SERVA DI DIO MADRE FRANCESCA FORESTI

SERVA DI DIO MADRE FRANCESCA FORESTI

Fond. delle Suore Francescane Adoratrici ( 1878-1953) 12 novembre

madre francesca foresti1Difficile riassumere in poche parole la vita di questa anima vittima divenuta figlia spirituale di Padre Pio, tutta votata alla riparazione e all’adorazione della SS. Eucarestia.

Madre Francesca nacque a Bologna il 17 febbraio 1878 da Pietro Foresti, discendente dei Conti Foresti di origine svizzera, e da Isotta Thilbourg, figlia del Vicegovernatore della città di Imola. Al battesimo le vennero dati i nomi di Eleonora, Laura e Maria Pia.

Crebbe sana e robusta, a contatto con l’aria buona della campagna. Eleonora (Norina, come era chiamata in famiglia) era dotata di un grande spirito di osservazione e una spiccata sensibilità: le piaceva la natura, gli animali, soprattutto i cani e i gatti con i quali giocava ricorrendoli con agilità. La sua sensibilità l’aveva colta dal padre che faceva fare due “cotte” di pane ogni settimana per i poveri che bussavano numerosi alla sua casa, e dava loro anche delle elemosine perché voleva che i figli imparassero fin da piccoli la solidarietà.

Verso gli undici anni viene mandata nel collegio Emiliani di Fognano, uno dei più famosi d’Italia, gestito dalle Claustrali Domenicane vive la vita comune con le monache senza mai uscire: non tornavano a casa neppure durante le vacanze estive. Per Eleonora la partenza da Bologna fu un colpo durissimo, ma trovò nella preghiera e nell’unione con Dio il rimedio alla sua tristezza. Sui dodici anni, madre francesca foresti4insieme a una dozzina di compagne, cominciò addirittura a impegnarsi in 3 particolari penitenze e mortificazioni, ad accettare rimproveri e castighi in silenzio, senza reagire, ad imitazione di Gesù durante la Passione.

A dodici anni fa voto di verginità e senza rendersene conto nel 1895, si fa spazio in lei l’idea gioiosa di farsi suora, nello stesso anno rinnovò il suo voto di verginità, offrendosi alla Madonna. Terminata la scuola torna in famiglia. Al contrario di quello che pensava avverte la nostalgia della solitudine e del silenzio, nonché il bisogno dell’Eucarestia.

Ottenne così il permesso di avere Gesù Sacramentato nella cappellina di famiglia: «Così», leggiamo nel suo diario autobiografico, «passavo l’intera giornata con lui. In città stavo in chiesa 4 o 5 ore… I genitori, per accontentarmi, mi permisero di passare l’intera giornata innanzi al SS. Sacramento… e mi confortavo, facendo grate sorprese a Gesù. Nella notte, mi alzavo più volte andando alla finestra a salutare Gesù… Spesso incaricavo la luna di fare le mie veci presso il tabernacolo entrando furtiva con i suoi tenui raggi attraverso la finestra. Incaricavo il sole, il vento, le stelle. Mettevo fiori sul davanzale della finestra offrendoli a Gesù che adoravo in ogni chiesa».

Ma non è tutto: insieme ad altre ragazze, ogni mercoledì nella cappellina di proprietà della famiglia insegnava il catechismo ai bambini e alle bambine dei dintorni; e poiché tra di loro ce n’erano alcuni di famiglia povera, dava loro dei soldi e provvedeva ciò che cui avevano bisogno. Aveva imparato anche a confezionare dei vestitini per i più grandicelli, con gli scampoli che le dava una signora amica di famiglia. Con l’approvazione dei genitori accolse in madre francesca foresti2casa anche una ragazza cieca, che diventò la sua migliore amica.

I parenti tentarono di farle prendere marito, ma ella manifestò la sua intenzione di farsi religiosa. Tentarono così di dissuaderla in ogni maniera anche secondo le indicazioni del confessore, per testare la sua reale vocazione, ma la futura Madre Francesca rimase ferma nel suo proposito e nel dicembre 1899 partì per Firenze dove fu accolta come postulante. Tuttavia, dopo due o tre mesi si ammalò e il padre andò a riprenderla.

Il 31 dicembre 1900, nella chiesa di S. Caterina, emise i voti di povertà, castità e obbedienza in perpetuo.

In quel periodo i giornali parlavano di sacrileghe profanazioni sulle ostie consacrate ad opera della massoneria e lei, dopo aver reagito con slanci di amore e di fede, si offrì vittima di espiazione per i peccati degli uomini. Fu di ispirazione per alcune giovani che si unirono a lei nello stile di vita formando il gruppo denominato “Le Consolatrici dell’Uomo-Dio”, i cui membri si proponevano di vivere in compagnia di Gesù secondo il Vangelo e di agire in spirito di riparazione, ma l’associazione ebbe vita breve.

san francesco povertàNel settembre 1906, le era capitata in mano una biografia del Poverello d’Assisi e ne era rimasta entusiasta. Scioltosi il gruppo delle “Consolatrici”, il desiderio di farsi religiosa si accentuò in Eleonora, e nonostante l’opposizione della famiglia entra nel 1910 nelle Suore della Sacra Famiglia di Brisighella, fondate dalla Ven. Maria Teresa Lega, una monaca proveniente dalle Domenicane di Fognano.

A un certo punto le venne l’idea di mettere per iscritto le meditazioni che faceva e le suore, avendone lette alcune, se ne entusiasmarono trovandole molto belle. Lei, per modestia, diceva che quei sentimenti erano presi dal Didon, un autore di libri spirituali allora in voga: «Faccio il sacrificio di farli leggere», così in una lettera del 18 febbraio 1914 al canonico Valli, «mentre mi ero prefissa di scriverli per me sola…».

Madre Francesca dopo aver assistito il padre moribondo giorno e notte, nell’ottobre 1919 si reca a San Giovanni Rotondo per parlare con Padre Pio, il quale la ascoltò più volte e si disse favorevole allo spirito di riparazione della progettata istituzione, aiutandola anche a redigere un abbozzo di regole e promettendole che le avrebbe mandato delle vocazioni. Madre Francesca, con le penitenti di Padre Pio, in casa Gisolfi teneva conferenze, faceva conversazioni religiose, esortandole alla riparazione, alla devozione eucaristica e alla vita interiore.

A padre Raffaele fu dato l’incarico di curare le Regole della nuova istituzione e al momento di approvarle, quando venne letto padre piol’articolo in cui si diceva che l’Istituto avrebbe dovuto curare anche l’educazione della gioventù, Madre Francesca disse: «Ma io volevo la clausura…». Padre Pio, che era presente con alcuni confratelli, disse: «Figlia mia, una volta il focolare domestico era anche scuola di una santa formazione, ma oggi che non si fa più, sono gli istituti religiosi che devono fare quanto non si fa in famiglia».

Gli imprevisti però non mancarono e si dovette trasferire. Le scrisse il prof. Ribola incoraggiandola così: « … Anima di Dio, coraggio, Gesù la prova per renderla più degna del suo amore. Non si è lei offerta vittima del Divin Cuore? E chi non le può dire che Gesù vuole provarla così, in compenso dei tanti oltraggi che riceve nell’augustissima Eucarestia?… Le consigliai e le consiglio, anzi le dico, faccia una fervorosa novena a S. Francesco di Paola e tutto scomparirà». In una seconda lettera, il Ribola aggiunse: «Per la centesima volta l’assicuro che il Padre Pio si interessa vivamente dell’Opera che gli sta tanto a cuore… Basta con tutte queste fisime. Bisogna abbandonarsi nelle mani di Gesù e lasciare a lui il pensiero di ogni cosa».

In febbraio arrivò una seconda vocazione e nel giugno luglio altre due. Non c’erano però ancora i permessi, che tuttavia furono concessi dopo alcuni mesi, quando le aspiranti erano già cinque. Il 19 novembre 1921, dopo un corso di esercizi spirituali, il Vicario episcopale di Reggio Emilia, mons. Mamoli, dava l’abito religioso a quelle che furono chiamate “Suore Adoratrici Vittime del eucarestiaDivin Cuore”: un abito nero, modesto, con una semplice cintura ai fianchi, senza velo in testa come le altre suore. Eleonora diventava a tutti gli effetti Madre Maria Francesca del SS. Sacramento.

Dopo alcuni trasferimenti per svariati motivi arrivarono a Pisa. Il canonico Valli l’incoraggiò, per lettera, dicendole: «Creda, speri, ami, operi; con Gesù agonizzi, con lui e per lui viva, con lui e per lui si sacrifichi e muoia. Mi comprende? Lo spero! Intanto lei e le sue figlie partano, e partano con la mia benedizione. Anche gli apostoli andarono da un luogo ad un altro per far conoscere Gesù, per evangelizzare le genti. Iddio vuole che ella faccia altrettanto e parta volentieri».

Il gruppo si sistemò in una piccola casa alla periferia cittadina, acquistata da Madre Francesca attingendo ai suoi beni patrimoniali. Tuttavia, sorsero altre complicazioni e il canonico Valli esortò nuovamente Madre Francesca a sopportare «in pace come Gesù…» aggiungendo: «… non sono i cattivi che sono calunniati, sono i buoni che Satana fa calunniare per togliere ad essi l’aureola della virtù».

