Le Lettere di Chiara d’Assisi ad Agnese di Boemia

Le Lettere di Chiara d’Assisi ad Agnese di Boemia

Non si incontrarono mai, ma il loro scambio epistolare ebbe s. agnese di boemiamodo di testimoniare l’affetto e l’aiuto reciproco che queste due straordinarie donne furono in grado di darsi vicendevolmente.

L’amicizia tra questa figlia della più alta nobiltà di stirpe regale e la più modesta figlia di Favarone di Offreduccio cavaliere di Assisi rappresenta una delle pagine più belle della storia del movimento religioso femminile del XIII secolo. Le due donne non si incontrarono mai. I loro contatti si limitarono allo scambio epistolare, che probabilmente fu più intenso di quanto le quattro lettere conservate testimonino. Eppure, malgrado questa rarefazione di rapporti, non vi è alcun dubbio che la loro amicizia fu determinante non solo per Agnese, ma anche per la stessa Chiara.

NELLA PRIMA LETTERA

s. chiaraQuando Chiara le scrisse la prima lettera (1234), Agnese si era trovata, non molti anni prima, al centro di una contesa matrimoniale tra il re d’Inghilterra Enrico III e lo stesso imperatore Federico II, ma aveva mostrato doti e determinazione non comuni. Riuscirà a realizzare un ospedale e poi di un convento. Prese l’abito di S. Chiara nella Pentecoste del 1234 alla presenza solenne di sette vescovi e tutta la famiglia reale. In questa prima lettere Chiara le si rivolgerà con il “voi” (mentre nelle lettere successive userà un più familiare “tu“). E’ allo stesso tempo una lettera molto rispettosa – come si conviene ad una missiva indirizzata ad una donna, che, seppure più giovane, è di rango sociale tanto elevato – ma anche molto esplicita nel presentare l’ideale di povertà proprio delle comunità di damianite. Ben 16 sui 35 versetti che costituiscono la lettera, infatti, contengono un bell’inno alla povertà.

PRIMA LETTERA DI SANTA CHIARA A SANT’AGNESE DI BOEMIA

Alla venerabile e santissima vergine signora Agnese, figlia dell’eccellentissimo e illustrissimo re di Boemia, Chiara, indegna serva di Gesù Cristo e ancella inutile delle signore rinchiuse del monastero di san Damiano di Assisi, sua suddita in tutto ed ancella, si SorellePovereDiSantaChiara05_250raccomanda in ogni modo con riverenza speciale e augura di ottenere la gloria della felicità eterna.

All’udire la fama della vostra santa condotta di vita, fama che non è giunta solo a me, ma si è sparsa in modo straordinario nel mondo intero, gioisco grandemente nel Signore ed esulto e di ciò non debbo esultare io sola, ma tutti coloro che servono o desiderano servire Gesù Cristo.

Il motivo è questo: mentre avreste potuto più di chiunque altro godere dei fasti, degli onori e del prestigio del mondo, potendo con gloria meravigliosa andare legittimamente in sposa all’illustre Imperatore, come sarebbe stato conveniente alla vostra e sua eccelsa condizione, rigettando tutto ciò avete scelto piuttosto, con tutto l’animo e l’affetto del cuore, la santissima povertà e la penuria corporale, prendendo uno sposo di stirpe più nobile, il Signore Gesù Cristo, che custodirà la vostra verginità sempre immacolata e intatta.Amandolo siete casta, toccandolo sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine; la sua potenza è più forte, la generosità più alta, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni favore più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose e ha messo alle vostre orecchie inestimabili perle, e tutta vi ha avvolta di primaverili e scintillanti gemme e vi ha incoronata con una corona d’oro, incisa col segno della santità.

suoraPerciò sorella carissima, o meglio, signora degna di ogni venerazione, poiché siete sposa e madre e sorella del Signore mio Gesù Cristo, insignita con grande splendore del vessillo della verginità inviolabile e della povertà santissima, rafforzatevi nel santo servizio del Crocifisso povero, che avete intrapreso con ardente desiderio; egli per noi tutti sostenne il supplizio della croce, strappandoci dal potere del principe delle tenebre, da cui eravamo tenuti incatenati per la trasgressione del nostro progenitore, e riconciliandoci con Dio Padre.

