SAN EFREM

SAN EFREM

dottore della Chiesa (ca. 300-373) 9 giugno

Durante la sua vita divenne famoso come abile oratore, maestro, SAN EFREM.3poeta, commentatore e difensore della fede. Efrem è l’unico padre siriaco ad aver ricevuto il titolo di dottore della Chiesa. I siriaci, sia cattolici che ortodossi, gli hanno dato l’appellativo di “arpa dello Spirito Santo“, e utilizzano i suoi inni e le sue composizioni poetiche nella liturgia.

Basilio di Cesarea (2 gen.) lo descrive come «uno che ha dimestichezza con tutto ciò che è vero», e Girolamo (30 set.) lo pone in una lista di grandi scrittori cristiani; «Efrem, diacono della Chiesa di Edessa, compose molti scritti nella lingua siriaca e raggiunse tale prestigio che in certe chiese, dopo la lettura della Bibbia, si leggevano pubblicamente le sue opere. Ho letto in greco la sua opera sullo Spirito Santo [N.d.C. che purtroppo non è giunta ai giorni nostri], tradotta dal siriaco, e anche solo nella versione ho potuto ammirare l’acutezza e la sublimità del suo ingegno». Benché il cardinale Roberto Bellarmino (17 set.), un altro grande dottore della Chiesa, lo consideri «più devoto che studioso», l’intuito spirituale di Efrem in molti dei suoi componimenti ha arricchito grandemente l’intera tradizione cristiana.

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Nacque intorno all’anno 306 a Nisibi in Mesopotamia, allora sotto il dominio di Roma; dei suoi primi anni abbiamo due racconti: uno, che in una certa misura potrebbe SAN EFREM.2venire da lui, afferma che era figlio di genitori cristiani e «parente di martiri»;nell’altro si dice che il padre e la madre si opponevano alla fede cristiana e lo scacciarono da casa. Si sa che ricevette il battesimo all’età di diciotto anni e si legò al vescovo Giacomo di Nisibi (15 Ing.); si dice che lo accompagnò al concilio di Nicea del 325.

Efrem divenne direttore della scuola teologica, lavorando a strettocontatto con il vescovo Giacomo e i suoi due successori. In questo periodo i persiani posero per tre volte l’assedio alla città, e in alcuni dei suoi inni nisibeni, Carmina Nisibena, ci sono descrizioni dell’assedio e della messa in rotta finale dei nemici nel 350. Tredici anni più tardi la città venne ceduta ai persiani, all’interno delle trattative di pace tra questi e l’imperatore Gioviano. I cristiani abbandonarono la città ed Efrem si ritirò in una grotta di un dirupo che guardava su Edessa. Qui condusse una vita austera nutrendosi solo di un po’ di pane d’orzo e di qualche verdura. E in questo periodo che scrisse gran parte delle sue opere spirituali.

Sant_Efrem_GViene descritto piccolo di statura, calvo, senza barba, con una pelle raggrinzita e secca come un frammento di vaso. Il suo abito era rappezzato e del colore della spazzaturapiangeva molto e non rideva mai. Benché la grotta fosse la sua casa non era un recluso, ed esercitò una grande influenza sulla città di Edessa, dove di frequente predicava con grande eloquenza: quando parlò della seconda venuta del Cristo e del giudizio finale i lamenti dei suoi uditori quasi sommersero le sue parole.

Tra i suoi scopi principale era l’opposizione alla dottrina gnostica della setta dei seguaci di Bardesane. Forse proprio da loro aveva assunto uno dei metodi di propaganda più efficaci per la Chiesa: diffondere l’insegnamento con canti popolari. Efrem riconobbe il grande valore del canto nella liturgia. Imitò la tattica degli avversari scrivendo in modo che le sue composizioni potessero essere cantate e per questo scopo costituì un coro di fanciulle e di vergini per l’esecuzione dei suoi inni in chiesa.

