pasquali al Pontefice.
Il Capitano consegnava di persona con la propria nave le palme al santo Padre e la tradizione continuò fino agli anni ’70. Dopo una breve pausa venne ripristinata l’usanza, con la differenza che erano le monache camaldolesiad intrecciare le palme mentre oggi il compito è riservato ad una cooperativa che ne confeziona più di 3000 ogni anno.
I parmureli liguri, vengono scambiati anche in molte regioni d’Italia tra i fedeli,in segno di pace.
In Occidente la domenica delle palme era riservata a cerimonie prebattesimali, infatti, il battesimo era amministrato a Pasqua; e all’inizio solenne della Settimana Santa, quindi benedizione e processione delle palme entrarono in uso molto più tardi: dapprima in Gallia (secolo VII-VIII) dove Teodulfo d’Orléans compose l’inno “Gloria, laus et honor” e poi a Roma dalla fine dell’XI secolo.
Generalmente i fedeli portano a casa i rametti di ulivo e di palma benedetti, per conservarli quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. In alcune regioni, si usa che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
Nel vangelo di Giovanni: 12,12-15, si narra che la popolazione abbia usato solo rami di palma che, a detta di molti commentari, sono simbolo di trionfo, acclamazione e regalità. Sembra che i rami di ulivo siano stati introdotti nella tradizione popolare, a causa della scarsità di piante di palma presenti, specialmente in Italia. Ad ogni modo un’antica antifona gregoriana canta: «Pueri Hebraeorum portantes ramos olivarum obviaverunt Domino» (“Giovani ebrei andarono incontro al Signore portando rami d’ulivo”).
Nelle zone in cui non cresce l’ulivo, come l’Europa settentrionale, i rametti sono sostituiti da fiori e foglie intrecciate.
Ecco gli appuntamenti più importanti dei prossimi giorni:
Domenica 14 aprile 2019 – Domenica delle Palme e della Passione del Signore – Piazza San Pietro, ore 10.00 – CAPPELLA PAPALE- Benedizione delle Palme, Processione e Santa Messa.
Giovedì 18 aprile 2019 – Giovedì Santo – Basilica Vaticana, ore 9.30 – Santa Messa del Crisma – *
Venerdì 19 aprile 2019 – Venerdì Santo – Basilica Vaticana, ore 17.00 – CAPPELLA PAPALE –Celebrazione della Passione del Signore – Colosseo, ore 21.15 – Via Crucis in Colosseo a Roma
Sabato 20 aprile 2019 – – Basilica Vaticana, ore 20.30 – Veglia Pasquale nella Notte Santa
Domenica 21 aprile 2019 – Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore – Piazza San Pietro, ore 10.00 – CAPPELLA PAPALE – Santa Messa del giorno – Loggia centrale della Basilica Vaticana, ore 12.00 – Benedizione «Urbi et Orbi»
Domenica 28 aprile 2018 –II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia) – Piazza San Pietro, ore 10.30 CAPPELLA PAPALE Santa Messa in occasione dell’incontro dei Missionari della Misericordia con Papa Francesco
*Il Papa celebrerà la Messa in Cœna Domini nel pomeriggio del Giovedì Santo ma – come negli anni scorsi – sceglierà una situazione particolare dal punto di vista pastorale, che verrà comunicata a tempo opportuno.
(Parma) 03 luglio traslazione della Statua miracolosa
Qui la devozione ha inizio nel momento in cui da ricovero per pellegrini e viandanti, il convento agostiniano si trasforma in santuario mariano.Iniziano così a fioccare le grazie per i tanti devoti che accorrono fiduciosi alla Madre Celeste.
Il Santuario della Madonna delle Grazie a Berceto in provincia di Parma, uno dei più importanti crocevia dell’Appennino Parmense, un tempo, complesso conventuale degli Agostiniani, nel 1839 subì lavori di ampliamento e divenne Seminario Minore. Il Seminario, facilmente raggiungibile grazie alla vicinanza dell’Autostrada (A 15) uscendo al casello “Berceto”, è situato a pochi passi dal bellissimo centro storico montano, sul cammino della Via Francigena, nei pressi dei sentieri degli antichi pellegrini, nelle montagne dell’Appennino parmense, vicino al Passo della Cisa.
La devozione alla «Madonna delle Grazie» affonda le proprie radici da quando il convento dei padri agostiniani preesistente, fuori le mura di Berceto, da ricovero per i pellegrini ed i viandanti, si trasformò in un santuario mariano. Da allora, i bercetesi d’oggi e di ieri, si sono rivolti tutti alla Vergine Maria con suppliche e preghiere, vedendo, in molti casi, esaudite le loro richieste con grande elargizione e magnanimità; ne è la riprova i molti ex-voto affissi all’interno del Santuario e le lapidi più o meno grandi erette lungo la via per il Seminario.
A Berceto in provincia di Parma, ogni anno la prima domenica dopo il 2 di Luglio viene celebrata la “Festa del Voto”, mentre il 3 luglio ricorre la traslazione della della Madonna delle Grazie, nel Santuario Vescovile di Berceto (Parma), presso la sede estiva del Seminario di Parma.
La celebrazione, sia civile che religiosa molto antica, è in pratica lo “scioglimento del Voto” fatto nel 1630 alla “Beata Vergine Maria delle Grazie” (Nostra Signora di Berceto – Madonna delle Grazie), per scongiurare il contagio della peste.
L’obbligo dell’osservanza del Voto alla Beata Vergine Maria delle Grazie, ha origine secolare, nato nel 1630 quando gli abitanti di Berceto, per scongiurare il contagio della peste che aveva colpito la zona “per placare l’ira di Dio e per ottenere il perdono de’ peccati e la liberazione dalli presenti mali di peste e contagio”, fecero Voto alla Madonna della Grazie (venerata nella chiesa dei Padri Agostiniani, oggi Santuario), con solenne cerimonia pubblica in tutto il paese e Rogito d’Impegno a far festa alla Madonna il 2 di luglio di ogni anno a venir (oggi portata alla domenica successiva per necessità pubbliche).
Curiosità
Una leggenda racconta che l’immagine della Madonna delle Grazie fu scoperta da diversi pastori e contadini, nella notte dei tempi, al Passo della Cisa, proprio a cavallo del confine con la Lunigiana, in un boschetto di faggi. Nasceva unadisputa, per la bella statua, tenuto conto che le persone di Pontremoli la ritenevano loro e quelle di Berceto altrettanto.
Prima che gli animi si scaldassero e arrivassero a sanguinosi scontri una persona saggia fece una propostache accontentò le due fazioni: aggiogare insieme due giovani buoi. Uno di Pontremoli e uno di Berceto e lasciare che andassero senza guida. Dove si fossero fermati sarebbe diventato il luogo prescelto dalla Madonna.
Fu posto in atto questo lodo e i buoi, mai stati aggiogati insieme, con sicurezza si diressero verso Berceto. Ad oltre un km dal Duomo si “inchiodarono” in un luogo impervio e pieno di rovi e nulla valsero le azioni degli uomini per farli smuovere.
La Madonna aveva scelto. Nel luogo venne costruito un Santuario e successivamente un Convento Agostiniano. Il culto per la Madonna delle Grazie si diffuse rapidamente in tutte le vallate e anche la gente di Lunigiana continuava a ritenerla anche la sua Madonna. Si decise di festeggiare l’evento ogni anno scegliendo la prima domenica dopo l’8 di settembre.
Il Santuario della Madonna delle Grazie si affaccia sull’antico tracciato di Strada Romea ed è l’unico Santuario con titolo vescovile della Diocesi di Parma.
…nel parcodel Santuario ecco una piacevole sorpresa, caprioli al pascolo.
Dall’esterno possiamo osservare la facciata di questo santuario in stile neoromanico-impero ed il campanile, costruito più alto del precedente; questi due elementi fanno parte invece dei restauri apportati nel 1862.
All’interno di impianto seicentesco possiamo trovare il suggestivo abside poligonale. Rari esemplari troviamo i due lampadari di stile genovese (primi ‘800), che un tempo erano invece molto comuni in zona. Opera di Giovanni Baratta da Carrara sono nella parete dell’abside la splendida ancona ed i gradini dell’altare maggiore in marmo. Il nome di Giovanni Baratta compariva già un una lapide dedicatoria con la qualifica di “Architecto”.
Di notevole interesse anche il rilievo fittile della Madonna col Bimbo. Il santuario conserva inoltre pregevoli oggetti in argento tra cui un calice con stemma e sigle, un turibolo e una navicella.
Festa della Incoronazione della Madonna dell’Olmo. Questo importante Santuario delle genti salernitane affonda le sue origini nell’alto Medioevo. Oggi il Santuario è custodito dai Padri Filippini.
L’origine del culto alla Vergine risale all’XI secolo, quando fu ritrovato da alcuni pastori, un quadro impigliato tra i rami di un frondoso olmo (da cui il titolo Madonna dell’Olmo). Trasportato nella chiesa di S. Cesareo, o di Vetranto secondo alcuni, il quadro miracolosamente sarebbe ritornato sul luogo del ritrovamento. Questo secondo la tradizione, ma storicamente è accertata la presenza di un’edicola della Madonna da tempi più antichi. La prima data storica del Santuario risale al 1482 quando passò S. Francesco di Paola che pose la prima pietra del Santuario. Fu officiato fino al XIX secolo dai Padri minimi, successivamente dai Padri dell’Oratorio di San Filippo Neri.
Nel racconto che fa lo storico cavese Agnello Polverino nel suo libro “Memorie istoriche della Invenzione e Miracoli di Santa Maria dell’Olmo”, si legge così:
“In una oscura notte, mentre alcuni pastori del casale di Mitigliano ed altri di S. Adiutore custodivano in campagna il loro gregge, videro da ambedue quelli eminenti luoghi nella bassa valle un insolito splendore come di molte luminose facelle. A quella vista sorpresi e meravigliati, non sapevano a che attribuire ciò che osservavano; e nel giorno seguente, comunicatasi la goduta visione, stimarono giudizio di ognuno essere quel fenomeno cosa miracolosa ed attesero impazienti la futura notte per osservarlo di nuovo, come esattamente avvenne per quella e per molte altre volte nel modo stesso. Stimarono intanto di tutto l’accaduto fare esatta e minuta relazione al Reverendissimo Abate del Venerabile Monastero della SS. Trinità. L’Abate Pietro incaricò varie persone onde colla guida di pastori fossero testimoni di quanto quelli asserivano. Si accinsero all’opera, ed ecco agli occhi di costoro anche apparire all’ora solita quei lumi stessi che solevano vedersi dai pastori. Ritornati al santo Abate, confermarono l’accaduto e questi risolvette di recarsi a scoprire il tutto con solennità. Infatti, giunto il tempo della sospirata comparsa, si condusse personalmente con tutti i suoi esemplari religiosi in solenne processione nel mentovato luogo; nel quale, restando permanente la luce e non più fuggitiva, videro la Santa Immagine di Maria nel mezzo dei rami di un olmo circondata d’ogni intorno di lucentissime facelle.
Dal 1672 la Madonna dell’Olmo è dichiarata Patrona della Città e precisamente dalle Delibere comunali si apprende che il 21 maggio 1672, su proposta del Sindaco Fulvio Atenolfi, il Governo della Città stabilì di prendere “per particolare Protettrice la Gloriosa Vergine Madre di Dio sotto il titolo di Santa Maria dell’Olmo”; dal 1931 il Santuario è dichiarato Basilica Minore.
È questa miracolosa immagine, di colore bruno, di volto grave, con un neo sul viso, nella parte destra e propriamente sotto la gola, col manto azzurro, con una stella dorata a man destra, coi suoi finimenti anche dorati, col suo Bambino Gesù in atto di stringerselo al seno unita guancia a guancia. Tutti genuflessi venerarono in quella nuova figura la gran Signora del Paradiso col cuor divoto ed animo riconoscente”.
L’immagine della nostra patrona è caratteristica: un mezzo busto della Vergine, di color bruno, di volto grave, con un neo sul volto dalla parte destra, col manto azzurro sul quale spicca una stella all’altezza dell’omero destro, e col Bambino Gesù in atto a stringerlo al seno, unito guancia a guancia. La figura è incastonata nel fronzuto intreccio dei rami di un olmo, che deve aver dato origine alla leggenda che troviamo agli albori della sua storia.
La storia del santuario inizia con un “miracolo”. Il proprietario di un vigneto fece dipingere una madonna su di un muro che delimitava la sua proprietà. L’immagine della Madonna in trono però, cambiò i suoi lineamenti e il colore del volto e guarigioni inspiegabili.
Corgnate di Bobbio è il nome dell’amena campagna che, appena fuori di Porta Nova, si estende fino al torrente Dorbida, degradando leggermente verso il fiume Trebbia. Proprio qui, nella seconda metà del 1400, sorge il Santuario della Madonna dell’Aiuto. In questa zona un certo Adriano Repetino di Belosso, abitante in Bobbio, possiede un vigneto. La proprietà confina, da un lato, con la strada pubblica, per cui con evidente scopo di difendere il vigneto dalle incursioni dei passanti, l’Adriano costruisce un muro di protezione, al fondo del quale, in direzione di Piacenza, adatta una finestra cieca e dentro vi fa dipingere un’Immagine sacra. Vi è raffigurata la Madonna seduta su uno sgabello, con sulle ginocchia il Bambino Gesù che con la destra benedice, mentre nella sinistra stringe un mazzolino di fiori campestri. È l’Immagine che ancora oggi costituisce il centro spirituale del Santuario.
L’autore è ignoto, ma facilmente è uno del posto; egli rivela buon gusto nella scelta dei colori che gradevolmente si fondono in bella armonia. Il volto della Madonna è soffuso di una mirabile serenità, mentre quello del Bambino, riuscito meno bene, sembra avere un’aria un po’ corrucciata. L’insieme della composizione pittorica però è sufficientemente espressivo; l’atteggiamento seduto, molto usato a quei tempi, ispira riposo e tranquillità.
All’inizio dell’estate del 1472 questo dipinto di Corgnate fa parlare di sé, attirando l’attenzione dell’intera cittadina di Bobbio e dei paesi vicini. Che cosa sia successo lo possiamo sapere solo in parte, da tre Atti notarili rogati dal notaio Giovanni da Villori, giunti a noi in una trascrizione cartacea, nei quali si «parla di mutazioni di colore dell’immagine, seguite da un notevole movimento devozionale e da molte guarigioni di malati».
Mancando il Vescovo, morto nella primavera di quell’anno, il Vicario capitolare Pietro Balbi promuove subito un’inchiesta, dall’esito positivo, sui fatti di Corgnate e chiede ad Adriano Repetino un pezzo del vigneto per costruirvi una chiesa. La donazione è fatta verbalmente e subito si inizia la costruzione della chiesa; il 18 di Agosto vengono redatti i tre Atti notarili, per la regolarizzazione giuridica della donazione, e viene assegnato alla nuova chiesa il nome: «dell’Annunciazione di Maria».
All’inizio del 1600 la Madonna di Corgnate ritorna alla ribalta con fatti che suscitano entusiasmo in tutta l’area attorno a Bobbio. Testimone privilegiato e responsabile di quanto si è verificato in Corgnate è il Vescovo di Bobbio, Marcantonio Bellini, che così narra nel suo diario: «5 giugno: venne riferito al vescovo che vi era un grande accorrere di persone, perché, secondo le voci raccolte, oggi alle ore 15 il volto della sacra Immagine si era coperto di sudore ed alcuni avevano ricevuto guarigioni prodigiose.»
Dopo il canto del vespro e del mattutino nella cattedrale, il vescovo insieme al clero e ad una moltitudine di persone si portò alla predetta sacra Immagine, la quale si trova fuori della città vicino alla chiesa di S. Maria di Corgnate, in un piccolo tempio prima protetto da un cancello di ferro; per la singolare devozione del popolo e per le molte grazie quivi ottenute, questa Immagine era divenuta celebre e frequentata. Appena giunto, vi trovò una moltitudine di persone e constatò che molti facevano elemosine ed offerte. Il vescovo con diligenza interrogò i presenti dell’accaduto e, a parte, interrogò pure il presbitero Giuseppe Bertolasio, cappellano della chiesa. Al fine di provvedere temporaneamente, in attesa di una matura decisione, egli decretò e ordinò di assumere opportune informazioni e nominò i sotto descritti deputati per la conservazione e la cura delle elemosine; stabilì pure che da ora in poi si sarebbe chiamata Beata Vergine dell’Aiuto».
I miracoli si moltiplicano, la devozione dei fedeli cresce; la piccola chiesa iniziale si trasforma e diventa lo splendido Santuario attuale, consacrato solennemente il 13 luglio del 1738. La Madonna dell’Aiuto, incoronata nel 1947 con grande riconoscenza per la protezione concessa alla Città durante la guerra, è proclamata Patrona principale di Bobbio, dietro deliberazione unanime del Consiglio Comunale. Nel 1970 il Papa Paolo VI eleva il Santuario della Madonna dell’Aiuto a Basilica. Il riconoscimento pontificio pone così il Santuario tra i monumenti più significativi della devozione mariana in Italia.
Gua Maria, ovvero “Grotta di Maria”. Chi l’avrebbe detto che nel bel mezzo dell’Indonesia si poteva trovare una riproduzione della grotta di Lourdes e una chiesa dedicata San Francesco d’Assisi?
La “Grotta di Maria” qui chiamata Gua Maria, si trova nella parte inferiore della chiesa di San Francesco d’Assisi a Cibadak, esattamente dietro la scuola Mardi Yuana.
L’edificio è magnifico e domina la valle. La chiesa può ospitare circa 300 persone. Sulla sinistra hanno adibito un edificio con servizi igienici per l’arrivo delle grandi comitive di pellegrini. La grotta si raggiunge attraverso una scalinata e al centro del campo domina la statua di S. Francesco d’Assisi (patrono della parrocchia). St. Francesco è conosciuto come un amante degli animali e in grado di comunicare con loro.
Spesso alle 11.00 del mattino viene celebrata una messa speciale per i pellegrini che arrivano dalle varie località, da maggio ad ottobre, periodo ideale per visitare queste zone dell’Indonesia.
Prima della celebrazione vengono consegnati dei fogli sui quali i pellegrini possono scrivere le loro intenzioni di preghiera che poi verranno poste in un contenitore di fronte all’altare. Successivamente finita la celebrazione ci si riunisce davanti all’altare per ricevere la benedizione dell’acqua e degli oggetti religiosi da parte del sacerdote.
Come a Lourdes sul lato sinistro della grotta troviamo una fonte d’acqua di montagna, si dice sia la migliore dell’isola di Java, infatti può essere utilizzata senza bisogno di bollirla. E’ qui che i pellegrini prendono raccolgono l’acqua, la bevono e la portano a casa dopo la benedizione del sacerdote.
Scendendo le scale di cemento, c’è una piccola sala di preghiera con un’altra statua della Vergine Maria, anche in questo luogo troviamo un bagno. Questi servizi non sono un caso, perchè per i balinesi è un segno molto importante, che si unisce alla preghiera, è il simbolo della pulizia interiore che si trasferisce all’esterno. Quindi un segno di purificazione che diventa un passaggio indispensabile e necessario. Una doccia che i balinesi fanno vestiti, grazie anche ad una sorgente di acqua calda, proprio a significare un secondo battesimo, un lavaggio dello spirito.
La grotta è stata inaugurata da mons. Michael C. Angkur, OFM, Vescovo Bogor il 30 maggio 2004, la grotta di Maria Kahuripan (in lingua Sudanese significa la vita) dovrà essere migliorata e sviluppata, soprattutto in considerazione del fatto che è l’unica grotta di Maria con sorgenti di acqua calda, perché ci permette di sostenere lo sviluppo di questo santuario mariano con la sua parrocchia.
Il Concilio Vaticano II, dichiarò la beata Vergine Maria «Madre della Chiesa” Papa Francesco,ha stabilito nel 2018 che la memoria della beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, sia celebrata dal Calendario Romano nel Lunedì dopo Pentecoste.
Il 21 novembre 1964, a conclusione della terza Sessione del Concilio Vaticano II, dichiaròla beata Vergine Maria «Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo cristiano, tanto dei fedeli quanto dei Pastori, che la chiamano Madre amatissima». La Sede Apostolica pertanto, in occasione dell’Anno Santo della Riconciliazione (1975), propose una messa votiva in onore della beata Maria Madre della Chiesa, successivamente inserita nel Messale Romano; diede anche facoltà di aggiungere l’invocazione di questo titolo nelle Litanie Lauretane (1980). Papa Francesco, considerando attentamente quanto la promozione di questa devozione possa favorire la crescita del senso materno della Chiesa, come anche della genuina pietà mariana, ha stabilito nel 2018 che la memoria della beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, sia celebrata dal Calendario Romano nel Lunedì dopo Pentecoste.
Di seguito, la riflessione di P. Crispino Lanzi
La Madonna è presente, come Madre, nella Chiesa fin dal suo inizio. Infatti gli Atti raccontano che gli Apostoli,subito dopo l’Ascensione di Gesù, partono dal Monte degli olivi, fanno ritorno in Gerusalemme ed entrano nel Cenacolo ove “erano assidui e concordi nella preghiera insieme con alcune donne e conMaria, la madre di Gesù” (Atti 1,12-14). Ellacontinua ad essere sempre accanto a noi.
La Vergine è vera Madre della Chiesa. Non lo è in senso figurato come quando si dice che la patria è la madre dei cittadini, ma lo è in senso reale.Infatti, la maternità dice ordine alla vita; ora, lei ha cooperato a darci la vita della grazia, la vita soprannaturale che avevamo perso a causa del peccato originale; ha cooperato alla nostra rinascita, alla nostra rigenerazione(cf. Giov. 3,3-5), quindi è nostra Madre soprannaturale tenerissima. Essendo Madre di Cristo, è Madre di tutti i cristiani, vale a dire di tutta la Chiesa. Concependo Cristo, ha concepito tutta l’umanità redenta da Gesù.
Esempio. A Caen in Normandia (Francia), il 6 Giugno 1944, nell’alto della notte, la più grande armata, che la storia ricordi, sbarca sulle coste francesi per liberare l’Europa dal nazismo. Un particolare: il famoso paracadutista John Steele, catapultato (insieme ad altre migliaia) nelle retrovie tedesche, si arresta in alto, perché una cordicella del paracadute si è impigliata in una guglia della Chiesa della Santa Madre.
Fu una fortuna perché, se fosse atterrato tra il fuoco infernale delle mitragliatrici tedesche, quasi sicuramente sarebbe stato ucciso come lo furono altri 37.000 soldati.Impegniamoci a rimanere spiritualmente aggrappati alla grande Madre della Chiesa; Lei ci custodirà sempre lontani dal peccato e nella gioia della grazia e nella dolcezza della santità.
Amiamo la Chiesa di cui nulla di più grande esiste nel mondo e che è un meraviglioso dono che Gesù ci ha dato per la nostra salvezza eterna e per la nostra santificazione. Amiamo, invochiamo, imitiamo la Santa Madre della Chiesa, la Vergine, la quale “brilla innanzi al pellegrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione” (Lumem gentium, 69).
Madre della Chiesa, e Madre nostra Maria, raccogliamo nelle nostre mani quanto un popolo è capace di offrirti; l’innocenza dei bambini, la generosità e l’entusiasmo dei giovani, la sofferenza dei malati, gli affetti più veri coltivati nelle famiglie, la fatica dei lavoratori, le angustie dei disoccupati, la solitudine degli anziani, l’angoscia di chi ricerca il senso vero dell’esistenza, il pentimento sincero di chi si è smarrito nel peccato, i propositi e le speranze di chi scopre l’amore del Padre, la fedeltà e la dedizione di chi spende le proprie energie nell’apostolato e nelle opere di misericordia.
E Tu, o Vergine Santa, fa’ di noi altrettanti coraggiosi testimoni di Cristo. Vogliamo che la nostra carità sia autentica, così da ricondurre alla fede gli increduli, conquistare i dubbiosi, raggiungere tutti. Concedi, o Maria, alla comunità civile di progredire nella solidarietà, di operare con vivo senso della giustizia, di crescere sempre nella fraternità. Aiuta tutti noi ad elevare gli orizzonti della speranza fino alle realtà eterne del Cielo.
Vergine Santissima, noi ci affidiamo a Te e Ti invochiamo, perché ottenga alla Chiesa di testimoniare in ogni sua scelta il Vangelo, per far risplendere davanti al mondo il volto del tuo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo. Amen
Un secolo dopo la prima Apparizione, il 10 aprile 1637, la Madonna appare una seconda volta ad un giovane, di lì a poco la costruzione del Santuario e Don Bosco fu invitato a fondarvi una scuola.
L’avvenimento che porta alla notorietà il piccolo borgo di Mellea, situato sulla statale che collega Carrù a Farigliano, in provincia di Cuneo, accade il 20 maggio 1537. Mellea è un nome comune che si incontra in altre località vicine e che richiama istintivamente il miele; forse vuole significare un luogo ricco di piante dall’intenso profumo e ricche di nettare per le api, come le acacie, i tigli, i ciliegi. Mellea è adagiata proprio in mezzo al verde di queste piante, su una delle terrazze formate in questo luogo dal fiume Tanaro.
Un certo Antonio da Momigliano, provincia di Chambéry, residente in Farigliano, molto malato e tanto storpio da essere costretto a camminare carponi, aiutandosi con le mani, il 20 maggio 1537decide di recarsi, accompagnato da un amico, a Carrù in cerca di qualche rimedio al suo lungo e disperato male. È la domenica di Pentecoste. Oltrepassato il Tanaro, con grande fatica riesce ad arrancare su per le balze boscose della scarpata alla cima della quale si trova la città di Carrù.
Giunto alla seconda terrazza, quella che oggi è denominata Pianmezzano, esausto per la fatica, si ferma nel folto della boscaglia per riposare, prima di affrontare l’ultima salita. Improvvisamente in un’abbagliante luce gli appare una Signora vestita di bianco, seduta su di un sasso. Antonio, attonito ed abbagliato, non sa rendersi conto di quanto gli stia accadendo, ma spinto da un’ispirazione del cuore, fissa il suo sguardo sulla bianca Signora che lo guarda con dolcezza e gli chiede dove stia andando e per quale motivo. Pieno di fede e di fiducia, Antonio dice che va in cerca di chi possa dargli un po’ di sollievo nella sua malattia.
La Signora allora si manifesta e gli dice: “Levati in piedi, perché qui vi è una Vergine che fa miracoli”. A quelle parole, Antonio si rizza in piedi sulle gambe che da tanto tempo non lo reggevano, e si sente guarito. È facile immaginare il suo stato d’animo: piange di gioia e non si stanca di baciare il sasso sul quale ha visto seduta la Madonna. Manda il compagno a recare la notizia dell’accaduto a Farigliano, ma lui non si muove da quel luogo e continua a ringraziare per la guarigione ottenuta.
Da Farigliano e dai paesi vicini la gente accorre, recando malati di ogni genere, pieni di speranza nella guarigione. Tra questi si conserva il ricordo di un certo Marco Cornero di Fossano, amico di Antonio ed anche lui rattrappito nelle membra, che a stento riesce a muoversi con le stampelle. Giunto vicino all’amico lo supplica di fargli vedere la Madonna e di chiedere per lui la guarigione. Antonio gli indica il masso sul quale è apparsa la Signora, e ad un certo momento grida: “Eccola!” Marco non la vede, ma si sente guarito da tutti i suoi mali. Pieno di gioia e di riconoscenza appende le stampelle, ormai inutili, ai rami di un albero vicino a quel masso.
I fatti straordinari in quel luogo si susseguono e l’afflusso dei fedeli cresce continuamente, tanto che le autorità di Farigliano decidono di ricorrere al Vescovo di Alba, dal quale dipendono, perché riconosca la verità dei fatti, e conceda l’autorizzazione a costruire una cappella sul posto. Il Vescovo, Mons. Marco Girolamo Vida, già al corrente dell’evento istituisce un regolare processo ed invia un suo delegato a prendere le necessarie informazioni sui singoli fatti, affinché non si nasconda qualche inganno. A conclusione dell’indagine, il Vescovo dichiara veri ed autentici i fatti accaduti e concede l’autorizzazione alla costruzione di una cappella dedicata alla beata Vergine.
Intanto, quasi a dimostrazione del gradimento da parte della Madonna, i prodigi continuano. Mentre si costruisce la cappella, la figlia di un certo Gallo Brignone di Clavesana, che può muoversi unicamente con l’aiuto delle stampelle, è improvvisamente guarita; un soldato, agli ordini del capitano Fantone, è guarito dalla paralisi ad un braccio, ed un giovane sordo e muto riacquista la parola e l’udito. In pochi mesi la cappella è costruita ed è affidata alla Società dei Fratelli Disciplinati di Farigliano.
Un secolo dopo, il 10 aprile 1637,la Madonna appare una seconda volta ad un giovane Giovanni Ferrero di Biagio, di Farigliano. Il fatto è documentato, con atto autentico, dal notaio ducale di Farigliano, Bernardo Mancardi. Viene costruito l’attuale Santuario con l’annesso Convento che ben presto acquistano notorietà per i numerosi prodigi avvenuti. Per la custodia ed il servizio religioso sono chiamati i monaci Cistercensi dell’Abbazia di Vicoforte di Mondovì, e dal 15 febbraio 1647 i Frati Minori Francescani, che vi rimangono fino al presente, tranne il periodo della soppressione napoleonica ed il periodo dell’incameramento dei beni ecclesiastici del 1850. In questo secondo periodo l’Amministrazione Comunale di Farigliano invita Don Bosco a fondarvi una scuola e nel frattempo ad assicurare il servizio religioso nel Santuario. Difficoltà di vario genere impediscono che ciò avvenga, ma sappiamo che il Santo ha visitato di persona il Santuario, usufruendo di uno dei primi treni che percorrono la linea ferroviaria Torino-Ceva (1874).
Molto interessante, per la storia del Santuario, è il Libro dei Miracoli, manoscritto conservato nell’Archivio del Convento, che contiene “le memorie autentiche riguardanti le apparizioni miracolose”, le deposizioni cioè fatte con giuramento davanti al pubblico Notaio. Il P. Emanuele Battaglioni lo riporta nel recente suo libro2 trascritto integralmente, con grande pazienza, dal P. Maurilio Sacchi.
Il simulacro raffigurante Nostra Signora della Fortuna, molto venerata a Genova, in realtà altro non era che la polena di una nave irlandese d’alto borgo.
In alcuni casi le polene avevano lo scopo di indicare il nome della nave che la ospitava a persone che non sapevano leggere. Per il marinaio è l’anima stessa della nave a cui venivano attribuiti poteri soprannaturali e un profondo significato mistico. I marinai, infatti, erano convinti che la polena, protesa in avanti a proteggere la nave, li avrebbe difesi dalle tempeste, dalle sciagure naturali, dalle temibili correnti marine ed essi stessi se ne prendevano cura perché pensavano che, se questa scultura fosse stata danneggiata per un qualsiasi motivo, avrebbe portato sfortuna a tutto l’equipaggio. Quando ci si rese conto che queste figure rischiavano di mettere a repentaglio la stabilità della nave, le polene divennero prima meno elaborate e poi scomparvero quasi del tutto.