O beata povertà, che procura ricchezze eterne a chi l’ama e l’abbraccia! O santa povertà: a chi la possiede e la desidera è promesso da Dio il regno dei cieli ed è senza dubbio concessa gloria eterna e vita beata! O pia povertà, che Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, il quale disse e tutto fu creato, si degnò più di ogni altro di abbracciare! Disse egli infatti: Le volpi hanno le tane egli uccelli del cielo i nidi mentre il Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo, ma chinato il capo rese lo spinto.

Se dunque tanto grande e tale Signore quando venne nel grembo verginale volle apparire nel mondo disprezzato, bisognoso e povero, perché gli uomini, che erano poverissimi e bisognosi e soffrivano l’eccessiva mancanza di nutrimento celeste, fossero resi in lui ricchi col possesso del regno celeste, esultate grandemente e gioite ricolma di immenso gaudio e letizia spirituale; poiché avendo voi preferito il disprezzo del mondo agli onori, la povertà alle ricchezze temporali e nascondere i tesori in cielo più che in terra, là dove né la ruggine consuma, né il tarlo distrugge, né i ladri rovistano e rubano, abbondantissima è la vostra ricompensa nei cieli; con ciò a ragione avete meritato di essere chiamata sorella sposa e madre del Figlio dell’Altissimo Padre e della gloriosa Vergine.gesù - Madonna-del-Rosario-(Prado)_MURILLO

 Voi sapete – lo credo fermamente – che il regno dei cieli è promesso e donato dal Signore solo ai poveri, perché quando si amano le realtà temporali, si perde il frutto della carità e che non si può servire a Dio e a mammona, poiché o si ama l’uno e si odia 1’altro, o si serve 1’uno e si disprezza l’ altro; sapete pure che un uomo vestito non può lottare con uno nudo, perché più presto è gettato a terra chi ha dove essere afferrato e che non si può stare con gloria nel mondo e regnare lassù con Cristo. E poiché potrà prima passare un cammello per la cruna di un ago che un ricco salire al regno celeste, avete gettato via le vesti, cioè le ricchezze temporali, per non soccombere in nulla all’avversario nella lotta ed entrare per la via stretta e la porta angusta nel regno dei cieli.

Grande davvero e lodevole scambio: lasciare ì beni temporali per quelli eterni, meritare i celesti al posto dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata senza fine.

Perciò ho ritenuto di supplicare la eccellenza e santità vostra, per quanto posso, con umili preghiere nelle viscere dì Cristo, perché vogliate rafforzarvi nel suo santo servizio, crescendo di bene in meglio di virtù in virtù, affinché Colui che servitecon tutto il desiderio dello spirito si degni di elargirvi i premi sospirati.

Vi prego anche nel Signore, come posso, di tener presenti nelle vostre santissime orazioni me vostra serva sebbene inutile e tutte le altre sorelle, a voi devote, che dimorano con me nel monastero: con il loro soccorso possiamo meritare la misericordia di Gesù Cristo, per godere insieme con voi dell’eterna visione. State bene nel Signore e pregate per me.” 

NELLA SECONDA LETTERA

lettera (2)Pochi mesi dopo la sua entrata in monastero Agnese aveva ottenuto dal papa Gregorio IX una bolla con la quale la Sede Apostolica si assumeva la proprietà dell’Ospedale e del monastero da lei fondato. Era il primo passo della giovane principessa verso una vita di assoluta povertà. In seguito, per meglio uniformarsi allo spirito di San Damiano, Agnese chiese al papa di poter seguire anche a Praga la forma di vita che Francesco aveva composto per Chiara e per le sue compagne. Gregorio IX si rifiutò, preferendole la Regola di Benedetto con l’aggiunta delle Costituzioni da lui stesso preparate quando ancora era cardinale. La seconda delle lettere conservate va collocata nel tempo intermedio tra la richiesta di Agnese (della quale probabilmente Chiara era a conoscenza) e la risposta del pontefice, in ogni caso dunque prima del 1238.

