Paul Bourget

PAUL BOURGET

Laico (1852 – 1935) 25 dicembre

Uno scrittore alla ricerca della verità e il suo approdo alla fede sincera. Una massima che ha fatto il giro del modo: “Bisogna vivere come si pensa, se no, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto“.

Paul Bourget nasce ad Amiens, nella Francia Settentrionale, il 2 settembre 1852. Il padre è un matematico. Frequenta il liceo parigino Sainte-Barbe dove, incoraggiato dal suo professore di retorica.

Bourget assimila disordinatamente tutte le tendenze in voga nella Francia del tempo. I positivisti che stimolano in lui quel fondo di razionalità che appartiene forse all’eredità paterna, mentre i decadenti e i romantici esercitano su di lui un’attrazione fatale, che sa di peccato, di colpa, ma anche — e il giovane poeta lo scoprirà presto — di redenzione. Queste letture provocano una crisi spirituale che lo allontana dalla fede e lo spinge su posizioni di scetticismo.

Allo scoppio della guerra franco-prussiana (1870-1871) si rifugia a Chambéry, nella Savoia, quindi l’armistizio lo riconduce a Parigi, dove vive la tragica vicenda della Comune, simpatizzando per i rivoluzionari. Riprende gli studi al liceo Louis-le-Grand e nel 1872 consegue la licenza in lettere. Dopo una breve esperienza didattica comincia a scrivere versi e novelle e collabora a giornali e a riviste d’avanguardia, dove pubblica articoli di critica letteraria, enunciando le sue prime riserve nei confronti del romanzo naturalista, al quale rimprovera l’incapacità di comprendere e di descrivere le passioni e i sentimenti.

Esordisce nel campo della lirica con alcune raccolte di versi.  Rivela quindi un’attitudine all’indagine psicologica, che eserciteranno un notevole influsso sui giovani del tempo. Alla critica tornerà volentieri in età più avanzata.

Con grande acume Bourget traccia il profilo di Stendhal (Marie -Henri Beyle, 1783-1842), di Honoré de Balzac (1799-1850), di Renan e di Henri-Frédéric Amiel (1821-1881), studiando i costumi di una società attraverso l’analisi psicologica di uno o più personaggi e delle ragioni profonde che hanno contribuito a orientarne scelte e comportamenti. 

Bourget inizia quindi la sua attività di romanziere psicologico, in contrapposizione al naturalismo di Émile Zola (1840-1902), incontrando il favore del pubblico, non soltanto francese. Queste opere contribuiscono a creare intorno allo scrittore la fama di delicato indagatore degli stati d’animo e del disagio spirituale della sua generazione, che ritiene diffuso soprattutto nell’aristocrazia e nell’alta borghesia e le cui cause sono oggetto delle sue appassionate ricerche.

Solo pochi osservatori si rendono conto del mutamento radicale che si sta verificando nella sua narrativa. L’attenzione costante alla vita di coppia, al matrimonio, al conflitto fra generazioni, all’adulterio con l’inevitabile “coda” del divorzio, che sono ancora gl’ingredienti delle sue storie, favoriscono in lui una progressiva consapevolezza della fragilità della società moderna: una società costruita senza il cemento della fede, senza quelle élite aristocratiche che ne costituiscono la struttura portante e senza le fondamenta di una tradizione millenaria, che la Francia laicista della III Repubblica (1870-1945) non riconosce più come propria. Bourget affronta la crisi, ponendo sul banco degli accusati i “cattivi maestri“.

Nasce così Le disciple, del 1889, che narra la storia di Robert Greslou e del suo maestro Adrien Sixte, “il grande negatore” di Dio e della libertà umana, l’intellettuale che, in nome della scienza, ha ridicolizzato le leggi morali che governano la società. Quando Greslou, dopo aver disonorato e ucciso l’allieva di cui era il precettore, e aver tentato inutilmente il suicidio, scrive dal carcere al proprio maestro, rivendicando la liceità di un comportamento che trovava giustificazione nell’insegnamento dello stesso Sixte, l’opinione pubblica francese è percorsa da un fremito. Perfino i maître à penser più indiscussi si rendono conto che il mondo sta cambiando e che una nuova temperie spirituale si va diffondendo in Europa. Per Bourget non è ancora la conversione, ma è certamente il ricupero della fede.

Le disciple assume un valore particolare anche perché nella Prefazione si delinea un primo atteggiamento critico verso le forme politiche del momento e verso le dottrine democratiche e populiste. In quelle pagine egli ammonisce i giovani a guardarsi dai falsi maestri e dai politicanti.

Nell’agosto del 1890 Bourget sposa Minnie David, figlia di un armatore fiammingo, che introduce nella sua vita un po’ di tranquillità, e nel 1891 pubblica Sensations d’Italie, scritto nel corso del viaggio di nozze. Il 1894 è l’anno della sua elezione all’Académie Française e anche l’anno in cui scoppia il caso di Alfred Dreyfus (1859-1935) — un ufficiale francese di famiglia ebraica condannato alla deportazione per alto tradimento —, che lo coinvolge nelle sue imprevedibili implicazioni. Quando, nel 1898, Zola scaglia contro la Francia monarchica e cattolica il suo J’accuse, autentico spartiacque che per tutto il Novecento dividerà i difensori della tradizione dai propugnatori del radicalismo massonico e rivoluzionario, la scelta di Bourget è immediata. Al di là di ogni atteggiamento antisemita, che gli è profondamente estraneo, egli sceglie il Trono e l’Altare, schierandosi contro i sostenitori di Dreyfus, nemici della religione e sovvertitori dell’ordine sociale. L’affaire affretta la sua conversione religiosa, che si compie formalmente il 21 luglio 1901 con il ritorno ai sacramenti  dichiarandosi decisamente favorevole alla restaurazione del regime monarchico.

Pubblica quindi i quattro romanzi “cattolici”, L’Étape, nel 1902, Un divorce, nel 1904 — che affronta e sostiene con calda eloquenza il tema dell’indissolubilità del matrimonio.

I suoi ultimi romanzi, Il senso della morte, del 1915, e I nostri atti ci seguono, del 1927, propongono ancora una volta l’appassionata contesa fra fede e modernità e mostrano come Bourget, formatosi nella cultura di fine Ottocento, affronti problemi di estrema attualità come l’insorgere dei totalitarismi e l’avvento della psicoanalisi.

Insignito del titolo di Maréchal des Lettres Française nel 1926, in occasione del suo giubileo letterario, muore a Parigi il 25 dicembre 1935. Nonostante l’ostracismo della cultura ufficiale, della sua intensa opera letteraria non resta solo la celebre massima — ancora citata nel 1959 dal pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione — secondo cui “bisogna vivere come si pensa, se no, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto”, ma essa eserciterà una grande influenza su quel cattolicesimo francese che vanta, in sede letteraria, nomi come quello di Georges Bernanos (1888-1948).

Fonte: http://www.santiebeati.it/dettaglio/95076