La nostra storia inizia il 17 Gennaio 1636 quando tra i rigori inclementi dell’inverno nel mare di Genova infuria una tempesta, che terminerà solo il giorno successivo davanti agli sguardi attoniti dei genovesi che contemplano gli esiti del naufragio. E là, nelle acque della Darsena, vanno alla deriva i legni spezzati e i resti di navi che un tempo sfidavano il mare. Tra tanta distruzione, sull’acqua galleggia una statua, è l’immagine di Maria, che tiene in braccio il suo Bambino. Egli tra le dita sorregge il mondo, Lei con l’altra mano stringe un rosario.
Questa storia è narrata da Don Lorenzo Zignago e si può ritrovare anche in alcuni documenti coevi. Stranamente la statua era l’unica cosa che risultò essere rimasta intatta infatti sotto gli occhi stupiti dei presenti era stata sbalzata dalla violenza delle onde fino alla darsena superando miracolosamente indenne un galeone che ne ostruiva la bocca. Si trattava della polena di una nave irlandese ancorata in porto. Era necessario portare la statua della Madonna a terra il prima possibile. A farlo fu un uomo di Levanto, un venditore di vino, a tutti noto come il Figlio del Merlo, sarà lui a condurre a riva la Statua di Nostra Signora della Fortuna.
Messa all’asta, fu acquistata da due marinai che in seguito la depositarono nei locali di un magazzino che apparteneva alla famiglia Lomellini, e lì fu dimenticata per moltissimi anni.
Un giorno, una bimba di circa sette anni che abitava in un piano alto di quell’edificio, cadde disgraziatamente da una finestra precipitando nel vuoto ma, miracolosamente restò illesa. La bimba raccontò che una bella signora vestita d’azzurro, era uscita dal magazzino e l’aveva stretta tra le braccia impedendole di schiantarsi al suolo e amorevolmente l’aveva poggiata a terra.
Nessuno si ricordava più della polena che era ormai ricoperta di polvere e ragnatele, tanto che la sua antica forma era ormai irriconoscibile. La gente accorsa s’inginocchiò commossa davanti a quel monco simulacro recuperato dal magazzino e ringraziò colei che da quel momento in poi fu considerata una Madonna miracolosa.
Spolverata, rivestita e completata della parte mancante, la statua/polena fu portata dapprima nella Chiesa medievale di San Vittore e in seguito sull’altare Maggiore della Chiesa di San Carlo in Via Balbi, dove si dice si sia mossa da sola per posarsi sul piedistallo che era stato per lei preparato. Nel luogo a Lei dedicato troverete dipinti che narrano le circostanze che la condussero tra di noi.
Il titolo di Madonna della Fortuna lo si fa risalire alla buona sorte, oppure al fatto che sia uscita indenne dalla violenza distruttiva di un fortunale (vento da 103 a 117 km/orari, mare forza dieci con onde altissime). Essa dispensa ancora i suoi favori e le sue grazie e ancora si narra di un’altra giovinetta caduta da una finestra e salvata da Lei, le cronache parlano anche di uno storpioche grazie a Lei ritrovò la salute.
Il 22 Novembre 1982 Myrna pregava con altri membri della sua famiglia mentre era in visita dalla sua cognata malata quando improvvisamente tutto il suo corpo rabbrividì come se una forza fosse uscita da lei (seconda la sua espressione). L’olio cominciò a colare dalle sue mani per la prima volta.
Maria Kourbet Al-Akhras, chiamato Myrna nella sua famiglia, è nata nel 1964, da padre greco-cattolico e da madre greco-ortodossa. Ha avuto un’infanzia normale e non ha mai avuto malattie serie, ne incidenti. Di livello intellettuale medio, abbandonò gli studi un anno prima di completare il diploma. Di conoscenza religiosa molto elementare, di carattere gioviale, sposa Nicolas Nazzour, un greco-ortodosso nel mese di Maggio del 1982, vigilia della prima domenica dell’avvento all’età di 18 anni.
Dal 22 Novembre 1982, nella sua semplice casa del quartiere cristiano di Soufanieh in Damasco, città famosa nella storia del Cristianesimo, per la conversione di San Paolo, accadono alcuni fenomeni che fanno rivivere ai suoi abitanti, le grazie dei primi Cristiani:scorre olio da un’icona della Vergine Maria e dalle mani di Myrna Nazzour che rivive la Passione di Cristo con stigmate e visioni della Vergine.
Il primo evento cominciò il 22 Novembre 1982. Myrna pregava con altri membri della sua famiglia mentre era in visita dalla sua cognata malata quando improvvisamente sentì un fenomeno strano e indescrivibile: tutto il suo corpo rabbrividì come se una forza fosse uscita da lei (seconda la sua espressione). L’olio cominciò a colare dalle sue mani per la prima volta.
Il secondo evento avvenne nella casa di Myrna e Nicolas in Soufanieh. Cominciò il 27 Novembre 1982, coincidendo con la data dell’anniversario dell’apparizione della Vergine Maria a Santa Catherine Labouré, nel 1830, in Rue du Bac a Parigi (Francia). L’olio cominciò a trasudare da una piccola replica della Vergine di Kazan (6x8cm), comprata a Sofia (Bulgaria) da Nicolas nel Luglio del 1980, nella chiesa ortodossa Alessandro Nevsky.
Questo trasudare lentamente della replica, seguìil ritmo del ciclo liturgico delle feste cristiane che durò fino al 26 Novembre del 1990. Durante questi anni però, la trasudazione d’olio ebbe un’interruzione che andò dal 27 Novembre 1985 al 25 Novembre 1986, ma nonostante ciò l’atmosfera di pace e di preghiera non ebbe soste. Non una goccia d’olio trasudò durante questo periodo e nessun segno delle apparizioni. Questo periodo spiega una parte del messaggio di Cristo del 26 Novembre 1985: “…e se la Mia assenza dura, e la luce scompare da te, non temere, questo sarà per la Mia glorificazione.”
L’olio è segno di abbondanza, di gioia. Purifica e calma; guarisce e conforta, rinforza e dona la luce. L’olio è segno sacro per eccellenza. É sinonimo e simbolo dello Spirito Santo. Il Santo Crisma di cui l’unzione è il segno sacramentale, e sigillo e dono dello Spirito Santo, si usa durante il Battesimo e la Cresima, per l’unzione dei malati e per ordinazioni sacerdotali. Serve all’unzione dei Re.
L’olio trasuda da Myrna durante la preghiera quando parla riguardo al fenomeno o durante le estasi. Flussi d’olio sulle mani di Myrna, sulla fronte, nel collo, occhi, stomaco, il terzo giorno di un triduo di digiuno assoluto, il 26 – 29 Novembre 1984), sui piedi (una volta).
Sono fuoriusciti flussi d’olio anche su più di mille riproduzioni fotografiche dell’Icona, come pure dal terreno e dal terrazzo del luogo dove la Santa Vergine è apparsa. Fluisce da un libro di preghiere; dalla parte posteriore del muro dove è situata l’Icona blu; dai vetri che chiudono le due nicchie (l’uno nell’ingresso e l’altro nella sala); dal cotone di una scatola, destinato ad essere distribuito agli ammalati; da una medaglia che Myrna portò al collo, ecc….. queste trasudazioni sono avvenute in quasi tutti i paesi in cui la veggente ha portato la sua testimonianza.
Tutto ciò è avvento durante la preghiera (prima o dopo), ma non ogni volta che Myrna o le altre persone pregano; durante le estasi (per Myrna), durante le conversazioni sulla Santa Vergine. Dalla replica dell’icona o dalle sue riproduzioni fotografiche fuori della preghiera, con cristiani e qualche volta in case musulmane.
Sei (6) analisi scientifiche sono state condotte su questa doppia fonte d’olio (l’uno dell’icona e l’altro dal corpo di Myrna): due in Siria, due in Germania, uno a Parigi in Francia ed un altro a Roma, Italia. I risultati sono identici: 100% olio d’oliva puro.
Furono guarite alcune malattie ossee, un caso di cancro, un caso di gravidanza con la presenza di una quantità rilevante di fibromi, per tuttiquesti casi vi sono le certificazioni mediche.
In risposta al fenomeno dell’olio, una grande reazione spirituale, avviene attraverso la preghiera. Le persone pregano in un’atmosfera di pace e non solo nella casa di Nostra Signora in Soufanieh, ma anche nelle case dove l’olio si è manifestato. Le famiglie ritrovano cosí la preghiera comune. Riguardo alle guarigioni spirituali, ne vediamo tutti i giorni i frutti che sono ammirabili.
La Santa Vergine è apparsa cinque volte. Queste messaggi sono in piena armonia col Vangelo, nel loro spirito profondo, e il loro pressante richiamo alla Fede, all’Amore,all’annuncio dell’Emmanuele, alla penitenza, all’unità, alla gioia nel Signore, al mutuo perdono e all’Unità della Chiesa.
Tutte le apparizioni sono avvenute sulla terrazza, di notte. Soltanto Myrna vedeva la Santa Vergine. Un’atmosfera intensa di preghiera e di pace prevale durante le apparizioni, intorno a lei al resto della casa.
L’apparizione si manifestò sul ramo orizzontale di un albero di eucalipto, situato sul bordo del fiume, a circa quindici metri a sud della casa. Per primo apparve un globo di luce, che a sua volta si aprì per lasciare vedere in alto una sorta di mezzaluna blu che scomparve all’arrivo della Santa Vergine seduta sul ramo, poi in piedi e in fine, in cammino verso il terrazzo della casa, lasciando dietro di se una scia di luce. Attraversò la ringhiera di ferro e si fermò sul terrazzo.
Il passaggio della Santa Vergine attraverso la ringhiera di ferro, suscitò in Myrna un problema: “Come può attraversare un corpo umano una ringhiera di ferro?” La Vergine era vestita di bianco, con una cintura blu, in testa un cappuccio che faceva parte del vestito, portando sulla spalla destra uno scialle blu, un po’ come sul quadro dell’Annunciazione del Murillo.
Teneva nella sua mano destra, tra il medio e l’anulare, un rosariodi color cristallo. Il braccio destro erapiegato all’altezza del torace ed il braccio sinistro era rivolto in basso, i suoi piedi erano invisibili. La Santa Vergine consegnò il Suo messaggio a Myrna e tutto ciò che le disse fu impercettibile per le persone presenti. Myrna ripetè lentamente il messaggio udito. Alla fine della visione, la Vergine Santa ritornò all’eucalipto, indietreggiando. Una volta raggiunto il ramo, scomparve e subito dopo anche il globo luminoso.
La lunghezza di questi messaggi varia da una frase a un paragrafo. Una di queste si è persa durante un’estasi. Emotivamente scossa dalla preghiera di una musulmana, Myrna non ha potuto ricordare il messaggio rivelatole in questa occasione. Le comunicazioni sono confidate in lingua letteraria arabo o in dialetto arabo. Il vocabolario è molto semplice. La Santa Vergine ha confidato a Myrna un segretoche dovrà tenere fino alla sua morte. Spesso prima di consegnare i messaggi, Myrna dice (ad esempio) “Cristo mi ha dato un messaggio del quale non ho capito nulla.”
In generale, durante queste estasi, Myrna vede la Santa Vergine o Cristo. Di solito l’estasi è preceduta da un’essudazione d’olio dalle mani, dalla faccia e dal collo di Myrna. Quando stà per vedere Cristo, l’olio esce anche attraverso i suoi occhi che gli bruciano prima che vada in estasi. Questo periodo è seguito dall’estasi stessa, cioè la stato di distacco con il mondo esterno. Myrna durante questa fase, non vede, non sente e non ha tatto (senzazione). Il suo corpo è rigido. Lei vede Cristo nella forma di una persona fatta in progressione di luce, ma senza distinguere la sua faccia (il suo volto). Questo caso non si verifica con la Santa Vergine.
Quando dopo aver visto Cristo, lei ritorna al suo stato normale, richiede del tempo prima di ricuperare la sua vista normale: la luce interiori l’impedisce di vedere qualsiasi cosa. Ella era rimasta in questo stato per 72 ore consecutive, dal 26 al 29 Novembre del 1984. Spesso, da uno a quattro medici erano presenti durante queste estasi. Numerosi testi medici sono stati eseguiti principalmente sulla sua vista, sensibilità e sui suoi riflessi : tutti sono risultati negativi. La durata delle estasi ha variato tra i 5 e 90 minuti, mentre per le prime due estasi del lunedì 24 Ottobre del 1983, non se ne è calcolato il tempo. La maggior parte di queste estasi, sono state filmate su video-cassette.
Le estasi furono accompagnate, per la maggior parte del tempo, da comunicazioni che compendiano le realità cristiane : – Trinità, Creazione, Incarnazione – Paternità divina, Mediazione di Maria – Meritare il Regno dei Cieli – Ritorno al Signore – Necessità di Preghiera e di digiuno – Santità del Matrimonio – Appello incalzante per l’unità della Chiesa – Il ruolo del Laicato nelle Opere di Unità.
Prima Apparizione – 15 Dicembre 1982 – Il messaggio fu perso perchè Myrna fu presa dal panico.
Seconda Apparizione – Primo Messaggio della Santa Vergine – 18 Dicembre 1982 – ore 23h 37
Figli miei, pensate a Dio. Dio è con noi. Voi sapete tutto, eppure non sapete niente. La vostra sapienza è incompleta. Eppure il giorno verrà e voi saprete tutto, come Dio sa tutto di me. Fate del bene a coloro che fanno il male. E non fate torto a nessuno. Vi ho dato l’olio, e ve ne darò più di quanto me ne avete domandato. Pentitevi e abbiate fede. Abbiate fede e pensate a me nella vostra gioia. Annunciate mio Figlio, l’Emmanuele. Colui che lo annuncerà sarà salvato, colui che non lo annuncerà, la sua fede sarà vana. Amatevi gli uni e gli altri. Non sto chiedendovi soldi da dare alla Chiesa, come non vi chiedo soldi da distribuire ai poveri. Vi chiedo amore. Coloro che distribuiscono soldi ai poveri ed alla Chiesa senza amore, coloro non valgono niente. Io visiterò le case più spesso perchè, coloro che vanno in Chiesa delle volte non ci vanno per pregare. Io, personalmente, non vi sto chiedendo di costruirmi una chiesa, ma un luogo di pellegrinaggio. Date con generosità. Non private nessuno di coloro che vi chiedono aiuto.
Messaggio di Cristo – alla vigilia del terzo anniversario del Fenomeno, il 26 Novembre 1985
“Figlia mia, vuoi essere messa in croce o vuoi essere glorificata?“. Risposta: glorificata. Il Cristo sorride e dice: preferisci essere glorificata dalla creatura o dal Creatore? Risposta: dal Creatore. Il Cristo: questo si avvererà attraverso la crocifissione. Tutte le volte che tu guardi le creature, lo sguardo del Creatore si allontana da te. Voglio, figlia mia, che tu ti applichi alla preghiera e che tu ti disprezzi. Colui che si disprezza guadagna forza ed elevazione. Io sono stato crocifisso per amore per voi e voglio che voi portiate e sopportiate la vostra croce per me, volontariamente, con amore e pazienza e che attendiate la mia venuta. Colui che partecipa con me alla sofferenza, lo farò partecipare alla gloria. Non c’è salvezza che attraverso la croce. Non avere paura, figlia mia, ti farò partecipe delle mie ferite, per ripagare i debiti dei peccatori. È la fonte da cui si disseta ogni anima. E se la mia assenza si prolunga e la luce si eclissa per te, non preoccuparti, questo avverrà per la mia glorificazione. Vai alla terra dove la corruzione si è generalizzata e abbi la pace di Dio“.
Messaggio di Cristo, il 26 Novembre 1988
“Figli miei Tutto ció che fate, é fatto per amore mio? Non dite: che faccio? perché ció è opera mia. Dovete digiunare e pregare perché è nella preghiera che vi troverete di fronte alla mia Veritá, e affrontate tutti i colpi. Pregate per coloro che hanno dimenticato la promessa che mi hanno fatto, perché essi diranno: “perché non ho sentito la Tua presenza Signore mentre eri con me?” Tutto ció che voglio é che vi riuniate tutti in me come io sono in ognuno di voi. Per quanto riguarda, te figlia mia, ti lascerò. Non temere se non sentirai la mia voce per un po’ di tempo, ma sii forte e che la tua lingua sia una spada che parla in nome mio. E sii sicura che io sono con te e con voi tutti”
Questo modesto dipinto fu fatto su di una colonna da un fornaciaio per propiziare la buona cottura dei mattoni dando poi origine ad uno dei santuari più importanti del piemonte: Il santuario di Vicoforte, noto anche come santuario basilica della Natività di Maria Santissima o santuario-basilica Regina Montis Regalis .
La basilica minore Regina Montis Regalis di Mondovì è situato nel territorio del comune di Vicoforte. Si tratta di una chiesa monumentale tra le più importanti del Piemonte, la cui cupola con sezione orizzontale ellitticarisulta essere lapiù grande di tale forma al mondo.
Il complesso trae le sue origini da un santuario medievale, composto da un modesto pilone decoratoda un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna col Bambino, eretto da un fornaciaio per propiziare la buona cottura dei mattoni.
Nel 1592, durante una battuta di caccia, un cacciatore di nome Giulio Sargiano colpì per sbaglio l’immagine della Vergine che, secondo la tradizione, sanguinò. La realtà vede invece il cacciatorepentito che appende il suo archibugio al pilone e inizia una grande raccolta di fondi per riparare il danno ed espiare così il suo peccato. L’archibugio è conservato all’interno del Santuario, nelle nuove sale destinate a museo (in attesa di apertura – luglio 2017).
Nel giro di pochi anni questo luogo divenne meta di pellegrinaggi sempre più frequenti ed attirò anche le attenzioni del duca Carlo Emanuele I di Savoia che, nel 1596, commissionò la costruzione di un grande santuario all’architetto di corte Ascanio Vitozzi. Nelle intenzioni del duca, il santuario avrebbe dovuto accogliere i molti pellegrini e diventare in seguito il mausoleo di Casa Savoia, luogo destinato alle tombe della famiglia, funzione assunta in seguito dalla basilica di Superga sulla collina torinese. Il Vitozzi morì nel 1615, quando la grande costruzione era stata eretta fino al cornicione, dove avrebbe dovuto essere innestato il tamburo della cupola. Morto anche il duca (che volle essere sepolto in santuario), a distanza di quindici anni dall’architetto, la costruzione si arrestò del tutto, lasciando il santuario a lungo tempo scoperto.
Un nuovo interesse dei fedeli si ebbe nel 1682, quando la Vergine del pilone venne solennemente incoronata, come ringraziamento del termine della guerra del sale. Da allora si riprese la costruzione, senza contare più sull’appoggio dei Savoia (che all’epoca stavano rivolgendo tutta la loro attenzione alla costruzione della basilica di Superga), grazie all’impegno dell’architetto e ingegnere monregalese Francesco Gallo che, incoraggiato da Filippo Juvarra, si cimentò nella grande impresa a partire dal 1728. Sopra il possente basamento in arenaria, di stampo manierista, venne rapidamente costruito il tamburo, di evidenti linee barocche, e la cupola, che venne terminata nel 1732.
La poderosa cupola ellittica innalzata dal Gallo, alta 74 metri, lunga 37,15 metri sull’asse maggiore e 24,80 metri sull’asse minore, venne disarmata non senza trepidazione, data l’arditezza della costruzione, tanto che si narra che dovette andare lui stesso a togliere le impalcature, poiché nessuno pensava che una struttura di quel tipo potesse reggere.
Controversa fu invece la costruzione dei campanili, quattro secondo il progetto del Vitozzi. Il primo fu costruito rapidamente, su richiesta della madama reale Cristina di Francia, in visita a Vico (1642), e collegava il Santuario con il vicino monastero cistercense. Dieci anni dopo vennero innalzati i due campanili frontali e, per simmetria, anche il quarto, opposto al primo campanile, che rimase fino al 1830 l’unica torre campanaria funzionante.
All’annosa questione della sistemazione dei campanili si pose rimedio nel 1880, anno in cui il Santuario divenne monumento nazionale, quando venne indetto un concorso, al quale partecipò anche, con un progetto, Alessandro Antonelli. Nel 1884, finalmente, vennero avviati i lavori di sistemazione, con la costruzione di poderose ed elaborate cuspidi barocche, riprendenti lo stile di quella posta sulla lanterna che sovrasta la cupola. Per questioni di stabilità, però, le cuspidi vennero abbattute nel 1906 e i campanili ottennero la conformazione attuale.
