LE RELIQUIE DELLA PASSIONE DI CRISTO

LE RELIQUIE DELLA PASSIONE DI CRISTO

passione di_Cristo.1jpgPartendo dal Sacro Calice vedremo la storia delle reliquie della passione di Cristo. Il velo della Veronica, la corona di spine, la croce di nostro Signore e del ladrone con il Titulus Crucis, ovvero la scritta posta su di essa, i chiodi e la Sacra Tunica.

IL SACRO CALICE OVVERO IL “SANTO GRAAL”

Il calice dell’Ultima Cena, conosciuto anche come il Santo Graal, ha ispirato un’abbondante letteratura nel Medioevo, che poi è stata ripresa con grande forza in questi ultimi vent’anni. Secondo la tradizione britannica, basata sull’opera di Robert de Boron, fu utilizzato da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue di Cristo che uscì dal suo costato per effetto del colpo di lancia inferto da Longino. Giuseppe d’Arimatea l’avrebbe successivamente portato in Inghilterra.

Ci sono molti calici nel mondo che, in un dato momento della storia, hanno vantato di essere il vero Santo Graal, con più o meno fondamento. Fra questi l’unico che ancora rivendica la sua autenticità è il Santo Calice di Valencia, anche perché il supporto documentale degli altri è debole e poco rigoroso. Nel 2008 si è tenuto a Velencia il 1º Congresso Internazionale sul Santo Calice, intitolato ‘Valencia, la città del Santo Graal’. Il Congresso ha anche richiesto che il Santo Calice sia dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Anche la Santa Sede appoggia quest’ipotesi: Giovanni Paolo II lo usò per celebrare la messa nel corso della sua visita a Valencia nel novembre del 1982, così anche Benedetto XVI, nel luglio 2006.

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Sacro Calice di Valencia

Il calice ipoteticamente utilizzato da Cristo sarebbe una delle tre parti, quella superiore, del calice attuale che è custodito nella cattedrale. sostiene che questo fu portato a Roma da San Pietro, primo papa. Janice Bennet, storiografa e scrittrice cattolica,  afferma che il Sacro Calice fosse di proprietà della famiglia di San Marco evangelista, il quale lo aveva dato a Pietro, che lo usò a Roma per celebrare l’Eucarestia e fu poi conservato e usato dai successivi papi fino a Sisto II. Non abbiamo evidenze che San Marco abbia conosciuto Gesù, ma sappiamo, dagli Atti degli Apostoli, che dopo la resurrezione di Cristo, Marco aveva spesso ospitato gli apostoli nella grande casa della sua famiglia a Gerusalemme, dove anche si rifugiò Pietro appena scappato dalla prigione.

Per salvarlo poi dalla persecuzione dell’imperatore Valeriano, Sisto II lo avrebbe consegnato al diacono Lorenzo, originario della città spagnola di Huesca, nella zona dei Pinerei, che lo inviò alla sua città per mezzo di Precelio, un cristiano spagnolo che si trovava a Roma. Quest’episodio è raccontato nella ‘Vita di San Lorenzo’ scritta da San Donato nel secolo VI. Poi del calice si hanno notizie solo dall’VIII secolo in poi: secondo alcune tradizioni, rimase nascosto per diverso tempo in vari luoghi dei Pirenei per proteggerlo dall’invasione musulmana. Nel secolo XI è presente nel monastero di San Juan de la Peña, sempre in zona pirenaica e da allora in poi sono perfettamente documentate tutte le sue peripezie in territorio spagnolo fino ad arrivare a Valencia nel 1437. Ulteriori studi sono stati promossi per reperire altri dati che confermino che il Santo Calice di Valencia ed il Santo Graal sono la stessa cosa.

IL VELO DELLA VERONICA

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Santo Volto di Manoppello

Durante il cammino di Cristo verso il calvario una donna chiamata Veronica, si avvicinò a Gesù per asciugargli il viso. Come in ringraziamento per quel gesto d’amore, il volto di Cristo si impresse in quel velo donandoci un’immagine reale, seppur segnata dalla sofferenza, del volto di nostro Signore. La stoffa divenne oggetto di grande venerazione, specialmente nel tardo Medio Evo. Il “Volto Santo” si ritiene sia custodito oggi, in un santuario costruito nel XVII secolo a un passo da Manoppello, antico borgo non distante da Chieti, dove il gesuita Heinric Pfeiffer e diversi studiosi che ne hanno sovrapposto il volto a quello della Sindone, lo ritengono originale.

Una versione della leggenda di Veronica, contenuta negli Atti di Pilatoracconta che Veronica, la donna guarita dall’emorragia, si recò a Roma e guarì l’imperatore Tiberiocon un’immagine di Cristo che aveva fatto dipingere per gratitudine per la propria guarigione, che poi donò a papa S. Clemente (23 nov), morto nel 100 circa. Fu solo nel XIII secolo, a ogni modo, che si parlò di un’immagine divina che a Roma divenne nota come “il velo della Veronica“ conservato a S. Pietro e originariamente usato da Cristo nel Getsemani o durante il supplizio del Calvario.

I CHIODI DELLA CROCE DI CRISTO

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Santo Chiodo custodito nel Duomo di Milano

Secondo San Gregorio di Tours i Santi Chiodi furono in origine quattro, dei quali uno fu fissato al diadema imperiale, due vennero annessi al freno di Costantino, l’altro immerso nel mare per calmare una tempesta.

Sant’Ambrogio nella cattedrale milanese fa accenno per la prima volta alla Reliquia del Santo Chiodo della Croce di Cristo e ne fa memoria all’imperatore Teodosio. I Santi Chiodi vennero mandati a Costantino che li trasmise ai successori, fino ai tempi di Ambrogio. Diversi storici dell’epoca attestano le reliquie della Santa Croce e ne riferiscono – più o meno – con quasi le stesse parole impiegate da Ambrogio.

LA SANTA CROCE

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Reliquia della Santa Croce

Forse non tutti sanno che un numero considerevole ed importante di reliquie relative alla passione di Cristo si trovano a Roma e precisamente nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.

La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme si trova a Roma e fa parte del giro delle Sette Chiese, che i pellegrini anticamente visitavano a piedi, tra la Basilica di San Giovanni in Laterano e Porta Maggiore. Custodisce, fin dal IV secolo, le Reliquie della Passione di Cristo, ritrovate in circostanze miracolose a Gerusalemme, sul monte Calvario, il luogo della crocifissione.

La reliquia più famosa, quella che dà il nome alla chiesa, è costituita dai frammenti della Croce di Cristo, ritrovati, secondo la tradizione da Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino sul Calvario a Gerusalemme. Assieme ai frammenti della Croce, vengono conservati: il Titulus Crucis, ovvero l’iscrizione che, secondo i Vangeli, era posta sulla croce; un Chiodo, anch’esso rinvenuto da Sant’Elena; due Spine, appartenenti, secondo la tradizione, alla Corona posta sul capo di Gesù; il Dito di San Tommaso, l’apostolo che dubitava della resurrezione di Cristo; una parte della croce del Buon Ladrone.

Il Titulus Crucis, secondo studi recenti fatti dalla dott.ssa Maria Luisa Rigato, una biblista attiva alla Pontificia Università Gregoriana, il cartiglio una volta staccato dalla croce fu deposto nella tomba assieme al corpo di Gesù.  Il titulus di Santa Croce reca effettivamente una parte dell’iscrizione nelle tre lingue. Anche i testi in latino e greco sono scritti, da destra a sinistra, come l’ebraico; inoltre nel testo latino è scritto “Nazarinus” anziché “Nazarenus”. Il testo, poi, non sembra corrispondere esattamente a nessuno di quelli dei quattro Vangeli. Queste anomalie sono considerate da alcuni indizi di autenticità: difficilmente un falsario le avrebbe introdotte.

