SAN PIER DAMIANI

SAN PIER DAMIANI

vescovo e dottore della Chiesa (1007-1072) 21 febbraio S. PIER DAMIANI 4

Figura profetica della chiesa medievale, poeta, scrittore di prosa e  grande riformatore, attivo in un periodo di particolare crisi (“tempi di calamità” li definisce la nuova stesura del Martirologio Romano), dottore della Chiesa in considerazione del valore della sua predicazione e dei suoi scritti a favore del rinnovamento della vita ecclesiale.

Pier Damiani era nato a Ravenna in una famiglia numerosa e relativamente  povera. Alla morte di entrambi i genitori, essendo ancora giovane,  fu dapprima affidato alle cure di un fratello che lo trattò da servo e lo costrinse ad accudire i maiali e quindi a quelle del fratello maggiore, arciprete di Ravenna. Egli prese a cuore il problema dell’educazione di Pietro, mandandolo a studiare prima a Faenza e poi a Parma. Dopo aver frequentato con successo i corsi di grammatica, retorica e diritto, ritornò a Ravenna come professore, adottando un austero stile di vita: indossava il cilicio, digiunava, trascorreva lunghe ore in preghiera, invitava alla propria tavola i poveri e li serviva personalmente. Avendo già in animo di lasciare il mondo e di abbracciare la vita monastica, gli accadde di ospitare due monaci benedettini che avevano seguito il riformatore S. Romualdo (19 giu.) nella sua fondazione di Fonte Avellana (Marche): essa era costituita da un gruppo di eremiti che vivevano a coppie e consacravano la loro vita alla preghiera e alla lectio divina.

Nel 1035 Piero si unì loro, superando subito tutti in austerità: le veglie a cui si sottoponeva gli procurarono un’insonnia quasi permanente  da cui guarì con grande difficoltà, riducendo a malincuore  le ore di meditazione notturna e di preghiera. Rivoltosi allo studio delle Scritture e della teologia patristica, divenne ben presto estremamente erudito anche in questi campi.

Gli altri eremiti decisero che egli avrebbe dovuto prendere la direzione della comunità alla morte dell’abate e, nonostante la sua opposizione, l’abate lo costrinse per obbedienza ad accettare l’incarico: alla morte di quest’ultimo (1043) fu S. PIER DAMIANI.1jpgquindi nominato superiore. Pier Damiani non assunse però il titolo di abate: agendo piuttosto come un “priore generale” fondò altri cinque monasteri, ognuno dei quali aveva il proprio priore tenuto a rendergli  conto. La sua prima opera fu una  Vita di S. Romualdonella quale presentò gli ideali che reggevano tutta la sua vita, in particolare l’esaltazione della vita eremitica e la riforma del clero.

La sua santità personale e lo zelo riformatore con cui guidava i suoi   monasteri gli conferirono grande credibilità anche a Roma. Egli sostenne inizialmente l’elezione papale di Giovanni Graziano col nome di Gregorio VI (1045-1046), ma quando si seppe che la sua elezione – avvenuta grazie alle dimissioni volontarie di Benedetto IX (1032-1045) – era stata ottenuta attraverso il pagamento di una considerevole somma  di denaro, il suo appoggio si trasformò in aperta inimicizia.

Da questo  momento Pier Damiani cominciò a preoccuparsi della riforma del processo di elezione dei papi, e i successivi papi riformatori lo impiegarono  al servizio della Chiesa universale. Papa Leone IX (1049-1054;  19 apr.) convocò sinodi in tutta Italia, nei quali Pier Damiani si lanciava  con veemenza contro la simonia e il matrimonio dei preti.

Leone lo  impegnò pertanto come teologo nella lotta contro la simonia: le argomentazioni di Pietro, contenute nel suoLiber gratissimus, si mantennero equilibrate e non si spinsero a dichiarare invalide le ordinazioni legate a simonia, come fecero alcuni riformatori del periodo. Egli riteneva che la riforma del papato avrebbe aperto la strada alla riforma dell’intera Chiesa e fu proprio Leone il primo a proporre che l’elezione del papa fosse compito esclusivo del collegio cardinalizio. Nel 1057 papa Stefano IX (1057-1058), riformatore al pari di Leone IX, persuase Pietro ad abbandonare il suo eremo e lo nominò cardinale vescovo di Osria. Questa nomina conferì al movimento eremirico un ruolo ufficiale all’interno della Chiesa.