SAN EFREM.1Sembra sia stata questa l’origine degli inni composti appositamente per il canto e diventati parte regolare della liturgia e strumenti efficaci per la catechesi. Solo nell’ultima parte della sua vita divenne diacono; è molto dubbio che sia stato ordinato prete, benché alcuni passi dei suoi scritti lo possano suggerire. Intorno al 370 si recò da Edessa a Cesarea per incontrare S. Basilio Magno. Quest’incontro è menzionato nei suoi scritti e in quelli del fratello di Basilio, Gregorio di Nissa (10 gen.), che fu molto colpito da Efrem.

L’ultima volta che Efrem fu coinvolto in avvenimenti pubblici fu nell’inverno tra il 372 e il 373, poco prima della sua morte, quando ci fu una grande carestia a Edessa e nei dintorni. Molti uomini ricchi dotati di granai ben forniti si rifiutavano di aiutare le persone affamate perché nessuno garantiva loro che ci sarebbe stata un’equa distribuzione. Efrem si offrì allora di farsi garante della distribuzione: la cosa fu accettata, ed egli maneggiò grandi quantità di cibo e denaro, e organizzò un servizio di soccorso per gli ammalati. Ricevette molte lodi per la sua opera. Dopo questa grande impresa ritornò alla sua grotta dove morì solo un anno dopo. La data della sua morte (9 giugno 373) ci è attestata dalla Cronaca di Edessa e da fonti autorevoli, benché alcuni autori affermino che sia vissuto fino al 378 o 379.

SAN EFREMFu un scrittore prolifico: delle sue opere a noi pervenute alcune sono nell’originale siriaco e altre in traduzioni greche, latine e armene. Quasi tutte, a parte i commentari, sono in poesia: tra i poemi più interessanti ci sono i Carmina Nisibena (sono pervenuti a noi settantadue dei settantasette da lui scritti) e numerosi inni per i tempi liturgici, ancora in uso nelle Chiese siriache. Ha commentato quasi tutto l’Antico Testamento e molto del Nuovo, e ha conosciuto i Vangeli attraverso il Diatessaron(che attualmente abbiamo nella versione armena; un frammento in greco è stato scoperto in Mesopotamia), un tentativo di Taziano di far confluire in un solo testo iquattro Evangeli.

Sebbene sappiamo assai poco della vita di Efrem i suoi scritti ci mostrano una notevole capacità di penetrare i grandi misteri delle sofferenze del Cristo e della redenzione del mondo operata dalla sua morte di croce. Per esempio, scrive della «stanza al piano superiore» dove si svolse l’Ultima Cena:

Oh luogo benedetto! Nessun uomo ha visto o potrà vedere le cose che tu hai visto. In te il Signore stesso divenne vero altare, sacerdote, pane e calice di salvezza. Egli è l’unico bastevole, nessuno è bastevole per lui. È altare e agnello, vittima e colui che offre il sacrificio, sacerdote e anche cibo.

In una meditazione sul Cristo flagellato alla colonna mette in contrasto la mancanza di aiuto per la vittima e la divina onnipotenza:

Il cielo e la terra sono sgomenti nel vedere colui che agita la barra di fuoco percosso dai flagelli; nel vedere colui che distese su tutta la terra il velo dei cieli e che pose le fondamenta dei monti, che ha disposto la terra sulle acque, ha fatto brillare il fulmine, ora battuto da individui infami ad una colonna che ha creato con la sua parola… La colonna dell’ignominia fu abbracciata da chi sostiene i cieli e la terra in tutto il loro splendore. Cani selvaggi latrano contro il S.EfremSignore che con il suo tuono scuote le montagne, digrignano i denti contro il Figlio della Gloria.

Nello scritto conosciuto con il nome II Testamento di S. Efrem egli parla ai suoi amici e discepoli con un linguaggio di profonda umiltà del suo avvicinarsi alla morte:

Quanto a me, scortatemi solo con le vostre preghiere.Offrite il vostro incenso a Dio, e su di me cantate inni. Invece di profumi e spezie fate memoria di me nelle vostre intercessioni… Perché il morto trova veramente soccorso dai sacrifici offerti dai viventi.

Le sue opere furono tradotte in latino solo dal 1730 in poi, e sono arrivate in Occidente molto lentamente. Efrem fu dichiarato dottore della Chiesa da Benedetto XV nel 1920. 

Fonteil primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

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