SANTA CATERINA DA SIENA

Santa CATERINA da SIENA

dottore della Chiesa, patrona d’Italia e d’Europa

[1347-1380] 29 Aprile

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Si lasciava ispirare dallo Spirito Santo: “…più conosciamo e comprendiamo Dio, più vediamo come sia «pazzo d’amore per noi», e più desideriamo ricambiare il suo amore…” Rimproverò apertamente e aspramente la lussuria e la rilassatezza della Chiesa, e imitando il suo amato Gesù dette tutta se stessa per lei.

Caterina di Giacomo Benincasa nacque nel 1347 nel rione Fontebranda di Siena, ventiquattresima dei venticinque figli di Giacomo di Benincasa e Lapa di Nuccio Piagenti; la sua gemella mori poco dopo la nascitaIl padre era un ricco tintore di pelli e si riporta che da lui Caterina ereditò la devozione e l’interesse nel prendersi cura degli altri, mentre dalla madre prese l’energia e la determinazione. È difficile riuscire a distinguere nei racconti sulla sua infanzia la verità dalle leggende pie ma, a quanto risulta, era una bambina vivace, amichevole e devotaA sei anni ebbe quella che in seguito descrisse come una visione di Nostro Signore vestito in abiti papali, seduto su un trono sopra la chiesa domenicana locale e circondato da santi, che le sorrideva e la benediceva, senza però dirle nulla. Qualunque fosse la vera natura di tale visione, sembra che servì a confermare la decisione di Caterina di dedicarsi interamente a Dio. Fece voto di verginità e quando, nel 1362, morì improvvisamente la sua sorella preferita, cominciò una vita di penitenza e preghiera.

VIDEO STORIA

1a parte – 2a parte

4santa Caterina da Siena4Sua madre tentò di convincerla a sposarsi ma Caterina rifiutò, tagliandosi anche i capelli corti in modo da apparire meno attraente. Seguirono lunghe
discussioni con i genitori
 e sembra che Caterina fu ridotta alla condizione di serva a causa del suo ostinato rifiuto di realizzare i loro desideri. L’anno successivo morì un’altra sorella, la più piccola, e Caterina intraprese un digiuno che, in un modo o nell’altro, avrebbe continuato per tutta la vita, cibandosi solo di pane, verdure crude e acqua.

Nello stesso periodo si sentì attratta dalle mantellate, un gruppo di donne devote facenti parte del Terz’ordine domenicano che indossavano l’abito domenicano pur continuando a vivere a casa propria. Gran parte erano vedove e si dedicavano soprattutto a opere di carità a favore dei poveri della città; non furono però troppo accondiscendenti nei confronti di una ragazzina che sembrava affatto introversa ed eccessivamente devota. Caterina, comunque, fu tenace e nel 1365 fu accolta nel gruppo. Nei tre anni seguenti visse in casa in solitudine, parlando pochissimo e dedicando tutto il tempo che riusciva alla preghiera.

A ventun’anni la sua vita spirituale era già cresciuta tanto in intensità da avere sperimentato quello che più tardi descriverà come lo sposalizio mistico con Cristo; si sentì anche chiamata ad abbandonare completamente la vita di solitudine per divenire attiva nel mondo: fu come se i tre anni fossero stati un lungo inconsapevole noviziato che la preparò alla vita pubblica che la attendeva. Tale vocazione, a ogni modo, non le fu da principio molto gradita, poiché l’unione spirituale che aveva raggiunto le sembrava un risultato insuperabile («Essere sola con il Solo» come ebbe a dire) e le pareva di contraddire lo sposalizio di cui aveva appena avuto esperienza: «Perché, 4santa Caterina da Sienadolce sposo, mi stai allontanando da te?» si lamentò. Non vedeva, infatti, ancora quella relazione tra l’amare Dio e le attività estreme che, poi, diverrà pietra angolare della sua dottrina. Una volta, però, compreso «il tenero volere di Dio», il suo nuovo apostolato fu infiammato dall’amore per lui e questo fu così intenso che la condusse a farsi coinvolgere dal prossimo per diffondere il messaggio dell’amore di Dio verso gli uomini e il dovere da parte loro di ricambiarlo allo stesso modo.

La dignità di ogni persona, creata e desiderata da Dio e redenta dalla morte di Gesù, fu alla base della preoccupazione di Caterina di aiutare gli altri materialmente e spiritualmente. Possedeva un forte senso della società come di una comunità tenuta insieme dai lacci della carità e che aiutava i propri membri ad amare Dio per sempre. Durante la carestia del 1370 e la peste del 1374 spese tutte le sue energie nell’aiutare i malati e i morenti, vivendo allo stesso tempo intense esperienze mistiche e aumentando il digiuno, al punto che dal 1372 in poi trovò difficile assumere cibi solidi e spesso rimetteva ciò che aveva provato ad assaggiare.