E’ a questo punto che Madre Francesca viene gratificata da elevatissime esperienze mistiche. Nella notte fra il 3 e il 4 agosto 1927 il Signore le si mostra in un fuoco ardentissimo e le dice: «Ecco è venuta l’ora che da oltre quattro anni tu aspiravi. Aprimi il cuore, o mia diletta. Ecco che ti do il mio cuore… La tua vita è finita… Il mio cuore vivendo in te riprende la mia vita che fu cuore2stroncata sulla croce… tu in tal maniera diventi la mia carne e parte di me. Sono io che vivo realmente in te». Altre volte mentre sta pregando si sente dire: «Sono io che vivo in te… Io ancora mi offro al Padre come vittima, ma per mezzo tuo… Sei una vittima del mio amore disprezzato e calpestato… ma allora perché ti turbi?… vieni con me sul calvario… Resta con me sulla Croce».

Nel 1928 viene mandata a Riccione per curarsi da un forte esaurimento per diversi lutti e vicissitudini.  Dopo un anno ancora persisteva l’esaurimento, e col permesso del cardinale Maffi e del vescovo di Rimini mons. Vincenzo Scozzoli, decise di trasferire presso di sé il noviziato, ingrandendo il locale, dando vita così a una seconda casa dell’Istituto. Anche lì tutto era all’insegna della povertà.

La gente del posto si interessava poco della religione, anche perché la chiesa più vicina si trovava a circa due chilometri di distanza. Madre Francesca allora prese in affitto una camera in un villino vicino e vi iniziò una scuola di lavoro per le bimbe che poi portò alla Prima Comunione. Successivamente ne fece aprire una seconda. La gente ricominciò a frequentare la chiesa, apprezzando grandemente quelle suorine che non chiedevano nulla ma si prestavano per ogni bisogno, assistendo i malati, confortando le famiglie in difficoltà, sfamando i poveri e salvando delle giovani in pericolo.

madre francesca forestiNel 1930 Madre Francesca si ammalò gravemente: a strapparla dalla morte che pareva certa furono le preghiere delle suore che, pur di ottenere la grazia della sua guarigione, quel giorno rimasero in cappella a pregare fino alle 15, saltando anche il pranzo. Ben presto si dovette ampliare la casa e le suore vennero richieste anche dai paesi vicini. Così Alba di Riccione divenne la Casa-madre della congregazione.

Madre Francesca compose una sorta di coroncina riferita alle dodici principali piaghe che si rilevano sulla Sindone. In particolare, di questa singolare reliquia lei aveva un culto speciale per le mani di Gesù, che fece riprodurre separatamente, imitandole poi con disegni e ricami su carta e su tela. Aveva anche composto una specie di litania intitolata “Invocazioni alle Mani Santissime di Gesù” per ottenere soccorso dal cielo. Eccole:

«O mani santissime tremanti un giorno sulla paglia… incallite nella fatica del lavoro… che guariste i malati… che salvaste S. Pietro dalle onde… che vi alzaste a calmare la tempesta… che accarezzaste e benediceste i fanciulli… che benediceste il pane e lo moltiplicaste… che lavaste e asciugaste i piedi degli apostoli… che alzando il pane e il calice li tramutaste nel vostro Corpo e nel vostro Sangue… che portaste la croce e foste Sindone_uomoinchiodate in essa. O mani stampate nella Sacra Sindone noi vi adoriamo e voi innalziamo al cielo per ottenere misericordia e perdono».

Crescevano intanto le vocazioni e le richieste da vari paesi vicini. La congregazione cresceva, tuttavia non aveva ancora una Regola canonicamente approvata, per cui era considerata semplicemente una Pia Associazione di anime generose. Era scoppiata la Seconda guerra mondiale e Madre Francesca nel 1940 si trovava a Maggio, ospite del fratello Alberto.

La Regola, nuovamente riveduta e corretta, fu inviata a Roma e finalmente il 26 ottobre 1943 fu approvata: a Rimini fu emesso il decreto vescovile di erezione canonica di quelle che furono chiamate “Suore Francescane Adoratrici”.

La guerra era ormai arrivata anche a Bologna e i tedeschi avevano occupato il piano terreno della villa di Maggio; in più si erano intensificati i bombardamenti degli alleati, che avevano bloccato anche il servizio postale: Madre Francesca raggiungeva come poteva le consorelle delle altre case, esortandole alla preghiera.

