Beato Taddeo Dulny

BEATO TADDEO (Tadeusz) DULNY

Seminarista martire (1914-1942) 6 agosto

BEATO TADDEO (Tadeusz) DULNYDurante l’occupazione militare della Polonia, fu deportato per la fede in Cristo nel campo di detenzione di Dachau e, dopo crudeli supplizi, passò alla gloria del cielo.

Nato a Chmielów  in Polonia, l’8 agosto 1914, morto a  Dachau  in Germania il 6 agosto 1942. Il seminario, poi il Lager, e lì dentro la fine. Così si consuma l’esistenza di Taddeo Dulny. È nato in una famiglia numerosa (sei figli e due figlie) della Polonia sudorientale. I suoi primi maestri nella fede sono stati i genitori, Jan e Antonina, che gli hanno poi detto di sì quando ha deciso di entrare nel seminario di Wloclawek, dopo aver compiuto a fatica gli studi ginnasiali a Ostrowiec. Anche in seminario fatica a tenere il passo, ma non si lamenta e non si rassegna. Per i compagni, è quello che non si arrende mai.

Il 1° settembre 1939 incomincia la seconda guerra mondiale: la Polonia viene spartita tra la Germania nazista e la Russia comunista. A fine settembre, Taddeo si presenta tuttavia puntuale al seminario, per il nuovo anno scolastico. Ma il 7 ottobre arriva la polizia nazista e porta via tutti, professori e chierici. Prima tappa, la prigione locale di Wloclawek, per tre mesi. Poi c’è un trasferimento nella cittadina di Lad: li mettono nei locali di un collegio salesiano, con qualche libertà di movimento all’interno; allora si cerca di riprendere i corsi del seminario e Taddeo porta a termine il programma del quinto anno di studi. Tutto precipita però nell’estate 1940. Il 26 agosto, insegnanti e seminaristi vengono portati nel campo di concentramento di Sachsenhausen, vicino a Berlino. Infine, il 15 dicembre, Taddeo e altri vengono portati a Dachau, nell’Alta Baviera.

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Qui c’è il primo Lager nazista, creato già nel 1933. Il campo, derivato dalla ristrutturazione degli edifici e dei terreni di una fabbrica di munizioni in disuso, progettato per sperimentare e mettere a punto le più raffinate tecniche di annientamento fisico e psichico degli avversari politici, cioè degli oppositori del regime, ai quali in un primo tempo quel Lager era dedicato come luogo di “rieducazione politica”. I primi ospiti di Dachau furono funzionari e dirigenti del partito comunista. Poi vennero i socialdemocratici ed i cattolici. Ma se era anche ebreo il trattamento riservatogli era particolarmente brutale.

Nel 1940 vi sono stati portati oltre ottocento sacerdoti e religiosi polacchi. Con loro c’è Taddeo, che sacerdote non è ancora, e così lo ricorda un compagno di deportazione: «Non era uno come tutti gli altri, e questa caratteristica maturò e si suggellò via via: un uomo incredibilmente generoso, che dimenticava sé stesso». È questo il suo nuovo “corso di studi”, il suo programma fino alla morte. Per gli aguzzini, i deportati non sono più uomini con un nome, ma numeri, e lui è il numero 22662. Non è più un futuro prete perché qui nessuno ha un futuro. Esiste solo un presente atroce, e poi la morte.

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Qui i prigionieri venivano stroncati dalla fatica; altri subirono l’inumana pena del bunker, dove molti penarono per mesi se non soccombevano prima incatenati, alimentati con pane ed acqua o costretti a stare in piedi, dentro cubicoli di cm. 60 x 60, senza luce né aria. Questo fu il sistema per eliminare dalla circolazione chi non era gradito al regime nazista.

Dachau fu anche sede di infami esperimenti pseudo-scientifici che avrebbero dovuto far scoprire il modo per salvare la vita ai combattenti del Terzo Reich, ma che costarono la vita a centinaia dei suoi oppositori. Sovraffollato al limite tale che tre persone dovevano dormire in un solo letto, servendosi degli stessi impianti igienici e dividere il poco e pessimo cibo. Qui il chierico Taddeo si realizza: dimenticata la sua persona, fa di sé uno strumento di sollievo per altri. Scopo della sua vita e morte in Dachau è risparmiare ad altri fatica, bastonature, sevizie: è procurare cibo a chi sta morendo di fame.

Colpisce tutti la sua capacità – quasi – di sopravvivere digiunando, per dare la sua razione ad altri. Un testimone: «Elevarsi al di sopra del bisogno di cibo là dove la fame torceva le budella fu un’impresa straordinaria». Un altro: «Taddeo, un ragazzo baciato dal sole. Nelle situazioni più cupe, lui riusciva a raccogliere un raggio della misericordia divina e additarlo agli altri». Un suo compagno di prigionia così ne annota la fine: «Morì di fame. Arso nel crematorio». A 28 anni. Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato nel1999 in Polonia, come martire, con altri 107 uccisi “in odio alla fede” nel 1930-1945.

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Fonte: Dizionario dei santi /http://www.majorana.org/progetti/shoah/dachau.htm