Venerabile Benedetta Bianchi Porro

Ven. Benedetta Bianchi Porro

Giovane laica (1936-1964) 23 gennaio

Venerabile Benedetta Bianchi Porro1Io penso che cosa meravigliosa è la vita anche nei suoi aspetti più terribili; e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo” (Venerabile Benedetta Bianchi Porro) Un inno alla vita pienamente intonato ad una ventenne, sorprendente solo per il fatto che chi lo pronuncia è cieca, sorda e totalmente paralizzata.

Appena nata a Dovàdola, a 19 chilometri da Forlì. Fu colpita da una emorragia. Su richiesta della madre le venne conferito il battesimo “di necessità” con acqua di Lourdes. Cinque giorni dopo, il 13 agosto, riacquistata una certa stabilità fisica, fu solennemente battezzata e chiamata Benedetta Bianca Maria. A tre mesi Benedetta si ammalò di poliomielite, problema diagnosticatole dal medico Vittorio Putti dell’istituto Rizzoli di Bologna. La malattia le lasciò la gamba destra più corta dell’altra, costringendola in seguito a portare una pesante scarpa ortopedica. Tra marzo e maggio del 1937 fu colpita da ripetute bronchiti, e da otite purulenta bilaterale.

Nel maggio 1944, nella piccola Chiesa dell’Annunziata a Dovadola fece la prima Comunione. Le venne regalato in quella occasione un rosario, da cui non si sarebbe più separata. Conseguì la Cresima quindici giorni dopo, amministrata dal vescovo di Modigliana, Monsignor Massimiliano Massimiliani.

venerabile-benedetta-bianchi-porro-È una bella giornata e anche io sono felice perché ho ricevuto Gesù nel cuore, ho promesso a Gesù che farò la comunione tutte le domeniche di Maggio“.

In quello stesso mese iniziò a scrivere il suo “Diario segreto”, poiché invitata dalla madre a continuare una tradizione di famiglia. Compilare un diario personale diventò un piacere e un modo semplice e naturale per annotare pensieri e quotidianità.

Fu un’adolescente compassionevole, fragile e delicata. Visse numerosi problemi fisici e tentativi di cura: le “scarpe alte”, il busto, l’emicrania, la debolezza, e soprattutto quella gamba che le “regalò” il soprannome di “zoppona”.

«Non dovete prendervela, in fondo dicono la verità: sono zoppa».Venerabile Benedetta Bianchi Porro3

Furono questi gli elementi che tendevano ad identificarsi come normalità nella vita di una ragazzina di appena 13 anni e già da tutti considerata un’emarginata.

Terminate le elementari dalle suore, frequentò le scuole medie a Brescia, nell’Istituto Santa Maria degli Angeli retto dalle suore Orsoline. La prima esperienza scolastica risultò essere molto più che positiva, Benedetta si dimostrò infatti una ragazzina promettente, intelligente e attenta. Ma la nostalgia di casa non l’abbandonò mai, fu un’esperienza che visse in costante attesa di rivedere tutta la famiglia. La presenza familiare ebbe infatti un ruolo rilevante nel suo percorso di vita. La madre, casalinga e fervente cattolica; il padre, cattolico “non praticante” ma uomo dalla grandissima generosità, e cinque fratelli: Gabriele (nato nel 1938), Manuela (1941), Corrado (1946), Carmen (1953) e il fratellastro Leonida (1930), rimasero un costante punto di riferimento per la giovane.

Durante l’Anno Santo del 1950 insieme alla zia Carmen si recò a Roma, Assisi e Loreto.

Ben presto nacque una profonda amicizia, quella tra lei e Anna Laura Conti. Un’amicizia che lei visse come pura, gioiosa: “Tu sei la mia prima amica; e amica per me vuol dire qualcosa di più di quello che altri intendono.” Citando un passo di S. Agostino le spiegò che ormai metà del suo “essere” le apparteneva e che la paura di poter rimanere sola e di poterla perdere ombreggiava costantemente nella sua anima. A contribuire al suo stato di emarginazione fu però la progressiva perdita dell’udito, problema che la costrinse a seguire numerosi incontri di riabilitazione, ma con scarsi risultati.

Benedetta 21anniL’animo religioso intanto si fece sempre più evidente nella giovane venerabile, la voglia di vivere e di aiutare gli altri diventarono delle priorità quasi imprescindibili. Alla domanda “cosa è la vita?” rispose: “Un sogno, un sogno bello e triste, un godimento e un dolore insieme, una prova: una prova in cui si è soli davanti all’infinito.” Benedetta incentrò la sua vita prevalentemente nella figura illuminante e protettiva di Dio: mèta e Amore Puro.

Nonostante la precaria situazione di salute, nell’ottobre del 1953, a soli 17 anni, si iscrisse all’Università di Milano. Inizialmente influenzata dal padre, scelse di intraprendere gli studi di Fisica. Dopo successivi ripensamenti, e con una maggiore consapevolezza nelle sue aspirazioni decise di intraprendere quella di Medicina. Il trasferimento a Milano vide la giovane forlivese nuovamente costretta ad abbandonare la famiglia e ad intraprendere una strada completamente diversa. L’immagine di una città così grande le procurò un maggior senso di solitudine e di nullità. La sordità continuò intanto a causarle gravi problemi relazionali e scolastici. Il prof. Ettore Brocca, assistente ordinario di Clinica Otorinolaringoiatrica preoccupato per le condizioni di Benedetta, pensò che la sordità di lei fosse di origine psichica. Le consigliò quindi di iniziare una cura psicoterapeutica.

Durante gli esami alcuni professori si dimostrarono poco disponibili nei suoi confronti. Il 26 aprile 1955 chiese di essere ammessa a sostenere, nella sessione estiva, gli esami di Biochimica, di Microbiologia e di Anatomia Umana. Ai primi due fu appena sufficiente a quello di Anatomia venne respinta. La richiesta di Benedetta di poter ricevere le domande per iscritto, a causa dei problemi uditivi, fece infuriare il professore che le consigliò di cambiare professione, ritenendo intollerabile che un sordo potesse esercitare la professione medica. Al secondo appello con l’esame di Anatomia, superato con un dignitoso 23/30.Venerabile Benedetta Bianchi Porro2

Mi accade di trovarmi a volte a terra, sotto il peso di una croce pesante. Allora Lo chiamo con amore e Lui dolcemente mi fa posare la testa sul suo grembo“.

Il 12 luglio 1955 venne ricoverata presso la casa di cura Villa Igea a Forlì, causa: ipotrofia all’arto inferiore destro con conseguente resezione del femore e successiva riabilitazione. Nel 1956 iniziarono i problemi alla congiuntiva, dopo aver consultato un oculista di Brescia le venne diagnosticata un’ulcera corneale. Il fratello Gabriele decise di portarla a controllo a Milano all’Ambulatorio della Clinica Oculistica, dove il prof. Leo le diagnosticò una papilla da stasi, sintomo di ipertensione endocranica, spesso indice di tumore.

Fu attraverso le conoscenze mediche appena acquisite che Benedetta riuscì ad autodiagnosticarsi il suo male: neurofibromatosi diffusa o sindrome di Von Recklinghausen. Il 27 giugno venne fissato un nuovo intervento per asportare un neurinoma del nervo acustico in sede pontocerebellare e per procedere alla decompressione cranica. Per errore del chirurgo le venne reciso il nervo facciale VII sinistro e le si paralizzò l’intero lato facciale.

la vita in sé e per sé mi sembra un miracolo, e vorrei poter innalzare un inno di lode a Chi me l’ha data … Certe volte mi chiedo se non sia io una di quelle cui molto è stato dato e molto sarà chiesto…

Il 4 agosto 1959 venne ricoverata presso la clinica neurologica del <Beretta>, dove le diagnosticarono una aracnoidite spinale. L’intervento non ebbe risultati positivi, anzi, a seguito di questo le si paralizzarono gli arti superiori, lo sfintere vescicale e inoltre la sordità divenne totale.

Venerabile Benedetta Bianchi PorroAi primi di settembre riprese a studiare, si iscrisse al quinto anno di Medicina.  Benedetta entrò in crisi e iniziò a pensare di dover cambiare facoltà optando in ultima analisi per Biologia. Tutti gli amici medici le sconsigliarono di prendere questa decisione e alla fine scelse di rimanere a Medicina.

Le condizioni fisiche si aggravarono, il 30 novembre 1960 inviò al rettore la domanda di “rinuncia agli studi”. Nel gennaio 1961 riprese a scrivere il diario, sospeso durante gli anni di studio universitari.

… mi sono accorta più che mai della ricchezza del mio stato e non desidero altro che conservarlo”. Ci sono giorni in cui si accorge di aver bisogno di“attingere forza dalla Mamma celeste, poiché non so abituarmi come vorrei a vivere felicemente nel buio”, ma sempre più deve riconoscere che “nella tristezza della mia sordità, e nella più buia delle mie solitudini, ho cercato con la volontà di essere serena per far fiorire il mio dolore

Nel 1962 fece il primo pellegrinaggio a Lourdes. Dopo aver fatto domanda all’UNITALSI partì dal 24 al 31 maggio. Con la metà di ottobre del 1962 terminò definitivamente il Diario. I suoi pensieri, interamente riguardanti la religione e il cammino interiore, vennero appuntati sull’Agenda della Motta. Scrivere le comportava un grandissima fatica e una notevole quantità di tempo.

Il 15 ottobre 1962 venne ricoverata all’Ospedale Civile di Desenzano. La diagnosi: neurofibromatosi multipla e febbre da foci dentari. Presentava inoltre piaghe da decubito al sacro e alla regione glutea di sinistra, le erano impossibili le Venerabile Benedetta Bianchi Porro5funzioni fisiologiche. Le furono estratti 14 denti. Al controllo oculistico risultò che la stasi si era accentuata con edema intenso delle papille. Il 28 novembre venne dimessa.

A causa di un peggioramento della vista il 12 dicembre fu sottoposta ad un nuovo intervento chirurgico: deviazione del liquor cerebrale nella giugulare. A seguito dell’intervento perse completamente la vista. L’unico contatto con il mondo esterno passava attraverso il palmo della sua mano. La madre comunicava con lei attraverso dei segni e Benedetta rispondeva con un impercettibile bisbiglio.

“Io non posso offrire più nulla al Signore, le mie mani sono vuote, non ho che poche briciole di pane: ma anche qui nel mio letto sento tutta la tenerezza della primavera scaturita. E a Dio offro tutti i fiori del mondo che sono sotto il sole, sbocciati.” 

Il 20 gennaio 1964 si confessò e ricevette la comunione dal parroco di Sirmione. Prima di morire il suo pensiero ritornò ad una leggenda a lei cara, la leggenda del mendicante e del re. Morì il 23 gennaio del 1964. Attualmente è grazie al Diario da lei composto si ritiene possibile conoscere e comprendere le sue scelte e i suoi travagli interiori. Nel dicembre del 1993 la Chiesa cattolica emise il decreto di Introduzione alla causa di santità e pertanto, secondo l’uso consolidato, le spetta il titolo di Venerabile.

Fonti: http://www.santiebeati.it/dettaglio/90001http://it.wikipedia.org/wiki/Benedetta_Bianchi_Porro