Tutto il contenuto, a cominciare dal saluto iniziale in cui Chiara augura “salutem et semper in summa vivere paupertate“, è centrato sul tema della povertà, cui sono dedicati ben 24 versetti sui 26 complessivi. Il passaggio più controverso è quello riferito ad Elia, verso il quale Chiara mostra di avere grande rispetto e considerazione.

TUTTA LA SECONDA LETTERA 

NELLA TERZA LETTERA
s.agnese di boemiaAnche la terza lettera deve essere stata scritta più o meno nello stesso periodo della seconda. Questa volta però Chiara risponde ad un preciso quesito di Agnese riguardo al digiuno e lo fa sotto l’autorità di uno scritto che Francesco stesso avrebbe lasciato per le sorores di San Damiano (che purtroppo è andato perduto). Emerge dalla lettera il desiderio grande di Agnese di conformarsi in tutto alle consuetudini di vita di Chiara e delle sue sorores e, al tempo stesso, la gioia di quest’ultima nel percepire tale determinazione di Agnese, al punto che non esita a dire: “per usare propriamente le parole dell’Apostolo stesso, ti considero adiutrice di Dio stesso e colei che solleva le membra cadenti del suo corpo ineffabile“. Qui il riferimento è a 1 Cor. 3,9 e Rm. 16,3 laddove Paolo attribuisce il titolo di “collaboratore di Dio” allo stesso ministero apostolico. Il ragionamento di Chiara appare quanto mai forte: Agnese, rinunciando a vanità e superbia ed abbracciando umiltà e povertà può essere considerata al pari degli apostoli. E’ forse la prima volta, nella storia della Chiesa, che un tale titolo viene applicato al femminile.

TUTTA LA TERZA LETTERA
NELLA QUARTA LETTERA

L’ultima lettera ad Agnese si riferisce invece agli ultimi tempi della vita di Chiara. Tra la prima e l’ultima sono passati dunque circa vent’anni, durante i quali l’amicizia tra le due donne, così lontane eppure così vicine, si è andata rafforzando. Non sempre la corrispondenza è stata serrata come avrebbero desiderato le due protagoniste, e di lettera2questo Chiara si scusa nell’inizio della lettera, dicendo: “non credere in alcun modo che l’incendio della carità verso di te arda meno soavemente nelle viscere di tua madre. Questo è l’impedimento: la mancanza di messaggeri e i manifesti pericoli delle strade“.

Quest’ultima missiva è quasi un testamento spirituale: sono predominanti i temi del martirio e delle nozze mistiche, che ricevono una luce particolare dalla circostanza che Chiara sente prossima la sua morte e quindi il suo incontro con il Signore. E’ per questo stesso motivo che questa lettera è anche lo scritto di Chiara con il più alto numero di citazioni del Cantico dei Cantici. La conclusione segna forse l’apice del sentimento affettuoso di Chiara verso Agnese: “O figlia benedetta, poiché la dilezione che ho verso di te in alcun modo si potrebbe esprimere più pienamente con lingua carnale, ciò che ti ho scritto incompiutamente, ti prego di accoglierlo benignamente e devotamente, badando in esso almeno all’affetto materno, del cui ardore di carità ogni giorno ardo per te e per le figlie tue, alle quali raccomanda molto me e le mie figlie in Cristo“.

TUTTA LA QUARTA LETTERA

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Fonti: http://perstorie-eieten.blogspot.it/2011/11/interessante-carteggio-tra-due-mistiche.html / http://www.ilsantovangelo.it/Chiara/1LAg.pdf / http://www.assisisantachiara.it/santa-chiara/gli-scritti-di-s-chiara/