San Martino de Porres

SAN MARTINO DE PORRES

religioso (1575 – 1639) 3 novembre

S. MARTINO DE PORRESMartino fu il primo mulatto a essere riconosciuto dalla Chiesa per la sua eroica virtù cristiana. Il padre spagnolo si rifiutò di riconoscerlo come figlio. Di doti soprannaturali ne aveva davvero tante, come quella di passare per le porte chiuse.

Nato a Lima in Perù il 9 dicembre 1575, era figlio naturale di don Juan de Porres, un hidalgo spagnolo, e di Anna Velàzquez, una liberta di colore di Panama. Juan fu molto deluso per il fatto che suo figlio avesse ereditato i lineamenti e la carnagione della madre, e quando Martino alla fine fu battezzato (il 9 novembre 1579), fu iscritto nel registro come «figlio di padre sconosciuto».

Rifiutando di riconoscere pubblicamente Martino e sua sorella minore come suoi figli, Juan li costrinse ad appartenere alla categoria di “figli illegittimi”, un enorme svantaggio nella società gerarchica di Lima di quei tempi. Comunque, pur affidandoli quasi completamente alle cure della madre, non abbandonò del tutto le sue responsabilità, dato che portò i figli con sé in Ecuador, dove ricevettero una certa istruzione. Inoltre, quando fu nominato governatore di Panama, fece ..assumere Martino, che aveva a quel tempo dodici anni, come apprendista presso il dottor Marcelo de Ribera a Lima. Dal dottor Ribera, Martino ricevette buone basi di medicina e molte altre nozioni mediche: come fermare le emorragie, curare le ferite e le fratture, prescrivere medicinali; la combinazione di queste conoscenze teoriche e pratiche con quelle ricevute dalla madre, famosa per la sua conoscenza delle erbe mediche, tornò utile. Per molte volte nel corso degli anni si occupò delle malattie che la medicina convenzionale non riusciva a curare.

S. MARTINO DE PORRES1All’età di sedici anni. Martino de Porres, già membro del Terz’ordine di S. Domenico, fu accolto dai domenicani al convento del S. Rosario di Lima come donado (membro del Terz’ordine, un laico che riceveva cibo e alloggio in convento come compenso per il lavoro svolto, particolarmente servile).

Si narra che il padre di Martino, ancora governatore di Panama, l’abbia considerato un affronto alla propria dignità; cercò allora di far accettare il figlio come membro dall’Ordine dei predicatori. La vicenda, infatti, era più complicata di quanto sembri, dato che a quei tempi esisteva una legge che impediva agli «indiani, ai neri e ai loro discendenti» di entrare a far parte di un ordine religioso. Il priore del convento del S. Rosario, Juan de Lorenzana, era pronto a ignorarla nel caso di Martino, accettandolo come fratello laico, ma Martino rifiutò; solo nel 1599, all’età di ventiquattro anni, pronunciò la professione come fratello laico.

Le notizie sulla vita di Martino nell’Ordine domenicano sono tratte dalle testimonianze raccolte durante il processo di beatificazione; un membro della congregazione, Fernando de Aragonés, ne diede un’immagine complessiva; «Erano molti i lavori di cui si occupava il servo di Dio, frate Martino de Porres: era cerusico, chirurgo, guardarobiere e infermiere. Ognuno di questi lavori era abbastanza gravoso per un uomo solo, ma Martino vi si dedicava con grande generosità, prontezza e attenzione ai dettagli, senza sentirne il peso. Era sorprendente e mi fece capire che quello che nella sua anima lo legava a Dio era effetto della grazia divina».

Altri descrissero esempi più specifici della sua carità e del suo potere straordinario di guarigione; Fernando dell’Aguila, per esempio, racconta che Geronimo Batista, uno dei sacerdoti della congregazione, era affetto da gravi ulcere a una gamba, incurabili dalla medicina ufficiale, perciò l’unica soluzione era l’amputazione. Il chirurgo aveva appena iniziato l’intervento quando Martino entrò chiedendo che cosa stesse succedendo;quando apprese che il frate stava per S. MARTINO DE PORRES2perdere la gamba, disse al chirurgo di fermarsi e che l’avrebbe curato lui stesso: in pochi giorni il paziente guarì completamente.

Martino non svolse la sua attività solo all’interno della congregazione, ma estese le sue attenzioni agli ammalati della città e si occupò della costruzione di un orfanotrofio e di un ricovero per trovatelli, con annesse molte altre fondazioni. Gli fu dato il compito di distribuire ai poveri, ogni giorno,il cibo del convento (che si dice moltiplicasse miracolosamente in caso di bisogno) e si prese personalmente cura degli schiavi deportati in Perù dall’Africa. La sua ambizione più grande era di essere mandato in qualche missione all’estero, per la gloria del martirio, ma dal momento che non era possibile, decise di infliggersi rigorose penitenze (si parlò molto durante il processo di beatificazione non solo delle penitenze, ma anche delle straordinarie doti soprannaturali, inclusa la capacità di passare attraverso le porte chiuse).

Il suo amore per le creature di Dio si estendeva agli animali (divenne noto come il S. Francesco delle Americhe): giustificava addirittura le devastazioni compiute dai topi affermando che i piccoli esseri non erano adeguatamente nutriti; giunse inoltre a creare a casa della sorella un ricovero per cani e gatti.

Secondo il suo pupillo, Juan Vasquez Parrà, Martino fu molto pratico nelle opere di carità: con i soldi e i beni che raccoglieva scrupolosamente e metodicamente, provvide alla dote di sua nipote in tre giorni e allo stesso tempo raccolse altrettanto denaro, e anche di più, per i poveri.

S. MARTINO DE PORRES3Insegnò a seminare la camomilla nelle orme lasciate dagli animali sul terreno ben concimato, mise un servo di colore in lavanderia, si occupò di chiunque avesse bisogno, fossero coperte o candele, camicie o dolci, miracoli o preghiere. La sensibilità di Martino è rivelata in due episodi; nel primo si nana che un avvocato, don Balthasar Carrasco, desiderava essere suo figlio adottivo e chiamarlo padre, al che Martino obiettò:

«Perché vuoi un mulatto per padre? Non starebbe bene». «Perché no?», replicò don Balthasar, «direbbero piuttosto che hai un figlio spagnolo». In un’altra occasione, quando il suo priorato aveva difficoltà a saldare un debito. Martino offrì se stesso in cambio: «Sono solo un povero mulatto, sono proprietà dell’ordine. Vendetemi».

Martino fu amico di S. Rosa di Lima (23 ago.) e anche del B. Giovanni Macias (18 set.), fratello laico dei domenicani di Santa Maria Maddalena in quella città. Alla sua morte avvenuta il 3 novembre 1639, prelati e nobili, oltre a gente d’ogni estrazione sociale, parteciparono alla processione funebre, acclamandolo come loro santo. Fu beatificato nel 1837, dopo molti ritardi, e canonizzato il 6 maggio 1962, È il patrono della giustizia sociale e dei rapporti interrazziali, data la sua carità di portata universale.

È INVOCATO; – come protettore di barbieri, parrucchieri, giudici, della televisione, delle scuole e di tutte le opere di giustizia sociale, specie contro le segregazioni razziali

FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

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