SANT’ILARIO DI POITIERS

Sant’Ilario di Poitiers

vescovo e dottore della Chiesa (ca. 315-367) 13 Gennaio

sant'ilarioNella sua battaglia contro l’arianesimo scrisse: «Chiunque non  riconosca Gesù Cristo come uomo vero e al tempo stesso Dio vero è cieco anche davanti alla propria vita: negare Gesù Cristo, Dio, lo Spirito o la nostra stessa carne è egualmente pericoloso»

Ilario nacque in una facoltosa famiglia di Poitiers, nella Francia centro-occidentale. Ricevette una buona educazione classica; la sua maestria oratoria avrebbe poi sempre condizionato il suo stile, e furono anzi proprio i suoi studi che, conducendolo alla convinzione che il Dio vero può essere solo Uno, lo misero in contatto con la Scrittura cristiana. La lettura della Scrittura e in particolare delle parole del Prologo di Giovanni «il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» ne ispirarono la conversione e il battesimo (350), nell’anno in cui era già sposato e padre di una figlia. Afra.

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I cittadini di Poitiers, molti dei quali erano già cristiani, lo stimavano molto e nel 353 lo scelsero come loro vescovo, anche se probabilmente era ancora un laico; i vescovi generalmente venivano scelti tra i preti o i diaconi del luogo, ma a volte poteva essere nominato anche un laico con una buona reputazione. Dopo qualche esitazione accettò e venne subito coinvolto nell’agitato periodo di controversie che fece seguito al concilio di Nicea del 325; ne emerse come il grande campione dell’ortodossia dell’Occidente, dovendo anche dedicarsi agli innumerevoli compiti liturgici, pastorali, pedagogici, amministrativi e giuridici, che incombevano su un vescovo di una diocesi così vasta. Lo scontro tra l’ortodossia cattolica e l’arianesimo sulla divinità del Figlio di Dio avveniva in un periodo in cui politica e teologia erano inseparabili. L’ortodossia era alla ricerca di una formula che stabilisse definitivamente che il Figlio è consustanziale e coeguale al Padregli ariani invece sostenevano «che il Figlio era stato creato a partire dal non-essere, cioè che vi era stato un tempo in cui non era esistito, che la sua natura era capace di bene e di male, e infine che, essendo stato creato, era una creatura». 

ILARIO1Finalmente, nel 325, Costantino si convinse che non si trattava più di un futile bisticcio tra vescovi e, per definire la questione, convocò un concilio a Nicea, una città della Frigia, regione che attualmente si trova in Turchia. Il concilio adottò il termine homooousios (della stessa sostanza) e scomunicò Ario e due suoi seguaci. Tuttavia questo termine e ciò che esso comportava vennero accettati più formalmente che con convinta adesione e la divisione restò forte anche nei decenni successivi, benché Costantino avesse dichiarato che la decisione del concilio era il frutto dell’azione dello Spirito Santo sui vescovi.

Alla morte di Costantino, nel 337, l’impero venne diviso tra i suoi tre figli: a Costantino II e a Costante l’Occidente e a Costanzo II l’Oriente. Costantino II venne ucciso nel 340, mentre combatteva contro Costante che, ucciso a sua volta nel 350 (l’anno della conversione di Ilario), lasciò come unico imperatore Costanzo.

Questi, dopo altri tre anni di combattimenti in Gallia contro l’usurpatore Magnenzio, riuscì infine a sottometterlo. Ormai tutto l’Oriente era saldamente convertito all’arianesimo, con la fondamentale eccezione di Atanasio di Alessandria (2 mag.), che venne incessantemente perseguitato. Atanasio aveva un forte sostenitore in papa Giulio II, morto nel 352, e nel suo successore, Liberio (352-366), che chiese all’imperatore di convocare un sinodo per riconciliare Oriente e Occidente. Questo fu tenuto nel 353 ad Arles, città della Francia meridionale, che allora era capitale imperiale della Gallia.

Ilario – forse perché doveva ancora ricevere la nomina a vescovo o forse perché l’aveva appena ricevuta – non partecipò al sinodo dal quale, comunque, scaturì solo una bozza di documento che, propendendo per l’arianesimo, condannava Atanasio. Sotto la minaccia di esilio, tutti i vescovi della Gallia, eccetto Paolino di Trèves, puntualmente spedito in Frigia, firmarono il documento. Il papa allora convinse l’imperatore a convocare un altro sinodo da tenere nel 355 a Milano e a cui Costanzo fece partecipare anche il vescovo ariano Aussenzio. Il risultato fu che altri tre vescovi, che avevano rifiutato di firmare il documento, vennero esiliati.ilariop

Ilario non partecipò a questo sinodo,  ma fu costretto a prendere parte a quello di Béziers del 356, che era stato convocato quando, dopo Milano, l’imperatore aveva inviato suoi agenti in Gallia alla ricerca dei vescovi che ancora rifiutavano di controfirmare la deposizione di Atanasio. Solo Ilario e un altro vescovo non firmarono e così vennero esiliati i in Frigia, dove il primo avrebbe passato tre anni.

Il viaggio, durante il quale furono tenuti sotto scorta, toccò Milano, Aquileia, l’IUiria, Sofìa e Costantinopoli, e durò due o tre mesi. