Santo Padre Giovanni XXIII

Santo Padre Giovanni XXIII

ANGELO GIUSEPPE RONCALLI

papa (1881-1963) 11 ottobre (3 giugno)

Padre e maestro non di una generazione soltanto né soltanto entro il campo visibile (GIOVANNI XXIII)della Chiesa cattolica. La sua memoria è stata sposta all’11 ottobre, data di apertura del Concilio Vaticano II da lui indetto. Il suo corpo trovato incorrotto è stato esposto alla devozione in San Pietro.

Il futuro papa Giovanni XXIII nacque a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881 da una famiglia povera e numerosa, che lo educò a una fede genuina e forte. Manifestando fin dalla giovinezza una seria inclinazione alla vita ecclesiastica, si preparò all’ingresso nel seminario diocesano. Iniziano fin da qui le note spirituali del suo “giornale dell’anima”, che redigerà fino agli ultimi suoi giorni e che, poi pubblicato, conoscerà popolarità vastissima.

La sua formazione è tradizionale ma segnata dall’instancabile sforzo di aderire totalmente e in verità al modello di prete proposto dai manuali di spiritualità e dal seminario. Scrive nel 1902: «Dio è tutto, io sono nulla», e questa coscienza lo seguirà sempre.

(GIOVANNI XXIII)1Il 10 agosto 1904 fu ordinato sacerdote e divenne segretario del nuovo vescovo di Bergamo, Giacomo Radini Tedeschi, personalità di grande rilievo. Al suo seguito. Angelo fece esperienza di un ministero che «guardava alto», sensibile ai problemi liturgici ed ecumenici, alla formazione dei laici. Nel 1914 dovette pure difendersi da alcuni sospetti di simpatie moderniste che avevano trovato eco anche a Roma. Lo scoppio della guerra nel 1915 lo vide prodigarsi per più di tre anni, come cappellano con il grado di sergente, nell’assistenza ai feriti ricoverati negli ospedali militari di Bergamo, giungendo ad atti di autentico eroismo.

Nel 1920 è chiamato a Roma per un incarico di responsabilità nell’appoggio alle missioni e deve dolorosamente lasciare Bergamo. Nel 1925, con la nomina a Visitatore Apostolico in Bulgaria, tra popolazioni cristiane ortodosse, e la consacrazione episcopale iniziò il periodo diplomatico a servizio della Santa Sede, che si prolungò fino al 1952. Con tatto e abilità organizzò alcuni incontri ufficiali con il Patriarca di (GIOVANNI XXIII)2Costantinopoli, i primi dopo secoli di separazione con la Chiesa cattolica.

Il motto episcopale oboedentia et pax indica la certezza che dall’obbedienza autentica nasce la pace dell’anima e in questa obbedienza umile e totale, innanzitutto a Cristo e alla sua croce, si radica la possibilità di gesti audaci. Scrive nel 1928:

“Una volta che si ha rinunciato a tutto, proprio a tutto, ogni audacia diventa la cosa più semplice e più naturale del mondo.”

Dal 1935 è in Turchia e qui lo raggiunge la tragedia della seconda guerra mondiale, cui fa fronte conservando un prudente  atteggiamento di neutralità, che gli permise di svolgere un’efficace azione di assistenza a favore degli ebrei e della popolazione stremata dalla fame. 

Nel dicembre del 1944 riceve la nomina a nunzio a Parigi, in una sede esplosiva per l’insorgere di tutti i problemi politici e diplomatici del dopoguerra, ma la sua oggettiva impreparazione non l’abbatte e anzi si approfondisce in lui la convinzione della scelta evangelica sopra ogni ragione di stato;

“Continuo ad accontentarmi della mia bonomia e semplicità di sentimento, di parola, di tatto. Le somme tornano sempre a vantaggio di chi resta fedele alla dottrina e agli esempi del Signore.”

(GIOVANNI XXIII)3Nel 1952, infine, accettò prontamente la proposta di trasferimento alla sede di Venezia dove giunse il 5 marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell’ultimo Concistoro di Pio XII, Promuove la lettura della Sacra Scrittura, al “frustino” preferisce la bontà vigilante, paziente e longanime, e la diocesi lo ricambia di affetto immenso.

L’elezione, il 28 ottobre 1958, del settantasettenne  cardinale Roncalli a successore di Pio XII induceva molti a pensare a un pontificato di transizione, ma non fu così. Fin dall’inizio papa Giovanni si preoccupò di conferire un’impronta pastorale al suo ministero, di essere prima di tutto “vescovo di Roma“, e suscitò un consenso popolare spontaneo e dilagante. L’atto dirompente e il più grande contributo giovanneo è rappresentato senza dubbio dal Concilio Vaticano II, il cui annuncio fu dato nella basilica di S. Paolo il 25 aprile 1959.