Stefano IX, sentendosi vicino alla morte, aveva fatto giurare al clero e al popolo di Roma di non eleggere un successore finché Ildebrando (il futuro papa Gregorio VII) non fosse tornato dalla missione presso la corte tedesca, ma al momento del suo trapasso un S. PIER DAMIANI.2gruppo di nobili romani fece proclamare papa Giovanni Mincio, cardinale vescovo di Velletri, col nome di Benedetto X. Pier Damiani, che come vescovo di Ostia avrebbe dovuto presiedere la cerimonia, si oppose e si rifiutò di officiare, ma nonostante ciò la liturgia fu svolta grazie alla presidenza, irregolare, dell’arciprete di Ostia. Benedetto regnò nove mesi; nel dicembre 1058 ci fu l’elezione da parte dei cardinali di Niccolò II , a cui seguì la scomunica di Benedetto e il suo imprigionamento.

Pietro conservava il suo posto con riluttanza: chiese con insistenza a Niccolò II, che governò anch’egli la Chiesa per un periodo brevissimo (1058-1061), e quindi al suo successore, Alessandro II (1061-1073), di poter tornare alla sua vita eremitica. Niccolò II però gli affidò un’importante missione a Milano, dove un movimento popolare di riforma, noto come “pataria”, stava obbligando i preti cittadini ancora riluttanti ad abbracciare il celibato. Accompagnato da Anselmo di Lucca (il futuro Alessandro II) Pier Damiani ribadì il primato di Roma davanti al poco entusiasta popolo di Milano, e riuscì a riportare l’ordine e a evitare che la “pataria” sfociasse in un movimento di riforma scismatico. Nel 1059 Pier Damiani partecipò anche al sinodo del Laterano dove si affermò, essenzialmente per impedire imposizioni imperiali, che solo i cardinali avevano il diritto di eleggere i futuri papi.

Il santo sostenne l’elezione di Alessandro contro quella di un candidato proposto da romani e corte imperiale (poi autoproclamatosi papa con il nome di Onorio II), e nel 1062 scrisse la Disceptatio sinodali per il sinodo di Augusta, convocato in appoggio di Alessandro. Alessandro, che tra le altre iniziative applicò il concetto di “crociata militare” alla difesa della riforma trascurando il parere negativo di Pier Damiani, infine accondiscese alla richiesta del religioso di poter tornare a Fonte Avellana, sollevandolo non solo dalla guida della diocesi ma anche dalla supervisione dei suoi monasteri, in modo tale che potè vivere come semplice monaco (non prima però di aver ricoperto ancora per alcuni anni un ruolo centrale nei movimenti di riforma).

san pier DamianiPier Damiani tuttavia partecipò ancora a diverse missioni diplomatiche e nel 1069, ad esempio, il papa Alessandro II lo richiamò dal suo ritiro inviandolo come legato in Germania per opporsi al divorzio che Enrico IV stava cercando di ottenere dalla moglie Berta di Torino, con il motivo che il loro matrimonio durato due anni non era stato consumato.

Enrico era riuscito a convincere l’arcivescovo di Magonza a convocare un sinodo a Francoforte per pronunciare l’annullamento del matrimonio imperiale. Come legato pontificio Pier Damiani presiedette però il sinodo e persuase l’imperatore che, con un divorzio, sarebbe andato contro la legge di Dio, i canoni della Chiesa e il suo bene. Enrico ritirò il proposito, pur nutrendo da allora per la moglie un rancore sempre più forte. Pier Damiani si affrettò poi a tornare a Fonte Avellana, dove trascorreva il tempo lasciato libero dalla preghiera e dallo studio costruendo cucchiai in legno e altri utensili.

Tre anni dopo andò a Ravenna, nuovamente in qualità di legato pontificio:l’arcivescovo Enrico si era attirato la scomunica a causa dei suoi crimini e aveva diviso la città in fazioni. Quando Pier Damiani arrivò, Enrico era già morto, ma riuscì tuttavia a far pentire i suoi sostenitori e a ripristinare la pace e l’ordine nella città. Questa fu la sua ultima missione: lungo la strada di ritorno verso Fonte Avellana, si ammalò di febbre e morì a Faenza.

La sua azione riformatrice si era estesa anche alla liturgia: egli lottò infatti per la soppressione dei riti locali e per l’estensione a tutta la Chiesa del rito romano: il rito ambrosiano di Milano fu l’unico a resistere, adottando solo alcuni aspetti di quello romano. Le capacità organizzative del santo assicurarono la sopravvivenza del movimento di riforma monastica iniziato da Romualdo; questi, non avendo lasciato una regola scritta, non aveva potuto impedire che molte delle sue comunità si sciogliessero subito dopo la sua morte avvenuta nel 1027.

Pier Damiani conferì al movimento eremitico una salda base teologica e organizzativa. Uno S. PIER DAMIANI 3dei suoi successori, Rodolfo, priore della comunità di Camaldoli dal 1074 al 1089, proseguì nella sua linea assicurando lo sviluppo dei camaldolesi. Costoro ponevano la vita eremitica al di sopra di quella cenobitica, pur senza escluderla; le comunità possedevano sia i cenobi che gli eremi, e i monaci idonei potevano diventare subito eremiti, senza cioè trascorrere un periodo di formazione come cenobiti; il superiore doveva essere eremita. Pier Damiani cercò anche di estendere gli ideali monastici al clero, esortando i canonici soprattutto a rispettare gli ideali della vita comunitaria, arinunciare al possesso di case proprie e all’accumulo di ricchezze personali. Essi avrebbero dovuto «imitare la Chiesa primitiva», vivendo insieme e mettendo tutto in comune. Il termine clericus, diceva, significa «parte e porzione di Dio» ed essere parte dell’eredità di Dio implica fare ciò che fece la comunità apostolica primitiva. Definendo dunque la vita clericale come vita di comunità, Pier Damiani estendeva l’ideale monastico ai canonici regolari: era un tema originale che avrebbe avuto un’influenza durevole sulla spiritualità del clero.

Nelle sue opere teologiche e filosofiche Pier Damiani reagì apertamente controla sua prima erudizione secolare, dichiarando che la grammatica è opera del diavolo e che tutto il pensiero intellettuale umano è una vera sciocchezza se paragonato all’onnipotenza e trascendenza di Dio. In tale posizione apparentemente anti-intellettuale c’era tuttavia un accento retorico e troppo legato a preoccupazioni pastorali. Tale indicazione infatti era rivolta soprattutto ai suoi eremiti che dovevano dare una precedenza assoluta all’amore per Dio; si addiceva meno ai laici e per nulla al clero secolare che doveva assolutamente avere una solida formazione intellettuale. Ma era necessario mantenere il giusto ordine, conservando la supremazia dello “spirituale” sul “secolare”, e in questo senso Pier Damiani sostenne con vigore l’idea che la filosofia è ancella della teologia. Fu il primo a dar vita all’ideale di sanata simplicitas, cioè del distacco totale che permette di utilizzare il sapere senza diventarne schiavi. Anche se i suoi scritti spirituali sono indirizzati soprattutto a religiosi, Pier Damiani scrisse diverse lettere anche a insigni personaggi, invitandoli al pentimento, al pellegrinaggio e a quel distacco dal mondo che si può ottenere rinunciando alle proprie ricchezze per aiutare la Chiesa. Disse a un vescovo che avrebbe dovuto pregare incessantemente:

San_Pier_Damiani«Quando ti stai spostando da un luogo all’altro, o quando ti trovi indaffarato in qualche impegno urgente, le tue labbra ruminino continuamente qualcosa delle Scritture, macinando i salmi come in un mortaio così che possano esalare profumo di pianta aromatica».

Ai suoi eremiti insegnò gli ideali dei Padri del deserto e la necessità di essere sempre in guardia contro le tentazioni; la cella è il luogo «dove combattere il demonio»; il «deserto» è al tempo stesso «luogo dove dimorano gli spiriti maligni» e luogo di pace e raccoglimento. In alcuni trattati elogiò la pratica della flagellazione, pur esortando ad accompagnarla sempre conla preghiera. Cercò di spingere i monaci di Cluny a praticare una disciplina più rigorosa e a digiunare, ma l’abate S. Ugo (28 apr.) lo invitò, con sensibilità e umorismo, a provare lui stesso la loro vita: «Prima mangia con noi e poi di’ se il nostro cibo necessiti di maggior sapore».

Pier Damiani poteva essere tanto tenero quanto severo: la sua devozione verso l’immagine di Cristo crocifisso e verso la maternità di Maria anticipavano la devotio moderna del tardo Medio Evo. Compose anche alcuni inni, il più famoso dei quali è quello in onore di S. Gregorio Magno (3 set.): le parole iniziali «Anglorum iam apostolus» fanno riferimento all’invio da parte del papa di S. Agostino di Canterbury (27 mag.) e di altri monaci per l’evangelizzazione degli inglesi.

Pier Damiani, mai formalmente canonizzato, fu proclamato dottore della Chiesa nel 1828 in considerazione del valore della sua predicazione e dei suoi scritti a favore del rinnovamento della vita ecclesiale.

La vera data della sua morte è il 22 febbraio del 1072; veniva precedentemente commemorato con un giorno di festa “doppio” il 23 febbraio, ma la riforma del calendario del 1969 spostò la sua festività (memoria facoltativa) al 21 febbraio, la stessa data in cui è ricordato nella nuova stesura del Martirologio Romano.

In arte è rappresentato nelle differenti vesti di cardinale, eremita e pellegrino.

È INVOCATO: – contro l’emicrania 

FONTEIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

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