Maria Gabriella Taurel
Fanciulla (1905- 1912) 25 febbraio
“Voglio andare a vedere Gesù“, aveva detto un giorno Maria Gabriella. Aveva desiderato tanto riceverlo nel suo piccolo cuore, ma non gli era stato possibile. A sei anni, cinque mesi e sei giorni, dopo aver ripetuto il suo desiderio, andava a vederlo e a goderlo, per sempre, in Cielo.
Era nata a Tolone il 19 settembre 1905 e poiché si festeggiava l’anniversario dell’apparizione di Nostra Signora a La Salette, Maria Gabriella o “Rirì“, come la chiamavano in famiglia, si considererà come la “figliuola della Santa Vergine“.
In casa aveva trovato un fratello, Giuseppe, che contava nove anni più di lei. Dopo Giuseppe i genitori non avevano potuto avere altri figli a cui donare il loro amore e allora avevano deciso di adottare una bambina. Ma questo Maria Gabriella non lo saprà mai. I due fratelli si amarono tanto e giocavano tanto volentieri insieme.
In casa, Maria Gabriella era coccolata da tutti: dal babbo che, essendo ufficiale di marina, passava lunghi periodi in mare, lontano da casa e perciò vedeva raramente la sua bambina, dalla mamma che le insegnava ad unire le manine e a mandare i bacetti a Gesù e a Maria, dalle zie Luisa e Manetta che abitavano nella stessa casa e da Giuseppe che era impaziente di vederla crescere per correre con lei in giardino e sulla riva del mare.
Era bionda e paffuta, con gli occhi color castano scuro. I suoi capelli color oro erano straordinariamente abbondanti. Sembrava che le pesassero perchè Gabriella chinava la testina verso una parte. Era tanto bella in quella sua semplice mossa di timidezza!
Tutte le mattine, da quando seppe balbettare le prime parole, si inginocchiava a terra e, in compagnia della mamma, diceva le sue preghiere e invocava la Madonna per il papà lontano: “Stella del mare, proteggi papà!“.
La tormentavano mille perché e faceva continuamente domande alla mamma, ai parenti e ai conoscenti:
– Perché i bimbi si bagnano quando piove? Che cos’è l’acqua? Perché Gesù non si fa vedere? Perché si nasconde? – Mamma, – domandò un giorno – ci saranno i confetti in Paradiso? – Sicuro! Ce ne saranno tanti! – Allora li mangerò anch’io e non mi faranno male, vero? Gabriella soffriva quasi sempre di una noiosa enterite, perciò non poteva mangiare roba dolce. Era un vero sacrificio per lei, ma si consolava pensando che in Paradiso si sarebbe rifatta di ogni privazione.
Amava ed era riamata. Spesso interrompeva il gioco e mettendo la sua testina sul grembo della mamma, le gridava affettuosamente: – Mamma, ti voglio tanto bene! Quando il babbo tornava, Maria Gabriella gli andava incontro festante, gli si arrampicava sulle ginocchia e le sussurrava mille tenere ed affettuose parole. – Sai papà, Rirì ha imparato bene il catechismo, ha obbedito alla mamma, non ha mangiato cioccolatini… Poi, abbassando la voce fissandolo con gli occhi lucidi: – Che cosa mi hai portato, papà? […]
Come tutti i bambini Maria Gabriella aspetta il Natale più che ogni altra festa, perché Gesù Bambino è il suo amico più caro. Per lui prepara dei piccoli fioretti, per lui impara la poesia che reciterà davanti al presepio e da lui si aspetta qualche dono. – Ma che Gesù Bambino! – le dice un Natale un’altra bambina – Non è lui che porta i doni! […] La mamma l’accoglie teneramente e la consola: – Dì a quella bambina che i doni di Natale sono i doni di Gesù Bambino, perché è lui che dà ai parenti il modo di procurare le tante cose belle e ghiotte che trovate nelle scarpine. Maria Gabriella è consolata e ringrazia ancora il piccolo Gesù che le ha inviato tanti doni.
Le piace tanto giocare, ma. trova un vero diletto nel divertirsi con le sue bambole. Ne ha quattro, una delle quali si chiama Natalina, perché l’ha ricevuta a Natale. Le altre si chiamano: Maria, Alice e Rosita. […]
Insieme con i genitori e la madrina, nel dicembre del 1910, Maria Gabriella si recò ad Aiaccio, in Corsica, mentre Giuseppe restava a casa per proseguire gli studi presso i padri Maristi. Il viaggio in mare fu terribile, perché le onde tempestose, per un certo tratto di mare, sembravano dovessero travolgere la nave, ma poi era tornata la calma e si era potuto approdare nell’isola. Appena sbarcata ad Aiaccio, Maria Gabriella, che era rimasta fino ad allora in silenzio, confidò alla mamma di aver fatto una promessa: – Sai, mamma, – le disse – ho avuto tanta paura, ma ho pregato e promesso alla Madonna la mia bambola Alice se fossimo arrivati salvi in porto. E la promessa fu mantenuta.
[…] Nella villa dei signori Taurel ad Aiaccio c’era una cappella dedicata a Nostra Signora di Loreto. Così, insieme alla mamma e alla madrina, Maria Gabriella assisteva tutti i giorni alla santa Messa. Alla domenica sì ritrovavano per la Messa gli abitanti dei dintorni, perciò il sabato era la giornata in cui la cappella veniva pulita. Maria Gabriella, anche se era piccola, riservava per sé parte del lavoro: prendeva la scopa e non la lasciava finché non vedeva tutto il pavimento ben pulito. – Il sabato è la domenica della Santa Vergine — diceva con gli occhi che brillavano di gioia.
