Donata Dell’Orto

DONATA DELL’ORTO

Adolescente (1967 – 1978) 31 agosto

Rimasta su questa terra per soli undici anni e mezzo, maturata forse troppo in fretta a causa della sofferenza ha dato grande testimonianza di fede e sensibilità.

Mentre alcune compagne di classe la ricordano “senza difetti”, la sorella Cristina, di un anno più giovane, ricorda bene il caratteraccio che aveva prima della malattia: “Qualche volta tornava da scuola che era arrabbiata; ma non le si poteva chiedere niente altrimenti si arrabbiava ancora di più!”. E la sorella Carla, avanti di quattro anni, aggiunge: “Quando aveva la luna di traverso, era scontrosa e non parlava con nessuno”. E Donata stessa, molto espressiva nei suoi scritti più che con le parole, riconosce talvolta di essere una “brontolona” o una “fifona”, di “aver litigato” o di “aver disobbedito o fatto arrabbiare la mamma”.

Figlia di Ferruccio e Caterina Ferrante, Donata era la quarta di sei fratelli, e passò tutta la sua breve esistenza a Carate Brianza, un grosso centro a nord di Milano, da cui dista 27 km.

Tutti coloro che l’hanno conosciuta parlano del suo carattere timido e anche lei, sempre sincera nella sua coscienza, non ha problemi a riconoscerlo come scrive in un tema: “Il mio comportamento con le altre persone, come diceva la maestra sulla pagella, è un po’ timido e so anch’io di essere timida…”. Ma la stessa maestra precisa che il suo silenzio non era assenza o distrazione, perché Donata si rivelava sempre attenta a tutto e a tutti, e ascoltava tutto quello che avveniva intorno a lei, partecipe di tutto, sempre.

Nel Bollettino della parrocchia di Carate, in occasione della sua morte si trova scritto: “In lei non si affievolì mai (se non nei giorni dell’agonia) la grande passione per la vita”.

La sorella Carla ci parla di lei così: “Non so se chiamarlo pregio o difetto, ma Donata aveva il vezzo di raccogliere e tenere tutto. Mi spiego: se mangiava una caramella e scopriva sulla carta un disegno grazioso, quella carta non la gettava, ma la metteva nel suo cassetto e la teneva. Faceva altrettanto con molte altre piccole cose, le più semplici e comuni, ma che per lei avevano un grande valore… guai, infatti, a chi gliele toccava!”.

Grazie proprio a questa caratteristica abbiamo di lei un prezioso libro-ricordo della sua prima Comunione e della Cresima ricevute rispettivamente il 30 maggio 1976 e il primo maggio 1978. Alla dedica della mamma che scriveva: “La tua vita sia sempre come questo giorno vicina a Gesù che è la vita”, Donata risponde con il suo proposito: “Sarò più brava ogni giorno, aiuterò la mamma e le sorelle e dirò sempre le preghiere”. E poi, invece di elencare i molti doni ricevuti a cui accenna, annota: “I genitori mi hanno regalato questo libro e si sono accostati con me a ricevere Gesù”. E ancora: “Col pensiero mi erano vicini tutti i miei cari e ho pregato Gesù per tutti loro”.

La Cresima la ricevette quando era già gravemente ammalata, addirittura con la febbre a 38.2 (per non essere diversa dalle sue compagne), ma lo stile schietto e di fede delle sue note è inconfondibile: “Oggi ho ricevuto lo Spirito Santo… Sono contenta”. E pur cosciente del suo preoccupante stato di salute, ecco il proposito: “Ti prometto, o Gesù: parteciperò sempre alla Messa, perdonerò chi mi offende e sarò brava con la forza dello Spirito Santo che mi hai dato”.

