Beata Serafina Sforza

Beata Serafina Sforza

Carmelitana (1434 – ca. 1478) 08 settembre

Diversi lutti familiari segnarono la sua infanzia, finchè non venne data in sposa ad un B. Serafina Sforzauomo assai più vecchio di lei, appena quattordicenne. Una serie di adulteri e tentativi di avvelenamento precedettero la sua entrata nell’ordine delle carmelitane povere.

Serafina, il cui nome di battesimo era Sveva, nacque a Urbino nel 1434, ed era la figlia più giovane di Guidantonio da Montefeltro e della seconda moglie, Caterina Colonna, che mori quando la figlia aveva solo quattro anniCinque anni dopo, anche il padre di Sveva morì, e per i successivi tre anni fu affidata alle cure prima di suo fratello Oddantonio, e poi, quando anche quest’ultimo morì in circostanze tragiche, del fratellastro Federico. Nel 1446, fu inviata a Roma per essere cresciuta nella casa di suo zio, il cardinale Prospero Colonna.

All’età di circa quattordici anni, il cardinale accettò di farla sposare con Alessandro Sforza, signore di Pesaro, un vedovo con due figli maschi. Il matrimonio avvenne per procura il 9 gennaio 1448, ma Sveva non raggiunse il marito fino a settembre dello stesso anno.  Sembra che il matrimonio sia stato abbastanza felice, finché Alessandro fu chiamato a combattere per suo fratello, il duca di Milano. Seguì un periodo di assenze prolungate, durante il quale Sveva si occupò dei due figliastri, Battista e Costanzo, assieme a sua zia Vittoria Colonna, e alla cugina Elisabetta i Malatesta Verano.

B. Serafina Sforza1Al ritorno di Alessandro, fu ovvio che la separazione non aveva giovato per niente al rapporto coniugale, dato che il marito ebbe una relazione con una donna di nome Pacifica, moglie di un dottore del luogo. Sfortunatamente, i racconti di ciò che accadde di seguito sono visti esclusivamente dal punto di vista di Sveva. Alessandro chiaramente si comportò male, ma probabilmente non fu facile portare avanti un matrimonio combinato con una donna molto più giovane e con meno esperienza di lui, e quasi certamente insicura.

Sveva da parte sua sembra non aver fatto niente per riconquistarlo, ma solo questo lo spinse alla crudeltà fisica. Alcune delle sue accuse contro di lei riflettono la rivalità politica delle loro due famiglie. Dopo averla  accusata d’adulterio e di aver tentato di avvelenarlo, sostenne che cospirava contro di lui con la complicità di Vittoria Colonna e, più significativamente, sotto istigazione di Sigismondo Pandolfo Malatesta che tentava di riconquistare il dominio di Pesaro. Sia che abbia cercato realmente di avvelenarlo o meno, Sveva infine abbandonò ogni tentativo di riconciliazione e si rifugiò nella preghiera. Questo irritò ancor di più Alessandro che in seguito la cacciò da casa, intimandole di trovare asilo in qualche convento.

Entrò come ospite nelle Clarisse Povere, ma presto condivise pienamente il loro stile di vita e prese quindi l’abito con il nome di Serafina. Avendo ottenuto ciò che voleva, Alessandro cominciò a portare in giro per Pesaro Pacifica, come se fosse sua moglie (Pacifica visitò perfino il convento indossando i gioielli di Sveva). Nel frattempo Serafina viveva seguendo la parola e lo spirito della Regola che aveva scelto. Pregava B. Serafina Sforza2continuamente per la conversione del marito, e sembra che le sue preghiere siano state esaudite: nel 1473, prima di morire, Alessandro si recò al convento e le chiese perdono. Serafina fu eletta badessa nel 1475 e morì tre anni più tardi, l’8 settembre 1478.

Gli studi effettuati nel corso del Novecento dimostrano che Sveva può non essere stata la vittima innocente che si riteneva. Secondo un’ipotesi, per esempio, prese parte a un complotto contro il marito. Quello che è certo è che entrò in convento all’età di venticinque anni e che, qualsiasi fosse il motivo del suo pentimento, crebbe in santità osservando giorno per giorno una regola religiosa fra le più austere. Il suo culto locale fu approvato nel 1754 da papa Benedetto XIV (1740-1758).

FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler