Santi Germana di Pibrac, Vito, Modesto e Crescenzia

Santa Germana di Pibrac, Vito, Modesto e Crescenzia

 (ca. 1579-1601) / martiri (? 300) 15 giugno

Tanto belle entrambe le storie di questi due giovani: Germana e Vito che ho pensato di pubblicarle entrambe.s. germana La prima ricorda molto la fiaba di Cenerentola, ma altrettanto famoso è il tanto temuto “ballo” di San Vito. Famoso si, ma sappiamo davvero per quale motivo si chiama così? 

Germana Cousin, bambina povera e malaticcia, nata con molti difetti fisici, morì in giovane età, ma il breve apostolico per la sua beatificazione ne parla così: «Rifulse come una stella non solo nella Francia nativa, ma anche attraverso tutta la Chiesa cattolica». La sua famiglia viveva a Pibrac, un villaggio vicino a Tolosa; il padre lavorava nei campi e la madre morì quando lei era molto giovane.

La bambina aveva il braccio destro paralizzato ed era afflitta dalla scrofolosi o “male del re”, un’infermità cronica legata alla malnutrizione (a quel tempo la medicina non aveva ancora scoperto questa sindrome specifica) che deturpa il suo viso con piaghe e sgradevoli rigonfiamenti  del collo, forse nel suo caso di origine tubercolotica. Vive e muore sempre da ultima. La sua biografia è un S. Germana1succedersi di disgrazie, a partire dalla nascita. La matrigna la trattava duramente, isolandola dai fratellastri e dalle sorellastre, dandole da mangiare gli avanzi, facendola dormire nella stalla o nel sottoscala, e appena possibile fu mandata nei campi a custodire le greggi.

Germana accettava tutto senza lamentarsi; quando era nei campi imparò a parlare direttamente con Dio e a vivere alla sua presenza. In un primo momento gli adulti del villaggio sposarono l’opinione della famiglia e la considerarono un essere inutile e malato, umiliandola e beffeggiandola. Non si unì mai alle ragazze sue coetanee, ma si intratteneva con ragazzi più giovani che facevano circolo intorno a lei e ai quali trasmetteva semplici insegnamenti religiosi; assisteva alla Messa ogni volta che ne aveva la possibilità, recitava il rosario e l’Angelus quotidianamente e divideva il suo già magro cibo con i mendicanti.

santa germanaPiano piano gli abitanti del villaggio cominciarono a cambiare opinione nei suoi confronti e iniziarono a circolare strani racconti: quando lei abbandonava il gregge per recarsi a Messa, non accadeva mai che questo si disperdesse o cadesse preda dei lupi; quando guadò un torrente per andare a Messa alcuni dissero che le acque si erano divise davanti a lei come il Mar Rosso davanti a Mose; quando due vicini di casa videro la sua matrigna che la inseguiva con un bastone accusandola di aver rubato del pane, ella lasciò cadere il suo grembiule per terra e a quel contatto spuntarono fiori estivi. Queste storie stanno a dimostrare la pietà e l’affetto per la giovane inferma e il crescere della venerazione nei suoi confronti: gli abitanti di Pibrac si convinsero che tra loro c’era una santa. Anche suo padre e la matrigna divennero miti e avrebbero voluto che si sistemasse in casa, ma Germana continuò a vivere come prima e a ventidue anni fu trovata morta, distesa sul suo giaciglio nel sottoscala.

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Più di 40 anni dopo, la sorpresa: riesumato il suo corpo, sepolto nella chiesa di Pibrac lo si trova intatto. Si diffonde la venerazione per lei, con racconti di miracoli e guarigioni. Incomincia un processo per la canonizzazione, mentre la gente continua a invocarla. A fine Settecento, con la Rivoluzione francese, anche i suoi resti vengono dispersi. Germana fu prima beatificata e poi canonizzata durante il pontificato di papa Pio IX (1846-1878). Ogni anno si celebra un pellegrinaggio alla chiesa della città, dove ancora sono conservate le sue reliquie. È raffigurata con una conocchia e un fuso, altre volte con accanto una pecora, oppure con il grembiule colmo di rose.

SANTA GERMANA È INVOCATA: – come protettrice dei pastori

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Tra S. Vito, Modesto e CrescenziaS. Vito è di gran lunga il più famoso e quello con il culto più antico, risalente al Geronimiano di S. Girolamo (30 set.), ed è citato, senza i compagni, nei martirologi di Beda e nell’Antico Martirologio inglese. Secondo la tradizione era figlio di un senatore siciliano; Modesto era il suo pedagogo e Crescenzia la sua nutriceentrambi lo allevarono nella fede cristiana. Quando la cosa venne a conoscenza del padre e del governatore dell’isola, Valeriano, questi cercarono di fargli rinnegare la fede, ma il giovane rimase saldo e non tradì gli altri due.