IL FILM

(Io Caterina, il film di Santa Caterina da Siena)  

Non vi era niente di inusuale, naturalmente, nel fatto che una donna intraprendesse opere di carità, ma Caterina dovette affrontare una grave opposizione quando iniziò a predicare, a svolgere cioè un ministero tipicamente maschile. Lei stessa si era opposta a Dio quando si era sentita chiamata a un tale ministero: «La mia stessa condizione di donna, e non c’è bisogno che te lo dica, pone molti ostacoli su questa strada. Il mondo non è abituato a donne che compiano lavori di questo genere e il decoro proibisce a una donna di intrattenersi tanto liberamente in compagnia degli uomini» {LegendaMaior, citato in Fatala).

B. Raimondo da Capua (5 ott.), suo confessore e primo biografo, traccia un chiaro parallelo tra la scelta operata da Dio su donne come Caterina e quella di Gesù su apostoli illetterati: tutti dovevano servire ad umiliare l’orgoglio degli uomini, «in 4santa Caterina da Siena8special modo l’orgoglio di coloro che si reputano saggi e sapienti». Aggiunge che se gli uomini avessero ascoltato con umiltà «accogliendo e dando importanza, con tutta la sottomissione dovuta, alle donne» inviate da Dio, la Chiesa ne avrebbe tratto grande beneficio. Raimondo, infatti, racconta che molte centinaia di persone si radunavano dalle aree collinari e rurali circostanti Siena solo per vederla e sentirla e «quando la sentivano o anche solo riuscivano a vederla, i loro cuori ne erano commossi». Si convertivano in tale numero che egli non riusciva a confessarli tuttiper cui ottenne un permesso papale affinché tre confessori la seguissero nelle sue missioni di predicazione.

Quando le autorità civili ed ecclesiastiche tentarono di interrompere la sua attività, Caterina trasse ispirazione dagli apostoli e da S. Domenico (8 ago.), «appassionati annunciatori della parola di Dio, che portavano Gesù nel cuore e pronunciavano il suo nome come fuoco sulle labbra», come scrisse in una lettera a un sacerdote. La determinazione nel continuare a predicare appare chiara in una lettera inviata alle autorità senesi: «Mi sacrificherei mille volte se avessi abbastanza vite […]. Andrò e farò ciò che lo Spirito Santo mi ispira». Caterina era guidata in tal modo dalla comprensione dell’amore di Dio da rifiutare di riconoscere qualunque convenzione umana o altro ostacolo incontrasse sulla propria strada. La relazione esistente tra l’amore di Dio e il desiderio di diffonderlo le era divenuta così chiara e così essenziale nella sua mente da non permetterle di comportarsi in maniera differente: più conosciamo e comprendiamo Dio, più vediamo come sia «pazzo d’amore per noi», e più desideriamo ricambiare il suo amore.

C’è un passaggio ne II Dialogo nel quale Gesù parla così a Caterina:4santa Caterina da Siena7

«Devi amare gli altri con lo stesso amore puro col quale io ti amo. Ma non puoi farlo per me perché io ti amo senza essere amato da te […] e tu non puoi ripagarmi. Devi dare questo amore agli altri, amandoli senza essere riamata da loro. Devi amarli senza preoccuparti del tuo guadagno spirituale o materiale, ma solo a gloria e lode del mio nome, perché io li amo».

Dal momento in cui comprese ciò, «le preghiere più intensamente intime di Caterina culminavano costantemente e repentinamente nel comando di andare verso gli altri per essere loro compagna e per servirli […]. La nostra relazione d’amore con Dio non può basarsi soltanto sull’intimità e l’unione, ma deve dirigersi all’esterno come Dio si volge verso l’umanità attraverso Gesù fino, come Caterina non si stanca mai di dire, ‘al punto di morire’» (Noffke).

Secondo Caterina, i nostri sforzi per rispondere all’amore di Dio conducono a due risultati: si desidera vivere secondo la sua verità (per Caterina Dio è sempre «la prima dolce verità») e si rimane disponibili a essere guidati dal suo amore, nella persona dello Spirito Santo. La sofferenza e la morte di persone a causa della povertà erano un esempio di contraddizione della divina verità, poiché era testimonianza di come alcuni esseri umani non condividessero l’amore di Dio per gli uomini, anzi si amassero egoisticamente. Per questo lei doveva agire. La condizione della Chiesa a quei tempi rappresentava un’altra contraddizione, perché non era come avrebbe dovuto essere la sposa di Cristo, per cui Caterina sentiva che doveva agire.