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Titulus Crucis posto nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma

La dott.ssa Rigato ha affermato: «Ritengo in base a tutti gli elementi raccolti che il Testo dell’iscrizione sulla Tavoletta-reliquia corrisponda al Titolo originale di Pilato» e nelle conclusioni aggiunge: « L’iscrizione come tale ha tutti i crismi del Titolo originario di Pilato ed è perfettamente compatibile con i dati dei Vangeli, particolarmente con quello secondo Giovanni. »

Tra Santa Croce e San Giovanni nel 1476, papa Sisto IV fece ricostruire l’Oratorio di Santa Maria del Buon Aiuto. La tradizione racconta che il papa fosse sorpreso da un violento temporale e si rifugiasse proprio a ridosso delle Mura Aureliane, dove venne protetto da un’immagine della Madonna. Proprio lì, fece ricostruire quella che adesso viene chiamata Cappella della Madonna del Buon Aiuto, dove è ancora custodita l’immagine sacra.

LA SACRA TUNICA

La Sacra Tunica è una reliquia conservata nel duomo di Treviri e consistente in un pezzo di stoffa, priva di cuciture, che si ritiene abbia fatto parte della tunica che indossava Cristo prima della sua crocifissione e che, secondo il Vangelo di San Giovanni, i soldati romani preposti alla sorveglianza del patibolo si disputarono tirandola a sorte.

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Sacra Tunica di Treviri

I soldati presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Siccome quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo, dissero tra loro: “Non dividiamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca“. (Gv 19,23-24)

L’autenticità della Sacra Tunica è controversa. La sua mutevole storia e le talvolta sfavorevoli condizioni di conservazione fecero sì che si dovesse procedere ad un esame archeo-tessile fra il 1973 ed il 1974, che tuttavia non riuscì a definire esattamente l’origine e l’età del reperto. Secondo la tradizione la tunica (o meglio, parte di essa) venne in possesso di sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino il Grande, che l’avrebbe consegnata a sant’Agrizio, arcivescovo di Treviri, affinché la portasse a Treviri. Poiché tuttavia sempre più spesso ci si vide costretti ad apportavi riparazioni ed a prendere misure per la sua protezione, la situazione originale della tunica venne alterata più volte. Secondo diverse ispezioni, si trattava solo di più strati di stoffe diverse, che nel corso dei tempi vennero assemblate su un nucleo unico. L’ultima esposizione pubblica della Sacra Tunica è stata tra aprile e maggio del 2012.

LA CORONA DI SPINE

A Gerusalemme restarono altre reliquie, tra le quali l’intera corona di spine. Verso il 1063 la corona fu portata a Costantinopoli e là rimase certamente fino al 1237, quando l’imperatore latino Baldovino II la consegnò ad alcuni mercanti veneziani, ottenendo un considerevole prestito (una fonte corona di spine_Notre_Dame_Parisparla di 13.134 monete d’oro). Alla scadenza del prestito, il re Luigi IX di Francia, sollecitato da Baldovino II, acquistò la Corona e la portò a Parigi, ospitandola nel proprio palazzo finché non fu terminata la Sainte-Chapelle, inaugurata solennemente nel 1248. Il tesoro della Sainte Chapelle fu in gran parte distrutto durante la Rivoluzione francese, cosicché oggi la Corona è priva di quasi tutte le spine.

Tuttavia, durante il viaggio verso Parigi, erano state tolte numerose spine per essere donate a chiese e santuari per ragioni meritorie particolari; altre spine furono donate dai successivi sovrani francesi a principi ed ecclesiastici come segno d’amicizia. Per tali motivi, numerosissime località francesi, ma soprattutto italiane, oggi si vantano di possedere una o più Sacre Spine della corona di Cristo.

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Fonti: http://nicolettadematthaeis.wordpress.com/2013/07/22/il-santo-calice-di-valencia/http://www.santacroceroma.it/storia.php  ; http://biscobreak.altervista.org/2013/07/il-velo-della-veronica-di-manoppello/http://it.wikipedia.org/wiki/Sacra_Spinahttp://it.wikipedia.org/wiki/Sacra_Tunica#cite_note-4; http://it.cathopedia.org/wiki/Titulus_crucis