Aveva sui sette anni, quando cominciò a fare prodigi e quando nel 303 scoppiò in tutto l’impero romano, la persecuzione di Diocleziano contro i cristiani, Vito era già molto noto nella zona di Mazara. Il padre non riuscendo a farlo abiurare, si crede che fosse ormai un’adolescentelo denunziò al preside Valeriano, che ordinò di arrestarlo; che un padre convinto pagano, facesse arrestare un suo figlio o figlia divenuto cristiano, pur sapendo delle torture e morte a cui sarebbe andato incontro, è figura molto comune nei Martirologi dell’età delle persecuzioni, che come si sa, sotto vari titoli furono scritti secoli dopo e con l’enfasi della leggenda eroica.

Il preside Valeriano con minacce e lusinghe, tentò di farlo abiurare, anche con l’aiuto degli accorati appelli del padre, ma senza riuscirci; il ragazzo aveva come sostegno, con il loro esempio di coraggio e fedeltà a Cristo, la nutrice Crescenzia e il maestro Modesto, anche loro arrestati.

Visto l’inutilità dell’arresto, il preside lo rimandò a casa, allora il padre tentò di farlo sedurre da alcune donne compiacenti, ma Vito fu incorruttibile e quando Valeriano stava per farlo arrestare di nuovo, un angelo apparve a Modesto, ordinandogli di partire su una barca con il ragazzo e la nutrice. Durante il viaggio per mare, un’aquila portò loro acqua e cibo, finché sbarcarono alla foce del Sele sulle coste del Cilento, inoltrandosi poi in Lucania (antico nome della Basilicata, ripristinato anche dal 1932 al 1945).

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Vito continuò ad operare miracoli tanto da essere considerato un vero e proprio taumaturgo, testimoniando insieme ai due suoi accompagnatori, la sua fede con la parola e con i prodigi, finché non venne rintracciato dai soldati di Diocleziano, che lo condussero a Roma dall’imperatore, il quale saputo della fama di guaritore del ragazzo, l’aveva fatto cercare per mostrargli il figlio coetaneo di Vito, ammalato di epilessia, malattia che all’epoca era molto impressionante, tale da considerare l’ammalato un indemoniato. L’imperatore però, ritenne che le preghiere fossero opera di stregoneria, e fece torturare e condannare a morte tutti e tre.

Il seguito della storia deriva da rappresentazioni teatrali medievali, che raccontano di fughe ripetute e della loro miracolosa liberazione da parte di un angelo che li trasportò in Lucania. Si narra che venne immerso in un calderone di pece bollente, da cui ne uscì illeso; poi lo gettarono fra i leoni che invece di assalirlo, diventarono improvvisamente mansueti e gli leccarono i piedi. Continua la leggenda, che i torturatori non si arresero e appesero Vito, Modesto e Crescenzia ad un cavalletto, ma mentre le loro ossa venivano straziate, la terra cominciò a tremare e gli idoli caddero a terralo stesso Diocleziano fuggì spaventato. È probabile che si tratti di due tradizioni combinate insieme e che ci fosse un culto di S. Vito in Lucania precedente quello dei tre santi in Sicilia; non si sa nulla della loro storia vera o delle circostanze del loro martirio, ma pare certo che fossero cristiani martirizzati per la loro fede, probabilmente al tempo di Diocleziano.

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Il culto di S. Vito si è diffuso tra gli slavi, i popoli germanici ma anche a Roma, in Sicilia e Sardegna, e fin dal V secolo furono a lui dedicate alcune chiese. Si crede che le sue reliquie siano state traslate a Saint Denis a Parigi nel 775 e poi a Corvey in Sassonia nell’836; la devozione nei suoi confronti era così grande in Germania che venne annoverato tra i Quattordici Santi Protettori, venerati collettivamente in Renania a partire dal XIV secolo. Tra le loro molte raffigurazioni ne abbiamo una anche del Cranach, ora conservata ad Hampton Court, nei pressi di Londra. Benché questo culto sia stato scoraggiato dal Concilio di Trento (1545-1563), esso si è mantenuto in alcune abbazie della Baviera e dello Schwaben.

Il ballo di S. Vito” è l’appellativo volgare della corea di Sydenham (il medico inglese che per primo affrontò la malattia): nel Medio Evo questo termine popolare veniva usato per diverse sintomatologie che si manifestavano con convulsioni e movimenti del corpo non controllati.

In Sicilia, durante la dominazione normanna, si era propagata tra i soldati del re Ruggero II ; ai giorni nostri si pensa che quell’epidemia sia da attribuirsi ai morsi velenosi di una tarantola. Questa forma di “tremore”, che si manifestava nelle epidemie medievali, poteva essere anche una forma d’isteria di massa; ma la tossicità provocata dalla rabbia, dal morso di un serpente, dalla puntura di un insetto o da cibi avvelenati, poteva provocare gli stessi sintomi, come anche l’epilessia e condizioni psichiche alterate. S. Vito divenne così il patrono della gente che soffriva di queste sintomatologie e, per curiosa connessione, anche degli attori e dei danzatori. 

S. VITO È INVOCATO: – contro morsi dei rettili, punture di insetti, ballo di S. Vito, insonnia, letargia, pazzia, epilessia, rabbia, cani idrofobi, cibi avvelenati – come protettore di ballerini, attori e danzatori

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Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler http://www.webrun.it