4Santa_Caterina_spineNel 1374 visitò Firenze e fu convocata a rispondere di sospetti circa l’eterodossia, se non l’eresia, delle sue omelie, accuse che sarebbero state mosse per invidia di fronte al successo della sua predicazione. È più probabile, invece, che Caterina scorgesse in questa visita un’opportunità per svolgere la sua missione, conoscendo il suo desiderio di riformare la vita clericale e di convincere i domenicani a conformarsi maggiormente al loro santo fondatore. Un importante risultato raggiunto, di fatti, fu la nomina ufficiale di Raimondo di Capua a suo direttore spirituale; questi era un capace teologo e una figura rispettata e si sviluppò tra i due un’amicizia sincera. L’anno seguente Caterina si recò a Pisa, nel tentativo di convincere i governanti di questa città e quelli della vicina Lucca a non entrare nella lega antipapale, ingresso che avrebbe provocato una guerra in Italia.

Mentre si trovava a Pisa, ricevette le stigmateche solo lei poteva vedere e che chiese a Dio le fossero sempre mantenute. Verso la fine del 1375 Caterina era nuovamente a Siena, dove assistè un giovane prigioniero politico, Niccolò di Toldo, che attendeva di essere giustiziato. In una lettera profondamente commovente descrisse come aveva convinto il prigioniero a ricevere la comunione, inginocchiandosi con lui vicino al ceppo per confortarlo e come aveva raccolto tra le mani la testadecapitata; aggiungeva inoltre: «Rimasi sulla terra con un’enorme invidia!».

Scrisse in una lettera a papa Gregorio XI: «Che vergogna! Dovrebbero essere specchio della povertà liberamente scelta, agnelli umili, donare i possedimenti della Chiesa ai poveri. Invece eccoli, vivono nella lussuria, nell’ambizione e nella vanità 4santa Caterina da Siena5pretenziosa del mondo mille volte peggio che se appartenessero al mondo! Di fatto, molti laici li fanno vergognare con le loro buone e sante vite».

Nel Dialogo attaccava i vescovi perché ordinavano «ragazzini invece di uomini maturi, “idioti che a malapena sapevano leggere e non erano in grado di pregare l’Ufficio divino”, ignoranti di latino e persino non in grado di pronunciare le parole della consacrazione. Considerano indegno per loro visitare i poveri; rimangono a guardare mentre altri muoiono di fame, rifiutandosi di sollevare un dito per aiutarli» (Fatula).

Caterina sapeva che nessuna riforma duratura della Chiesa poteva avvenire senza il coinvolgimento e la direzione dei papi. A quel tempo essi godevano di scarso prestigio poiché dal 1309 vivevano in Francia e si pensava fossero sotto il completo controllo francese. Gregorio aveva già deciso di tornare a Roma e le pressioni di Caterina probabilmente non servirono ad altro che a confermare la sua risoluzione e assicurare che abbreviasse i tempi. Nel settembre del 1376, il papa partì per Roma e, separatamente, Caterina tornò a Siena, dove fondò un convento per suore di clausura dedite alla preghiera per la Chiesa.

L’anno 1377, relativamente tranquillo per lei, lo passò in gran parte a Rocca d’Orcia, a circa trenta chilometri dalla città, predicando alla gente e provando a riportare la pace tra le famiglie feudali locali. In questo periodo imparò a scrivere (fino ad allora le sue lettere erano state tutte dettate) e cominciò a lavorare al Dialogo, basato su una profonda esperienza mistica 4santa.caterina.pittore.senesedurante la quale Dio le domandò di offrire la sua vita per la Chiesa sofferenteIl papa le ordinò poi di andare a Firenze nel tentativo di portare la pace tra lui e la città; di nuovo la sua ingenuità e la sua fiducia permisero ai fiorentini di approfittare di lei per i propri fini politici. Gregorio morì nel marzo 1378 e, nei disordini che seguirono l’elezione di Urbano VI, Caterina fu quasi uccisa dal partito antipapale. Si dispiacque, in seguito, di avere mancato per così poco il martirio in favore della Chiesa.

Una fazione potente si opponeva ora a Urbano e nel 1378 fu eletto un antipapa, dando origine al Grande Scisma che avrebbe diviso la Chiesa e l’Europa occidentale fino al 1417. La riforma sembrava più lontana che mai e Caterina cominciò a sentirsi responsabile per non essere ancora riuscita a realizzarla: se solo avesse digiunato di più e pregato più intensamente, Dio le avrebbe sicuramente accordato ciò che desiderava. Diede la colpa ai suoi «molti peccati» per l’opposizione trovata da Urbano, e il desiderio di fare qualcosa per migliorare la situazione divenne urgente e pressante.

Urbano la convocò, perché l’aiutasse nella sua causa, a Roma, dove essa fondò una comunità di uomini e di donne che l’avevano seguita ed erano diventati la sua “famiglia”. Il papa, a ogni modo, non aveva nessuna intenzione di darle sostegno e persino i suoi amici sembravano volerla abbandonare.

Se non  poteva persuadere le persone con lettere e implorazioni, poteva almeno offrirsi per persuadere Dio a salvare la Chiesa. Dall’inizio di gennaio 1380 si rifiutò persino di bere, e alla fine dello stesso mese era già vittima di un completo crollo fisico e aveva avuto episodi di convulsioni e coma.  Abbandonò il digiuno completo e nella prima parte della Quaresima fu in grado di trascinarsi a S. Pietro per la Messa 4santa Caterina da Siena1quotidiana, ma verso la fine di febbraio perse l’uso delle gambe a causa di una paralisi. Scrisse a Raimondo dicendo: «La mia vita è consumata e spesa per questa dolce Sposa: io per questa strada e i gloriosi martiri col sangue»; sentì che il Signore prendeva il «vaso» del suo corpo e lo «rimodellava» nella donazione di sé per la Chiesa. Durante questo periodo appariva a chi le stava intorno come se stesse combattendo con i “demoni” che beffeggiavano il suo fallimento e insinuavano che per tutto il tempo aveva perseguito il proprio volere e non quello di Dio.

Morì il 29 aprile all’età di trentatré anni. A livello popolare il culto di Caterina si diffuse immediatamente dopo la sua morte e fu promosso dai suoi discepoli e dai domenicani, che commissionarono e distribuirono sue immagini e iniziarono a celebrare la sua festa il 29 aprile con il permesso di Raimondo di Capua, divenuto nel frattempo maestro generale dell’ordine.

Fu sepolta nel cimitero di Minerva, a Roma, e la suatomba divenne presto meta di pellegrinaggio. Il corpo fu poi trasferito nella chiesa di S. Maria sopra Minerva, dove è conservato in un reliquiario sotto l’altare maggiore, sebbene abbia dovuto patire, secondo l’usanza medievale, l’oltraggio di venire in parte smembrato per la divisione delle reliquie. A ciò partecipò tra gli altri Raimondo stesso, responsabile di avere fatto portare la testa della santa a Siena, dove è tuttora venerata. Raimondo terminò la Vita, la Legenda Maior, nel 1395, una biografia attentamente curata e intesa a sostenere la causa di canonizzazione di Caterina.

Può apparire ironico il fatto che questa fu bloccata dalle stesse divisioni ecclesiali che ella aveva provato a sanare e 4santa Caterina da Siena6non avvenne fino al 1461 sotto il papa senese Pio II . Nel 1939 fu dichiarata da Pio XII patrona principale di Italia assieme a S. Francesco d’Assisi (4 ott.).

Nel 1970 è stata poi nominata dottore della Chiesa (titolo fino allora mai assegnato a un laico e tanto meno a una donna), e l ’1 ottobre 1999 co-patrona d’Europa; il Motu proprio di Giovanni Paolo II la mette, con Brigida di Svezia (23 lug.) ed Edith Stein (9 ago.), alla pari per numero e qualifica ai tre santi che già avevano quel titolo, Benedetto (11 lug.), Cirillo e Metodio (14 feb.) A questi insigni testimoni di Cristo ho voluto affiancare altrettante figure femminili, anche per sottolineare il grande ruolo che le donne hanno avuto e hanno nella storia ecclesiale e civile del continente.

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3 thoughts on “SANTA CATERINA DA SIENA

  1. Grazie S.Caterina,infondi in noi lo Spirito delle beatitudini,rendimi capace di amare come hai saputo fare tu e non in ultimo aiuta la mia mamma…in quel disagio che la mortifica.Grazia S.Caterina perche’so che mi ascolti.Ti stringo al cuore come un figlio!Giovanni

  2. Mi unisco alla tua preghiera Giovanni e che il Signore ti sostenga sempre in questa difficile prova!

  3. Caterina, mia cara vecchia amica, ci siamo incontrati, più volte, a Roma, nella Chiesa di santa Maria sopra Minerva e a Siena nella Chiesa di san Domenico e persino,sempre a Siena, nella tua abitazione, in via del Tiratoio,8. Ho bisogno di pregare con te per la mia famiglia. La mia supplica, certamente, è ascoltata dall’Altissimo ma se, mi accompagni, con la tua immensa spiritualità, te ne sono grato!
    Ti voglio Bene!
    Giovanni

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