Amava tanto la Santa Vergine, la chiamava “la buona Madre” e la invocava in ogni occasione. Quante volte le offriva le sue preghiere, i suoi fioretti e le confidava le sue pene quando vedeva il mare in burrasca! Il babbo era in mare e Rirì lo diceva alla Madonna. Era sicura che “la buona Madre” l’avrebbe esaudita.
Anche nel gioco Maria Gabriella onorava la Santa Vergine. Prendeva una statuina che la raffigurava, la collocava in una nicchia sul terrazzo di casa e poi pregava e cantava inni e lodi, ordinando alle sue bambole di fare altrettanto.
Qualche volta, invece delle bambole invitava le amichette e, ad un certo punto, intonava il Rosario. Alcune avrebbero preferito continuare a giocare, ma Maria Gabriella sapeva convincerle così bene che cedevano tutte, perché sapevano che se ne sarebbero ritornate a casa più buone. […]
– Quando il sacerdote darà Gesù anche a me? – Quando sarai pronta. Bisogna sapere bene il catechismo. Maria Gabriella si mise subito a studiare il catechismo con tutto l’ardore di cui era capace. Le piaceva tanto sentir parlare di Gesù. Ciò che proprio non poteva capire era perché gli uomini cattivi avessero fatto soffrire tanto Gesù. […]
– Che cos’è Dio? – le domandò un giorno la mamma. – Dio, – rispose sicura la bambina – è un purissimo spirito che non ha né forma né colore, infinitamente perfetto, creatore del cielo e della terra, padrone assoluto di tutte le cose. La risposta è esatta, ma Maria Gabriella, dopo alcuni momenti di riflessione, domandò: – Ma come si può essere, mamma, se non si ha né forma né colore? La signora Taurel spiegò: – Ci sono tante cose che non si sapranno mai qui sulla terra. Crediamo nell’insegnamento del catechismo e un giorno, in Cielo, saremo illuminati. – Ebbene, sì, voglio fare come te, mamma, Voglio credere, senza ben capire, certe cose che si chiamano “mistero”.
[…] L’unica ghiottoneria che le era permessa era qualche zolletta di zucchero nel caffèlatte, ma durante la Quaresima del 1911 volle privarsene per fare penitenza. […]
Nel dicembre del 1911, la famiglia Taurel lasciava Aiaccio e tornava a Tolone. A Tolone era scoppiata un’epidemia di ipertosse e Maria Gabriella ne fu subito colpita. Il medico le ordinò di cambiare aria, ma la piccola insisteva che prima di partire le si desse Gesù. Perciò si decise di farle fare la prima Comunione. Superato l’esame di catechismo, si fissò la data della cerimonia per il 2 di febbraio, festa della Purificazione di Maria Santissima. Maria Gabriella contava i giorni nell’attesa del “gran giorno”.
Ma intanto l’ipertosse non le dava tregua. In più il 2 febbraio 1912 fu una pessima giornata: freddo, pioggia, vento… La signora Taurel temette per la piccola e non la svegliò. […] – Non è nulla, caro angelo! – cercava di consolarla la mamma – Questa brutta tosse passerà. Non piangere così… E per quel giorno fece la sua più ardente Comunione spirituale.
Passarono alcuni giorni e Maria Gabriella fu portata in una località dove avrebbe potuto respirare aria buona. Lì si sperò di poterle far ricevere il sospirato Gesù, ma, quando sembrava che stesse meglio, sopravvenne una complicazione: la tosse era accompagnata dal vomito che la faceva tanto soffrire.
– Datemi il buon Gesù! – supplicava. Ma come era possibile, in quello stato? Dopo le terribili crisi si addormentava, ma al risveglio si metteva subito a pregare. – Chiedi a Gesù di guarirti? – domandò una volta la mamma. – Oh, no, mamma: io gli dono il mio piccolo cuore. Gli voglio tanto bene e desidero vederlo.[…] – Soffro molto, – diceva – ma anche il buon Gesù ha sofferto tanto.
[…] Il 24 febbraio all’ipertosse si aggiunsero altre complicazioni. Si trattava di polmonite. […] Venne il parroco che gli diede la benedizione. La morte si avvicinava. Poco prima i presenti avevano visto Maria Gabriella attorniata da una insolita luce. No, non era il miracolo della guarigione, come aveva chiesto lungamente la mamma nella preghiera. No, Gesù veniva a prendersi la sua piccola innamorata.
Maria Gabriella agitò le sue piccole mani. Era tutta sudata e non tossiva più. Guardava tutto intorno. – Perché piangete? Quando avrò il buon Gesù? Addio, mamma! Addio, madrina!… Ho tanto sonno! Datemi il buon Gesù, perché io lo abbracci! E anche la “buona Madre”, anche…
Abbracciò il Crocifìsso, strinse al petto una statuetta dell’Immacolata di Lourdes e tacque per sempre.
– Rirì, – supplicò la mamma – il Signore ti chiama… la Vergine viene a cercarti. La vedi? – Maria Gabriella si voltò, spalancò i suoi occhioni scuri, trasse un profondo sospiro e… si addormentò. Il suo piccolo cuore aveva cessato di battere. La “figliolina della Santissima Vergine” poteva finalmente godere Gesù in Cielo, dove vanno tutti i bambini buoni.
Era la domenica 25 febbraio 1912, anniversario della dodicesima Apparizione di Nostra Signora di Lourdes.
Fonte: http://www.santiebeati.it/dettaglio/94437