Incolumi sotto le bombe Il 4 ottobre 1944, mentre la Madre si trovava nella villa di Maggio con alcune suore, un furioso bombardamento seguito da un mitragliamento colpì la villa. La comunità stava pregando nella cappellina allestita al piano superiore, dove era stato concesso di tenere il SS. Sacramento esposto giorno e notte. Erano le 9 del mattino, e ad un certo punto cominciarono a cadere calcinacci, telai, imposte delle finestre e vetri infranti, mentre alcuni mobili prendevano fuoco.

Mentre cercavano di scendere, suor Cecilia disse: «Noi scendiamo e Gesù lo lasciamo solo? Non sia mai». Tornarono tutte indietro e alzando gli occhi videro che l’ostensorio era rimasto intatto sul tronetto come se nulla fosse accaduto. Suor Cecilia lo prese ricoprendolo col suo velo, poi recuperarono anche il tabernacolo, posandolo su una poltrona da giardino ricoperta con una tovaglia guerranell’unica camera rimasta intatta. Nessun ferito, nessun morto. La gente, impressionata dal fumo che usciva dalla villa dopo lo scoppio delle sedici bombe che avevano visto sganciare su di essa, era subito accorsa per prestare aiuto e quasi non credeva ai propri occhi: erano tutti incolumi nonostante le macerie.

«In questi mesi Gesù mi ha fatto capire che per avere molti Sacerdoti, si contenta che il voto di vittima deve consistere nell’accettare tutto ciò che a loro capita di piacevole e di spiacevole in spirito di riparazione, raccogliendo tutto l’amore di Dio rigettato dall’uomo, fino al punto di morirne bruciati».

Sette anni dopo l’approvazione della congregazione c’erano da rifare i quadri organizzativi e Madre Francesca Superiora, sebbene malata, convocò in Capitolo le religiose nella casa di Maggio, chiarificando i punti che potevano essere controversi: soprattutto pregò e scongiurò che non si toccasse lo spirito di vittima da lei ritenuto essenziale per la congregazione.

Da Maggio di Ozzano, dove si trovava dall’ottobre 1949, non si mosse più, anche perché la sua salute peggiorava inesorabilmente, costringendola quasi sempre a letto per le frequenti crisi di madre francesca foresti1cuore. Nei momenti di tregua del male, però, la Madre non stava in ozio: scriveva, leggeva, sbrigava la corrispondenza, sempre serena e raccolta, sopportando con pazienza esemplare la malattia e i problemi legati al governo della Congregazione.

Nel giorno dell’Epifania del 1953, a suor Cecilia che l’assisteva, disse di far esporre il SS.mo Sacramento, poi aggiunse: «Secondo le Costituzioni la Congregazione deve avere l’Adorazione perpetua… non vorrei morire prima di vederla adempiuta questa prescrizione, che darà tanta gloria a Gesù… Fate la richiesta formale per l’autorizzazione».

Il 14 gennaio, sempre a suor Cecilia indicò le preghiere da farsi per tutto il rimanente tempo della sua malattia. Il 2 febbraio Madre Francesca ricevette l’Olio degli infermi e il 10 dello stesso mese arrivò da Bologna il permesso per l’Adorazione perpetua, che la riempì di gioia. «Non morirò», aveva detto più volte, «se prima nella Congregazione non vi sarà la casa dell’Adorazione perpetua».

L’11 novembre 1953 da S. Giovanni Rotondo le giunse un messaggio di padre Pio: «Dite alla Madre Francesca che si distenda bene sulla croce, perché da quella ascenderà in paradiso». E il frate rivelò all’inferma che padre Pio voleva una casa della sua congregazione a S. Giovanni Rotondo. La Madre sorrise e ringraziò, poi entrò in agonia, finché rese l’anima a Dio alle 4.25 del giorno dopo. Lei aveva prescritto che quando moriva una delle religiose vittime, si cantasse il Te Deum per ringraziare il Signore. Lo si fece anche per lei la mattina stessa.

croce1Il padre Giustino, tornando a S. Giovanni Rotondo, disse che padre Pio aveva baciato e ribaciato il Crocifisso, da lui stesso benedetto, che aveva raccolto l’ultimo respiro della Madre. I funerali si svolsero il 14 novembre e la salma venne sepolta nel cimitero di S. Maria della Quaderna ad Ozzano. Da lì, il 14 settembre 1960, fu traslata nell’Oratorio di Maggio. Il 21 maggio 1989 ha avuto inizio il processo canonico per la beatificazione di Madre Francesca che dal cielo si fa sentire con abbondanti grazie a chi si rivolge alla sua intercessione.

Fontehttp://www.suorefrancescaneadoratrici.it/documenti/MADRE%20FRANCESCA%20FORESTI.pdf