Le decorazioni in affresco degli oltre seimila metri quadrati di superficie furono poi completate nel 1752 da Mattia Bortoloni e Felice Biella; il tema è quello della Salvezza. Nel 1709 lo scultore Giuseppe I Gaggini assunse l’incarico di realizzare il monumento con la statua di Margherita di Savoia, figlia del duca, terminato nel 1714. Il santuario assunse la forma attuale nel 1884, quando vennero costruiti i campanili e le tre facciate.
Nel 1881 fu inaugurata la tranvia Mondovì-San Michele, la cui fermata centrale era situata dirimpetto al santuario, agevolando gli spostamenti dei pellegrini. Dopo numerosi passaggi di proprietà e l’elettrificazione, avvenuta nel 1923, la linea venne soppressa nel 1953.
La Basilica Dominicana della Trinità di Cracovia è una grande cappella dedicata alla Madre di Dio del Rosario una delle più grandi ed importanti della città più antica ed estese della Polonia meridionale.
All’interno della gotica basilica posta nella città vecchiasull’altare maggiore troviamo l’icona della Madre di Dio del Rosario, incoronata il 2 ottobre 1921.
Si tratta di una copia dell’immagine Salus Populi Romani (Salute della gente romana) posta nella chiesa di Santa Maria delle Nevi a Roma – l’icona miracolosa che Papa Gregorio il Grande portò in processione per porre fine alla peste del 597.
La stessa icona venne utilizzata anche durante la battaglia di Lepanto ( 7 ottobre, 1571), quando le navi di una coalizione dei paesi cristiani cercavano di fermare le navi turche provenienti dalla Grecia. In quell’occasione Papa Pio V pregò il rosario con un grosso gruppo di fedeli davanti all’icona romana e la situazione si risolse a loro favore.
L’antica immagine divenne quindi associata alla nuova devozione del rosario e al salvataggio dell’Europa dalla regola ottomana. La devozione a questa miracolosa icona si sparse in tutta l’Europa cattolica creando chiese dedicate a Nostra Signora delle Nevi e copie del Salus Populi Romani.
Fu il cardinale Maciejowski a portarne una copia da Roma a Cracovianel 1600. L’immagine ebbe un ruolo di primaria importanza in una battaglia che venne definita la “Lepanto polacca” nel 1621, quando a Khotyn, in Ucraina (poi Chocim, in Polonia) una forza alleata di polacchi, lituani e ucraini affrontò l’esercito turco per ben due volte sempre affidandosi alla Santa Immagine.
Il 3 ottobre il vescovo di Cracovia si decise a condurre una lunga processione con la recita del rosario e la Santa Icona in testa al corteo. L’intera popolazione si unì in questa accorata preghiera che giunse davvero a toccare il cuore della Santa Vergine. Infatti i turchi invece di sferrare l’attacco definitivo, ricapitolarono e decisero di firmare un Trattato di Pace.
La Madonna del Rosario si era guadagnata un’altra vittoria e il popolo un’altra occasione per lodarla e ringraziarla. La sua festa è celebrata a Cracovia la prima domenica di ottobre. Il sito web della Basilica è www.krakow.dominikanie.pl/. (Informazione anche da Podhalanski Serwis Informacyjny WATRA, www.watra.pl; e altre fonti; immagine da Diecezja Gliwicka , www.kuria.gliwice.pl .)
La Nostra Signora di Boulogne apparve su una barca a vela nel settimo secolo chiedendo a S. Ide la costruzione di una chiesa. Nel XIII secolo era un luogo di pellegrinaggio delle dimensioni della Lourdes di oggi.
Boulogne-sur-Mer si trova nel Passo di Calais, diocesi di Arras. Questo santuario è una delle tre cattedrali della diocesi, insieme a quella di Arras e di St Omer, la sua storia è stata attraverso i secoli una testimonianza di fede, conversione, riconciliazione, pace.
Alcuni manoscritti del tardo Medioevo narrano la storia di questa Vergine seppure con alcune varianti:
Una signora molto bella arriva in barca dal mare in una piccola barca senza vele. A coloro che la vedono e le chiedono il nome, Essa risponde che è il “sostegno dei peccatori, una fonte di grazia e fonte di misericordia.” Dopo di che aggiunge: “Voglio che una luce divina scenda su di voi e sulla vostra città…. Amici, costruite una chiesa a mio nome ”
Un’altro racconto narra che intorno all’anno 636, al tempo del re Dagoberto e San Omer era vescovo di questa regione, in un tardo pomeriggio gli abitanti erano riuniti in una cappella coperta di canne e rami, situati nella parte superiore della città, quando la Madre di Dio apparveinvitandoli ad andare verso la riva del mare, dove avrebbero trovato una barca. Essi andarono e ne trovarono una senza vela, senza remi senza alberi che trasportava una Vergine di legno, circa tre metri di altezza con Gesù che teneva teneramente nel braccio sinistro. Entrambi con un’impressione straordinaria di calma, pace e felicità. (Fonte: sito della cattedrale) Entro il 1100, la contessa di Boulogne Ide, che più tardi divenne S. Ide, costruì una chiesa romana. Il lavoro è durato 200 anni. Il coro gotico chiude l’inizio del Quattrocento.
Nei secoli successivi Boulogne diventò una tappa nel cammino Santiago de Compostela, in particolar modo per i pellegrini provenienti dall’Inghilterra o dal Belgio, dalla Spagna o dall’Italia.
La cattedrale della Madonna di Boulogne dopo varie vicissitudini venne completamente distrutta durante la Rivoluzione Francese quando le chiese e i conventi furono dichiarati proprietà statale. I mobili furono venduti e distrutti. La statua fu bruciata nel 1793. La cattedrale divenne un arsenale, un deposito, per poi essere venduta a commercianti stranieri della città, che la demolirono pezzo per pezzo.
La mano destra della statua, però, essendo caduta precedentemente, rimane l’unico pezzo originale della statua, che viene a tutt’oggi conservato in un reliquiario sotto la cupola.
Nel 1820 un abate benedettino (Abbot Haffreingue) sentì come una chiamata interiore a ricostruire quelle antiche mura. Dedicò così tutta la sua vita alla ricostruzione del santuario, per portarlo così all’antico splendore, ma si può dire che ciò avvenne solo tra il 1943 e il 1948, quando 4 immagini della Madonna pellegrina di Boulogne attraversarono tutta la Francia, fermandosi in 16.000 parrocchie.
Con i soldi donati dalla sua famiglia, acquistò la terra e le macerie della cattedrale e per cominciare costruì una piccola cappella. Un generoso donatore donò una somma di 48.000 franchi e dopo questa ne arrivarono altre da tutta la Francia e persino l’Inghilterra. Ricominciarono così i pellegrinaggi e le donazioni aumentarono ancora. Ma l’abate Haffreingue era molto modesto e fece scrivere all’esterno della cattedrale, sotto il portale centrale “A domino factum est”: questo è il lavoro del Signore.
Dal 1943 al 1948 quattro riproduzioni della Vergine di Bologna, chiamate anche “Madonna del Grande Ritorno”, ciascuna montata su un’auto, hanno percorso 120.000 km. In tutta la Francia visitarono 16.000 parrocchie risvegliando la fede, la preghiera e la conversione di molti.
La statua della Vergine fu portata in un pellegrinaggio marittimo con una barca durante la seconda guerra mondiale per chiedere la fine del conflitto.
L’istituzione di questa pia pratica religiosa, che ricorda l’Incarnazione del Verbo; come nacque, come si diffuse, la pia pratica con il video e la storia.
Il nome deriva dalla parola iniziale del testo in latino, Angelus Domini nuntiavit Mariae. L’Angelus ricorda l’evento salvifico per cui, secondo il disegno del Padre, il Verbo, per opera dello Spirito Santo, si fece uomo nel grembo di Maria Vergine.
L’origine di questa pratica devozionale è da collocarsi, probabilmente, nei monasteri medievali. Mentre i monaci coristi cantavano le ore liturgiche, composte essenzialmente di salmi (conosciuti a memoria) e di antifone, i conversi, spesso illetterati, interrompevano le loro occupazioni manuali e si univano alla preghiera.
Sembra che l’istituzione dell’Angelus sia stata attribuita a Papa Urbano II, da Papa Giovanni XXII, ma ufficialmente e su vasta scala venne messa in pratica con Papa Callisto tra il 28 e il 29 giugno del 1456 quando invitò tutti ad invocare l’intercessione della Madre di Dio attraverso questa secolare preghiera inizialmente recitata solo al tramonto.
S’intendeva così trovare protezione e grazia presso la Santa Vergine durante un periodo storico particolarmente inqueto e travagliato. L’impero turco infatti minacciava l’Europa e la pace del continente. La recita tripla fu ratificata dal re Luigi XI di Francia, il quale nel 1472 ordinò che fosse recitata tre volte al giorno.
A partire dal pontificato di papa Paolo VI, alcune emittenti radiofoniche e televisive, anche in Eurovisione, iniziarono a trasmettere la recita dell’Angelus: ogni domenica il Papa a mezzogiorno tiene un breve discorso al termine del quale recita l’Angelus che, nel Tempo Pasquale, viene sostituito dal Regina Coeli.
Questa pia pratica include un’indulgenza parziale per i fedeli che recitano l’Angelus all’aurora, al mezzogiorno e al tramonto – o il Regina Coeli nel tempo pasquale.
L’Angelus di Jean-François Millet, è un dipinto realizzato nel 1858-1859 e conservato nel Museo d’Orsay di Parigi, è una delle sue più note opere e che meglio raffigura questa fervente devozione. Mostra infatti una coppia di contadini, intenti nella preghiera, che hanno interrotto il duro lavoro dei campi al suono delle campane che annunciavano l’Angelus. Dichiarerà in seguito Millet:
« L’Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l’angelus in memoria dei poveri defunti »
Nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica tre brevi testi raccontano gli episodi, recitandoli come versetti e responsorio, alternati con la preghiera dell’Ave Maria. Tale devozione viene recitata tre volte al giorno, all’alba, a mezzogiorno ed al tramonto.In tali orari una campana, talvolta detta “campana dell’Angelus” o “campana dell’Ave Maria”, viene suonata. Al termine dell’Angelus si può recitare il Gloria per tre volte ed il Requiem aeternam una volta per le anime dei fedeli defunti. Talvolta è in uso aggiungere anche la recita dell’Angelo di Dio.
PREGHIERA DELL’ANGELUS
V/. L’Angelo del Signore portò l’annunzio a Maria
R/. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo.
Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.
V/. “Eccomi, sono la serva del Signore.”
R/. “Si compia in me la tua parola.”
Ave, Maria…
V/. E il Verbo si fece carne.
R/. E venne ad abitare in mezzo a noi.
Ave, Maria…
V/. Prega per noi, santa Madre di Dio.
R/. Perché siamo resi degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo. Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre; tu, che nell’annunzio dell’angelo ci hai rivelato l’incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Ancora una volta sembra che la Madonna voglia essere ritrovata amata o onorata in un determinato posto dando segni eloquenti della sua presenza, della sua volontà e del suo amore.
Maria Santissima della Cava è la principale Patrona insieme a San Rocco del paese di Pietraperizia. Viene ricordata con maggior devozione durante l’estate e celebrata il 14 agosto di ogni anno, vigilia dell’Assunta con una messa solenne notturna presso l’omonimo santuario sito in contrada Cava, a circa 4 km dal centro abitato del paese e generalmente presieduta dal vescovo della diocesi di Piazza Armerina. La sera del 15 agostoun palio storico viene portato in processione per le vie del paese.
Secondo la leggenda, un muto trapanese ebbe in sogno la Madonna, la quale gli indicò il punto esatto dove egli, scavando, avrebbe trovato una sua effigie. L’uomo di Trapani così si mise in viaggio e giunto a Pietraperzia nel luogo ove oggi sorge il santuario, scavò e ritrovando la sacra icona ebbe in dono la parola.
Si narra anche che nel tentativo di riportare a Trapani l’immagine, questa cadde più volte dal carrofacendo intendere all’uomo che la volontà della Madonna fosse di rimanere in quel luogo e così venne costruita una cappellacon un cortilee delle cellette per gli eremiti detti della Cava e solo successivamente un convento per ospitare i padri Agostiniani. In realtà non vi sono fonti certe riguardo al suo ritrovamento, anche se probabilmente tale immagine fu realmente seppellita al fine di preservarla dall’iconoclastia del VIII sec d.C.
L’immagine consiste in un dipinto murale o affresco, raffigurante una Madonna con Bambino, nell’atto di allattare. Gli sguardi sono rivolti verso l’osservatore ed entrambi appaiono benedicenti. Il Bambin Gesù reca in mano un globo crucigero, tipico elemento iconografico attribuito spesso alla figura di Cristo bambino. È collocato sull’altare maggiore del Santuario, contornato da un trono in legno di cipresso, artisticamente intagliato e decorato in oro zecchino.
Il dipinto conserva nella composizione e nella rappresentazione dei chiari riferimenti a un’iconografia bizantina, risultati ancora più evidenti dall’importante e recente restauro alla quale l’opera è stata sottoposta nel 2014. Tuttavia detti lavori, hanno evidenziato come, probabilmente, la composizione generale delle figure potesse essere diversa; infatti le ripetute fratture e rifacimenti amatoriali susseguitisi nei secoli, potrebbero aver compromesso soprattutto la porzione in basso a sinistra, ove la disposizione dell’arto della Madonna appare del tutto innaturale.
La cappella originaria infatti fu rifatta ed ampliata diverse volte con delle porte alla francese che davano a ponente. Nel 1687 i padri Agostiniani abbandonarono il santuario in seguito alla soppressione di tale ordine. Proprio in quell’anno fu deciso di prelevare l’Immagine e trasferirla nel centro abitato, presso la chiesa del reclusorio delle orfane (oggi Chiesa di Maria SS. del Soccorso, vulgo Carmine). Quando la lettiga dove viaggiava il dipinto giunse nelle vicinanze di Pietraperzia, fu ribaltata dalle mule imbizzarrite, provocando varie fratture alla pietra dipinta, documentate anche dai restauri. Ancora una volta tale avvenimento venne interpretato come una volontà divina, così la Sacra Immagine fu ricomposta nel luogo originario.
Nel 1721 furono portati a compimento i lavori di ampliamento del Santuario. In questo periodo si ebbe la nomina di Patrona della città. Tali avvenimenti sono raccontati e raffigurati in due affreschi, collocati nella cappella dedicata alla Madonna della Cava, presso la Chiesa Santa Maria Maggiore di Pietraperzia, e gli stessi sono riproposti, ma con dei bassorilievo in gesso, ai lati dell’altare del Santuario, opere di Giuseppe Fantauzzo di Barrafranca (1851 – 1899).
Il restauro recente restauro ha così portato alla luce un’immagine molto diversa da quella tramandata nei secoli e trasformata dai molteplici interventi.
La tradizione è documentata dal libro di frate Dionigi da Pietraperzia (1744 – 1801), storico pietrino e minore riformato della Provincia di Val di Noto, pubblicato nel 1776 e che ha per titolo Relazione critico-storica della prodigiosa invenzione d’una immagine di Maria Santissima chiamata comunemente della Cava di Pietrapercia. Dalle sue ricerche, il Dionigi deduce che la data del ritrovamento sia da collocare prima del 1222, avendo ritrovato un rescritto del 1227 da cui si evince che la contrada dove oggi sorge il santuario si chiamasse già nel 1222 Madonna della Cava. Non si sa per certo dunque se il nominativo Cava sia dovuto al ritrovamento per via degli scavi (quindi da cavata) o dalla contrada che già doveva portare il nome di Feudo della Cava.
La chiesa contiene anche altri beni artistici tra i quali: un piedistallo di acquasantiera con sculture attribuite ad Antonello Gagini; due tele di grandi dimensioni raffiguranti ľIncoronazione della Vergine del Rosario (1716) e ľAssunzione di Maria Vergine al cielo (fine XVIII sec.); un organo a canne del 1845, costruito dalla ditta Gueli di Caltanissetta.
La devozione da parte dei pietrini per la Madonna della Cava è considerevole. Essi sono soliti, dal mese di maggio e per tutta l’estate, recarsi spesso al Santuario in pellegrinaggio a piedi, come forma di devozione o per grazia ricevuta, e durante il quale viene recitato il Santo Rosario, con formule anche in dialetto pietrino. Inoltre nel mese di maggio si può assistere ai caratteristici Sabati, pellegrinaggi organizzati dalle Associazioni dei Camionisti e dei Trattoristi, i quali partono da Pietraperzia con i propri mezzi di lavoro e si recano al Santuario coinvolgendo tutta la comunità; evoluzioni moderne dell’ormai tramontato Sabato dei Carrettieri, dove lo stesso iter odierno veniva percorso con i mezzi di lavoro di allora.
Forse nascosta per salvarla alla follia iconoclasta Santa Maria di Anzano ha scelto da se stessa il luogo nel quale rimanere e l’affetto della popolazione le ha dato modo di elargire grazie senza numero ai suoi devoti.
Il primo documento in cui si parla di Santa Maria di Anzano (sancteque marie de anzano), risale al 1131 e trattasi di una pergamena conservata presso La Biblioteca Nazionale di Cava dei Tirreni (SA). L’anno 1131, con tutta probabilità potrebbe, dunque, essere considerato anche l’anno a cui far risalire l’origine della Chiesa di Anzano.
La tradizione popolare vuole che la statua sia stata ritrovata in un folto bosco e da allora venerata come Santa Maria di Anzano, in relazione alla denominazione del luogo in cui fu ritrovata. Probabilmente la statua fu nascosta nel bosco dai fedeli della vecchia Anzano durante le persecuzioni iconoclaste, avvenute negli anni 726-84.
Dal libro “Anzano di Puglia” di Mons. Don Rocco Staffiere abbiamo la descrizione delle origini e la leggenda del ritrovamento della Vergine.
«Dove ora trovasi Anzano era, un tempo, bosco folto… V’era qualche casetta, qua e là, ove i mandriani e pastori portavano a sera i buoi o il gregge, ed i centri abitati erano alquanto lontani. Alcuni «villani» di Trevico, città antica e sede vescovile, di Zungoli e della contrada Scampata presso Città di Contra (così detta perché, forse, a differenza della circostante zona boschiva, era senza alberi, come ora: è l’attuale Scampitella) s’erano uniti a pascolare insieme i loro buoi, o si recavano insieme a qualche fiera… Il bosco era attraversato da una sola strada mulattiera che, lastricata a selce, immetteva sulla via romana Erculea o Eclanense. Entrati nel bosco, dietro le loro mandrie, quei villani nel fitto degli alberi e dei rovi videro una statua maestosamente seduta su di una sedia regale con braccioli, con sul ginocchio sinistro un bambino che sostiene a sua volta con la destra un piccolo mappamondo sormontato dalla croce, tutta ricoperta da un manto azzurro trapunto di stelle: era la Madonna…
Nella semplicità della loro fede, nella grandezza del loro amore filiale verso la Madre di Dio, cui sempre i semplici ed i buoni ricorrono, si rivolsero subito al vescovo di Trevico, che, recatosi sul posto con tutto il clero di quella città, cercò di far trasportare quella bella, maestosa, pesante statua a Trevico, su di un carro agricolo tirato da buoi. Il carro si mosse, ma dopo un tratto di strada non lungo (ancora oggi viene indicato quel posto, a «Macinante», là dove tuttora i pellegrini trevicani vengono incontrati dalla Madonna quando arrivano numerosi in devoto pellegrinaggio annuale, a piedi!), il carro si arrestò e fu impossibile, col pungolo, con la voce, con l’aiuto delle robuste braccia dei mandriani, costringere buoi e carro a muoversi ancora. Si tentò, allora, di immettersi sulla via Erculea, facilmente praticabile coi carri e coi cocchi, e di portare la statua della Madonna a Zungoli. Fu inutile anche questo tentativo! A cento metri dall’immissione sulla via Erculea, al posto ora detto « Casino », buoi e carro non si mossero più! Il terzo, ultimo tentativo, quello di recarsi verso Scampata o Scampitella, ebbe lo stesso effetto: carro e buoi non si mossero dal posto ora detto «Masserie».
Si comprese, allora, che la Madonna voleva restare là, ov’era stata ritrovata; la si riportò. In quel posto fu costruita subito una chiesetta che divenne un faro di richiamo per tutti i buoni mandriani e villani circostanti; là uomini, donne e bambini si raccoglievano a sera, ai piedi della loro Madonna che fu chiamata S. Maria in Silice (dalla via lastricata a selce, o selciato: silex, silicis), a cantare le lodi e benedizioni di Lei; là accorrevano, con gli altri, i cittadini della vicina Anxanum-Anzano; là si raccoglievano ogni anno, nel giorno anniversario del rinvenimento della statua – il lunedì di Pentecoste -, portando con se i loro sacerdoti, tutti gli abitanti di Trevico, di Zungoli, di Scampitella e della vicinissima Anzano…
Intorno a quella prima chiesetta i semplici contadini abbatterono gli alberi, dissodarono la terra, costruirono le loro abitazioni quasi sempre fatte di pietre e fango o di travi rivestite di culmo – la miseria ed i continui terremoti li costringevano a tanto! -, onde è restato celebre Anzano come il paese dei «pagliai»; quelle prime povere case, quei pagliai e quei contadini vennero crescendo di numero col tempo, specialmente con l’immigrazione massiccia dei restanti cittadini dell’Anzano distrutta ed abbandonata, e formarono un villaggio.
È questa la leggenda, semplice e comune a tanti altri paesi di questo nostro Meridione cattolico e mariano, leggenda che ogni anzanese ha appreso, fino a qualche anno fa, sulle ginocchia della mamma, quando durante le lunghe sere invernali, durante la quaresima specialmente, tutti nelle famiglie recitavano il Rosario alla Madonna con canto monotono e nostalgico. E’ questa la leggenda che si confonde con la storia del paese, che si ripete da padre a figlio, che indica nel posto attuale del battistero parrocchiale il luogo del rinvenimento della statua della Madonna e che è in parte suffragata dal fatto che ancor oggi, a distanza di anni e di secoli, gli abitanti di Trevico, di Zungoli e di Scampitella, guidati dai loro sacerdoti, nel giorno dedicato alla festa della Madonna di Anzano, o S. Maria di Anzano – il lunedì di Pentecoste, come si è detto – muovono in pio e numeroso pellegrinaggio verso Anzano, vengono ricevuti dalla Statua che in processione va loro incontro nei tre posti indicati dalla tradizione ove il carro si sarebbe fermato per non più muoversi verso i rispettivi paesi.
Ma questa tradizione, vivaddio, si inserisce bene nel contesto storico, trova conferma nei fatti storici che abbiamo riferito e che riferiremo ancora; a sua volta essa sola riesce a spiegarci alcuni fatti che diversamente risulterebbero incomprensibili».
Nel 1930 la Chiesa fu completamente distrutta dal terremoto del Vulture. In tale occasione fu gravemente danneggiata anche l’antica statua della Madonna di Anzano, di cui poi si sono perse le tracce dopo essere stata data o venduta ad un restauratore dall’allora parroco di Anzano Don Rocco Staffiere. Sulle rovine della vecchia chiesa, subito dopo il terremoto, fu edificata l’attuale Chiesa, in stile gotico. Allo stesso periodo risale anche l’attuale statua raffigurante la Madonna di Anzano. L’attuale campanile fu costruito successivamente alla chiesa ed inaugurato nel 1948.
Il riconoscimento della Chiesa di Anzano a Santuario Mariano risale al 21 novembre 1820, anno in cui il Papa Pio VII,riconosce alla chiesa di Anzano un raro privilegio, quello di “Giubileo perpetuo” per cui, ai fedeli che visitano la chiesa nel giorno della festa della purificazione della Beata Vergine Maria (due febbraio) è concessa l’indulgenza plenaria perpetua. A ricordo di tale privilegio, all’ingresso dell’attuale Chiesa, sulla sinistra, c’è una lapide di marmo con una scritta in latino la cui traduzione è la seguente:
D. N. Papa Pio VII – A tutti i fedeli in Cristo veramente pentiti e confortati dalla Santa Comunione, che visitano questa chiesa di Anzano nella festa della purificazione della B.V.M. e che pregano secondo le intenzioni di sua santità, è concessa l’indulgenza plenaria ai fedeli applicabile anche ai defunti. Dai primi vespri a tutta l’ottava della stessa festività. – Ciriaco Arciprete Rossi umilmente pregante nel giorno 21 novembre nell’anno R S 1820 amorevolmente in eterno.
Nel maggio 1945, proprio alla fine della seconda guerra mondiale, la Santa Vergine apparve a Chandavila (Spagna) a due ragazze contemporaneamente ma in due posti differenti – Marcelina Barroso Exposito (ora suora di clausura) e Afra Brígido Blanco – sotto il titolo di Madonna dell’Addolorata.
La Codosera è un comune della provincia di Badajoz in Extremadura. Si trova a NW di Badajoz, al confine con il Portogallo. Le apparizioni della Santa Vergine a Chandavila iniziarono ufficialmente nel 1945, ma già settantacinque anni prima nel giugno del 1870, una ragazza disse di vedere la Vergine a “Valleseco”.
APPARIZIONI A MARCELLINA
Erano le tre del pomeriggio del 27 maggio 1945, quando la giovane Marcelina Exposito Barroso con la cugina Agustina Gonzalez (entrambi di La Codosera), camminavano verso il villaggio di “Marco” per completare un costume alla madre. Avevano percorso circa due miglia, quando, attraversando il posto chiamato Chandavila, notò una forma scura, distante duecento metri a destra della strada. Cercò di non prestarvi attenzione ma una forza interiore la spinse a vedere meglio. Si accorse così che quella sagoma luminosa aveva le sembianze della Vergine Addolorata, metà sollevata nel tronco di un castagno, circondate da costellazioni luminose, con un mantello nero ricamato di stelle. Il suo voltorifletteva una tristezza mortale e divina.
Scomparsa la visione, la ragazza corse al villaggio, insieme alla cugina, anche se lei non aveva visto nulla. Cercò di non dire niente a casa ma non riuscì a mantenere il segreto che rivelò così alla madre e presto la notizia si diffuse in tutto il paese.
Il 4 giugno al mattino, dopo nove giorni dalla prima apparizione, nuovamente a Chandavila, Marcelinita rivede la Vergine, la quale le chiese di tornare la sera, e di fare un sacrificio alla presenza di tutti.
Quella sera molte persone spagnoli e portoghesi seguirono la veggente verso il luogo dell’apparizione. La Santa Vergine apparve nel cielo azzurro quando ancora distavano una sessantina di metri da Auburn e le chiese di camminare in ginocchio fino all’albero dell’apparizione assicurandola dicendo: “Non temere, niente ti accadrà, perchè ti metterò davanti un tappeto di canne e di erbe in modo che tu non ti faccia male“.
Dal ruscello la ragazza cominciò quindi a camminare sulle ginocchia mentre davanti a lei le persone si spostavano per farle strada. Sua madre, la signora Agustina, presente, svenne nel vedere il comportamento anomalo della figlia. Marcelinita rimase per dieci minuti in ginocchio accanto all’albero dove ebbe la visione di una chiesa sul cui altare era posta la Santa Vergine che le chiese di bagnare le dita nell’acqua santiera e tutti i presenti videro il suo gesto.
Le chiese poi se voleva seguirla e senza esitazione rispose: “Sì, signora, ora“, la Vergine sorridendo l’abbracciò e la baciò sulla fronte. Marcelinita sentì sul viso il mantello della Madre di Dio e Le chiese la costruzione di una cappella in suo onore.
Una volta terminata l’estasi, Marcelina, parlava con i suoi amici, come se nulla fosse accaduto. Le ginocchia di Marcelina non avevano alcun segno o alcun graffio, pur avendo percorso duecento metri, anche se molti giovani (e anche il pastore di Codosera, Juan Antonio Galán e Guy) tentarono di imitarlanon vi riuscirono per via dei tagli e delle ferite.
Marcelina ebbe altri incontri con la Vergine, divenne poi religiosanella Congregazionedelle Suore della Croce, il 2 agosto 1975, a Siviglia,dedicata alla cura di malati, orfani, poveri e anziani. Con il nome di Suor Mary della Misericordia della Croce. Oggi è in clausura nel Convento a Ciudad Real.
APPARIZIONI AD AFRA
Afra Brígido White, è nata il 21 gennaio 1928 e aveva diciassette anni quando il 30 maggio (festa del Corpus Domini), alle tre del pomeriggio (contemporaneamente alla comparsa della Vergine a Marcelina), decise di andare a Chandavila con i suoi amici.
All’arrivo le parve di vedere, tra le nuvole, una cappella con la forma esatta di una croce. Il giorno dopo, si trovava esattamente nello stesso luogo, dove molte persone erano già riunite per l’apparizione di Marcelina. Brown si sedette e vide fuori dalle nuvole un oggetto scuro che si avvicinava lasciando intravedere l’immagine della Vergine Dolorosa, di profilo, con la faccia rivolta a destra. Per lo stupore nel vederla avvicinarsi a lei Afra svenne.
Pochi giorni dopo muore la nonna e vedendo il suo grande dolore i suoi amici la convincono a tornare a Chandavila. Era il 17 giugno, e il fenomeno si ripete identico alla volta precedente, solo che questa volta entra in estasi ed inizia a camminare sulle ginocchia a fianco del ruscello fin quando la Santa Vergine gli chiede di alzarsi e avvicinarsi al castagno dove Marcelinita era presente all’apparizione e dopo aver rivelato un segreto la vede mandare un bacio a Marcelina.
Nelle apparizioni successive, la Vergine chiese il Santo Rosario e la costruzione di una cappella in quel luogo, e il sacrificio di cantare alla Messa del 4 settembre, celebrata dal Parroco del La Codosera.
Durante una Via Crucis, Afra, entrò in estasi alla XI stazione, davanti ad un quadro della Santissima Trinità, e vide la condizione di nostro Signore Gesù Cristo e la sua crocifissione, sentendo un dolore acuto sui palmi delle mani. A seguito di ciò, ricevette le stimmate sotto forma di piaghe sulle palme delle mani simili ai segni dei chiodi, poi un’altra ferita sul fianco, gocciolante sangue, che le causò grande dolore oltre alle ferite nei piedi.
Il sangue sgorgava più copioso principalmente il venerdì. Afra è stata sottoposta a esami medici, ma le ferite non sembravano essere curabili in più emanavano un soave profumo.
Dedicò il resto della sua vita alla cura dei malati in un ospedale di Madridfino alla sua morte il 23 agosto 2008, all’età di 80 anni, dopo una lunga malattia.
CHIESA
Conseguentemente alle apparizioni iniziarono numerose conversioni.La prima cappella racchiudeva il castagno dove la Vergine si era manifestata. La costruzione della chiesa odierna di grandi proporzioni, è iniziata il 27 maggio 1947. E’ dominata da una statua di Nostra Signora dei Dolori, proprio come l’avevano vista i veggenti ed è un opera dell’artista mariano Don Genaro Gumiel Lazarus,
La curia diocesana di Badajoz, pur permettendo la costruzione del Santuario, non si è ancora pronunciato ufficialmente in merito a questi fatti.
Ogni anno, il 27 maggio è un pellegrinaggio, festoso e religioso, alle molte persone che frequentano l’intera regione e il Portogallo.