San Giovanni Calabria

SAN GIOVANNI CALABRIA

Sacerdote fondatore (1873-1954) 4 dicembre

S. GIOVANNI CALABRIADefinito il campione della fiducia nella Santa Provvidenza. Nato povero, lavorò per i poveri per tutta la vita, disdegnando il possesso materiale. I suoi punti di forza erano una fede sincera e profonda, una preghiera intensa e si dice che abbia fatto esperienza dei dolori della croce.

Nato in una soffitta nei vicoli di Verona, Giovanni Calabria da ragazzo conobbe la povertà e gli stenti; il padre morì quando aveva dodici anni, e solo la Chiesa gli fornì un’istruzione. Studiò al seminario, senza avere ambizioni di onori ecclesiastici.

Svolse il servizio militare e, non essendo per indole incline alla guerra, scelse di arruolarsi volontario nel servizio più pericoloso disponibile, quello di assistere i pazienti che erano affetti dal tifo, nell’ospedale militare; poi diventò sacerdote secolare e dedicò la vita ai poveri delle sue parrocchie.

Don Calabria scriverà ai suoi religiosi:

“Confessatevi regolarmente; siate umili, sinceri nell’accusa. Abbiate un confessore stabile, che vi conosca, se volete progredire nelle vie della perfezione e della Santità; e non facili a cambiarlo, abbiate confidenza e apritevi pure con lui, specialmente per quello che riguarda la vostra vita religiosa e la vostra vocazione“.

S. GIOVANNI CALABRIA2Fondò un orfanotrofio per bambini rifiutati o abbandonati, e ricoveri per i vecchi e gli ammalati. Istituì la Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, formata da sacerdoti o fratelli, e un ordine corrispondente per le donne. Successivamente fondò un ordine laico (la Famiglia dei Fratelli Esterni) affinché lavorasse nei quartieri poveri.

L’opera di Giovanni Calabria fu caratterizzata da una fede sincera e profonda, la sua vita di preghiera fu intensa, e si dice che abbia fatto esperienza dei dolori della croce. La sua fede in Dio era immediata e totale; non si stancava mai di citare Mt 6, 25; «Perciò vi dico; per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito?»

Nel 1934 estese ancor più la sua opera mandando missionari in India. Ma questa missione non diede i frutti sperati: “Per circa un anno le cose procedettero bene: i fratelli erano contenti, i superiori della missione pure; scrivevano elogiandone lo spirito di pietà e di abnegazione e ne chiedevano altri e, possibilmente, almeno un sacerdote. Poi ci furono difficoltà inevitabilmente d’ambiente, scoppiò la complicazione della guerra italo-abissina, mentre in seno alla stessa congregazione si era ormai maturata la delicata situazione che provocò la visita apostolica… Il visitatore, infatti, vagliata la situazione delle missioni, decise di richiamare i fratelli in patria“. Personalmente non intraprese lunghi viaggi, restò “recluso” in una piccola porzione della sua casa a Verona, ma dalla sua stanza allargò i suoi orizzonti ovunque la Chiesa richiedesse interventi.

S. GIOVANNI CALABRIA2Egli era in tutto un “prete di Dio”: diceva chiaramente che la sua opera “sarà grande se sarà piccola, sarà ricca se sarà povera; avrà la protezione di Dio se non cercherà quella dell’uomo”. E aggiungeva: “Scopo del vero sacerdote è accendere un piccolo fuochetto che, se la Provvidenza lo vorrà, farà estendere il suo calore e la sua luce ovunque e comunque“.

Si preoccupò di scrivere e soprattutto di dare possibilità a tutti di leggere della buona stampa; pubblicò egli stessopresso una tipografia che aveva fondato, un famoso libro: “Apostolica vivendi forma”. In queste pagine denunciò i mali del tempo e cercò di far comprendere come, con l’aiuto di Dio e della divina Provvidenza, tutto si poteva “aggiustare“.

Sapeva trovare il tono e la frase appropriata per rivolgersi ai sacerdoti, alle persone che potevano aiutare il popolo di Dio a ritrovare “la strada”. Era preoccupato in quanto percepiva che “il mondo” si stava allontanando dal messaggio del Vangelo. Amava la chiesa, anche come “istituzione”, con un amore completo, “disinteressato”. Soffrì in continuazione di disagi, situazioni impossibili, ma il suo essere era dedicato tutto e solo alle opere di Dio: non aveva tempo per lagnarsiIl fuoco di Dio gli bruciava dentro: lo forgiava e lo spingeva verso nuove opere che spesso venivano ritenute “impossibili”. Voleva che nessuno pensasse al denaro, alle necessità materiali; percepiva che alle urgenze materiali avrebbe provveduto la divina Provvidenza.

Seppe essere vicino a tutti i bisognosi, per primo si occupò dei carcerati e credette profondamente nella missione della Chiesa rivolta ai “fratelli S. GIOVANNI CALABRIA1separati”; fondò in Italia l’Unione Medica Missionaria e fu un anticipatore di certe linee pastorali della Chiesa espresse dal Vaticano II. In particolare sul tema dei fratelli separati scrisse un agile opuscolo, “Omnes unum sint”, che fece spedire ovunque, alle personalità delle chiese separate, comprese le chiese orientali e i fratelli anglicani; voleva creare attraverso la carità i contatti rivolti all’opera di unità. Subìanche per questa sua larga operosità, invidie e perfino ispezioni canoniche, ma non pensò mai di rallentare o di fermare la sua attività.

Scrive di lui, Luciano Squizzato, sacerdote Povero Servo della Divina Provvidenza, missionario in Kenya e studioso della spiritualità calabriana:

“Soprattutto negli ultimi cinque anni di vita(1950-1954), don Calabria sperimentò un terribile susseguirsi di foschie spirituali, di sofferenze morali e di dolori fisici. Tuttavia non era umanamente abbandonato a se stesso nelle molte prove a cui andavano soggetti il suo spirito e il suo corpo. I suoi religiosi e i suoi numerosi figli spirituali vissero con trepidazione quel misterioso periodo della vita del loro Padre che sembrava come avvolto in un sudario di trafiggenti sofferenze. Man mano che egli si inoltrava verso vie di santità sempre più alte e difficili, Dio attorniò don Calabria di numerosi “angeli del conforto” e “ausiliari della Provvidenza”, ossia di persone che in diversa maniera contribuirono a sostenerlo umanamente e spiritualmente.”

Nella sua umiltà, una volta don Calabria fece un involontario “elogio” a se stesso, affermando una delle cose più belle che si possa dire di un religioso: “Pur così povero e miserabile come sono, una delle più grandi consolazioni per me è questa, di aver obbedito sempre al mio Padre Spirituale”. Nato povero, lavorò per i poveri per tutta la vita e disdegnò il possesso materiale. È stato beatificato il 17 aprile 1988, e papa Giovanni Paolo II ha lodato l’approccio ecumenico e il senso profondo di unità cristiana della sua attività.

FontiIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler /http://www.piardi.org/persone/p24.htm / http://www.santiebeati.it/dettaglio/73650