E’ Donata stessa a raccontarci lo sviluppo della sua malattia:

Ho cominciato a sentire i dolori alla tibia il mese di ottobre (1976), ma erano pochi dolori che mi duravano qualche giorno e così non ci ho fatto caso. Poi una volta al mese mi ritornavano sempre più forti. Il medico pensava che fossero dolori reumatici; feci tutti gli esami e le radiografie e nelle radiografie risultò che avevo una periostite. Il medico mi disse di mettere una pomata e il ghiaccio, ma invece di guarire peggioravo. Quando il 22 aprile stetti male a scuola, il medico si decise di mandarmi dall’ortopedico”.

In realtà da giorni Donata non si sentiva bene, e il suo pensiero è subito rivolto a Gesù: “Oggi, martedì (19 aprile), a scuola mi è venuto il mal di testa e quasi quasi stavo male. O Signore, guariscimi dal dolore alla gamba!”.

Il 6 maggio è ricoverata per la prima volta in ospedale nel suo paese di Carate e già il 17 i genitori apprendono la tremenda sentenza: tumore osseo maligno alla tibia della gamba sinistra. Il 27 dello stesso mese iniziano le cure a Milano con la terapia al cobaldo, sperando di fermare il male e Donata nel suo diario prega: “Oggi, venerdì, ho iniziato ad andare a Milano a fare la cura. O Signore, dammi tu la pazienza di sopportare il mio dolore”.

E’ ammirevole la forza di volontà che la guidò a sostenere gli esami di licenza elementare nel suo letto. Volontà e malattia fanno guerra in lei: “Nell’intervallo della scuola non posso correre come gli altri bambini, perché devo stare attenta a non farmi male alla gamba!”. “…E non vado nemmeno al doposcuola, però mi piacerebbe tanto andarci…”.

Nel diario il suo segreto: “Oggi e domani c’è la supplente a scuola. A me è antipatica”. Ma poi aggiunge: “Signore, per te la mia supplente è simpatica. Aiutami ad amarla!”.

Con la maestra usa una parola grossa e si corregge: “O Signore, quando la maestra mi dà troppi compiti io la odio, ma mi accorgo che faccio male”. Con i compagni non solo è contenta di starci insieme, ma per loro prega! “O Signore, ti ringrazio delle compagne e compagni che mi dai”.

In una lettera a Padre Ampelio: “Io non mi sento molto bella; però so che Gesù mi ama lo stesso, e cerco di mantenere la mia anima bella come piace a Gesù”.

Più di dieci volte rinnova spontaneamente nel diario la sua preghiera-proposito di “fare la brava”: “O Gesù, aiutami a fare la brava!”, “O Signore, aiutami a fare la brava con tutti!”, “Devo fare la brava!”, “O mio Angelo Custode, aiutami a fare la brava!”. E nei suoi amabili colloqui con il suo buon amico Gesù: “O Gesù, perdona tutti i miei peccati”, “O Signore, perdonami se non sono stata buona”, “Oggi, venerdì, mi sono confessata… O Signore, ti ringrazio del perdono dei peccati”. È commovente sfogliare il piccolo diario di Donata e scoprire l’importanza quotidiana che avesse per lei, bambina, la preghiera.

Sembra incredibile che una bambina alla sua prima esperienza in ospedale possa pensare agli altri: “Oggi, martedì: primo giorno che sono all’ospedale. Ci sono tanti bambini, di tutti gli anni, ammalati più di me. O Signore, aiutaci a guarire, ti prego”.

Si fa amica di un’altra bambina di nome Keria in ospedale e prega subito: “Il mio male mi sembra niente al confronto di quello che hanno gli altri. O Signore, aiuta la Keria!”.

Nel suo diario troviamo anche qualche slancio missionario, il desiderio di farsi suora e di “…andare in Africa e in India, per aiutare tutti i lebbrosi, gli affamati e gli assetati. Però non ci andrei da sola, perché a me piace fare le cose insieme a qualcuno”. E continua la sua vita di piccola martire offrendo le sue sofferenze per la conversione dei peccatori, non tralasciando di fare anche qualche fioretto.

È difficile capire il perché dobbiamo soffrire tanti mali e nello stesso tempo pensare che Gesù ci vuole bene; ma anche Gesù ha sofferto ed è morto per noi, lui che era il Figlio di Dio. Tutto questo mi spiega i nostri mali…”.

I dolori non le lasciavano tregua, ma il riferimento a Gesù era costante: “…delle volte ho dei forti dolori, come venerdì, sabato e domenica scorsa, quando mi sono venuti dei forti dolori alla testa e alle gambe; ho anche pianto molto, ma penso che Gesù mi voglia bene anche se piango”; “I dolori che ho sono tanti, e se Gesù me ne togliesse un pochino… Ma so che Gesù mi vuole bene sempre, anche quando ho i dolori”; “O Signore, ti dono tutti i miei mali; tu stammi sempre vicino, ti prego!”.

Le forti terapie, le degenze in ospedale, la terribile esperienza della caduta dei capelli, il caldo e la persecuzione quasi giornaliera del vomito nell’ultima estate avrebbe debilitato chiunque, e anche Donata, a momenti, subisce l’eccesso delle cure e diventa nervosa e inquieta.

Per questo la fa sembrare davvero eroica la testimonianza della mamma: “Donata è brava. È capace di sacrifici e rinunce, qualche volta più grandi di lei. Quando ha i dolori lei sa sopportare fino agli estremi; piange quando proprio non ne può più…”; e ancor più quella della sorella Chiara del 1° giugno 1978: “… Posso dire soltanto che ho una sorella meravigliosa! Quello che mi colpisce di più nel suo carattere è la forza di volontà che, a essere sincera, non ho mai trovato in nessuna altra persona. Poi la sua capacità di riuscire a non far pesare la sua malattia e le sue crisi, così dolorose, sulle persone che le stanno accanto. Molto spesso capita che di notte piange per i dolori che le vengono, ma lei, la maggior parte delle volte cerca di trattenersi per non svegliare noi che dormiamo nella stessa stanza, o di chiamar la mamma…”.

Va avanti così con tanto coraggio e fede fino al termine di agosto. Morì quando il 31 era appena iniziato.

Le ultime due paginette del diario, quelle del 27 e 28 agosto, sono stese dalla mamma a nome di Donata: “Oggi sono stata veramente male. Continua il vomito e vomito sangue. È venuto don Sandro a portarmi Gesù…”; “Questa sera don Roberto mi ha portato l’Olio santo. Sono contenta e pronta per Gesù”.

Donata fece anche il testamento, che non ha davvero bisogno di commenti.

“Carate Brianza, 9 agosto 1978

So di dover morire e voglio che si facciano queste cose: tutti i miei vestiti ai bambini poveri; i miei giocattoli e le bambole all’Istituto dei tumori – VI piano – perché i bambini ricoverati possano avere da giocare.

Un ricordo anche ai medici che mi hanno curata, con un grazie per tutto quello che mi hanno fatto e che faranno per gli altri bambini. Io pregherò perché li possano guarire tutti.

La mia catenina alla mia mamma, con le immaginette. Allo zio la penna di alpino, alla nonna quello che vuole. Alle mie sorelle e fratelli, soprattutto di amare Gesù con tutta la loro vita e di essere sempre bravi; poi si dividano quello che rimane.

Al mio funerale non voglio corone di fiori, ma i soldi che si dovrebbero usare per i fiori, si diano alle Missioni dei Missionari Comboniani di Verona, perché possano aiutare i bambini poveri e ammalati.

La penna d’argento a mio papà, per dirgli grazie di avermi voluto bene. La mia coroncina a padre Ampelio, perché la Madonna lo aiuti sempre”.

Per approfondire: Ampelio Valentini, Donata, editrice italia letteraria

Fonte: http://www.santiebeati.it/dettaglio/95909