Papa Giovanni aveva la chiara percezione di vivere in un tempo di transizione segnato dalla guerra, dall’universalizzazione dei problemi, dall’epoca atomica e spaziale, dal divario sempre più forte tra paesi ricchi e poveri, dalla rivoluzione tecnologica e sessuale, da una nuova morale permissivista, dalla crisi delle vocazioni religiose. Il complesso di preoccupazioni che si affacciavano sul mondo e sulla vita cristiana era immenso eppure sottovalutato. Senza il Concilio, i mali rivelatisi più chiaramente negli anni successivi avrebbero dilaniato una Chiesa impreparata e monolitica. Dirà nel discorso inaugurale, all’apertura del Concilio (11 ottobre 1962):

(GIOVANNI XXIII)4

“Quel primo e improvviso fiorire nel nostro cuore e sulle nostre labbra della semplice parola concilio ecumenico […] fu un tocco inatteso, uno sprazzo di superna luce, una grande soavità negli occhi e nel cuore.”

Le difficoltà e gli ostacoli postigli dalla stessa curia non furono pochi, ma la mite risolutezza di Giovanni XXIII ebbe il sopravvento. La Chiesa cattolica parve risvegliarsi da un lungo torpore e il Concilio fu la risposta ecclesiale alla crisi epocale in corso. Le finalità assegnate all’Assise conciliare erano originali; la dottrina della fede fosse presentata in forma efficace, realizzando «un balzo innanzi verso una penetrazione attenta del nostro tempo». Dal volto del papa emergeva l’uomo evangelico e l’ufficio papale venne vivificato dalla santità.

 

Il prestigio e l’ammirazione universali si poterono misurare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del papa morente e accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa il 3 giugno 1963, sera di Pentecoste, sigillo divino di gradimento di quell’offerta ripetuta ancora sul letto di morte:

papa giovanni XIII particolare del volto

“Questo letto è un altare, l’altare vuole una vittima: eccomi pronto. Offro la mia vita per la Chiesa, la continuazione del concilio ecumenico, la pace nel mondo, l’unione dei cristiani. Il segreto del mio sacerdozio sta nel crocefisso che volli porre di fronte al mio letto. Egli mi guarda, io gli pario. Nelle lunghe e frequenti conversazioni notturne, il pensiero della redenzione del mondo mi è apparso più urgente che mai […] Quelle braccia allargate dicono che egli è morto per tutti, per tutti; nessuno è respinto dal suo amore, dal suo perdono.”

E stato beatificato da Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000 e il suo corpo, trovato incorrotto, è stato per la prima volta esposto alla devozione popolare il 3 giugno 2001 in S. Pietro. La sua memoria è stata fissata significativamente all’11 ottobre, data di apertura del Concilio.

Papa Giovanni XXIII e il rosario

Durante il suo pontificato fu pubblicato su “L’Osservatore Romano” un suo “Piccolo saggio di devoti pensieri distribuiti per ogni decina del Rosario, con riferimento alla triplice accentuazione: mistero, riflessione ed intenzione”: in una scrittura limpida e chiara c’è il succo delle riflessioni che egli veniva maturando nella personale preghiera del S. Rosario. “Nell’atto che ripetiamo le Avemarie, quanto è bello contemplare il campo che germina, la messe che s’innalza…”, diceva con efficace metafora presa da quel mondo contadino a lui così familiare. “Ciascuno avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon insegnamento per sé, in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui vive”.

Papa Giovanni auspicava che il Rosario venisse recitato ogni sera in casa, nelle famiglie riunite, in ogni luogo della terra. Ma quanti oggi si radunano per fare questo? Il vento gelido della secolarizzazione ha finito per spazzare via questa antica consuetudine. Le case assomigliano oggi a isole di solitudine e incomunicabilità e se ci si riunisce è per celebrare i rituali del “caminetto” televisivo che mescola con la stessa indifferenza massacri etnici e telequiz, futilità e orrori.

papa giovanni xxiii incoronala vergine

Il suo paese natale da oltre un trentennio è meta incessante di pellegrinaggi. La sua fede era limpida e sorgiva, riposava in Maria, attraverso il RosarioAnche il miracolo, la guarigione “clinicamente inspiegabile” di una suora malata di cancro, grazie a cui è ora elevato alla gloria degli altari, si è realizzato nel segno di Maria. Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità, era affetta da un tumore allo stomaco che l’aveva ridotta in fin di vita. Papa Giovanni era morto da soli tre anni e la suorina con le consorelle l’aveva pregato a lungo, con grande insistenza e fiducia. Quel giorno, era il 25 maggio 1966, il “Papa buono” le apparve e le disse di non temere, perché sarebbe stata guarita, aggiungendo: “Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo”.
Prima di scomparire però le fece una grande raccomandazione: di pregare sempre il rosario. Era il suo chiodo fisso durante la vita, era il segreto della sua santità nell’alba eterna che non conosce tramonto. È stato proclamato santo da Papa Francesco il 27 aprile 2014 festa della Divina Misericordia insieme a Giovanni Paolo II.

Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler; http://www.santiebeati.it/dettaglio/55725

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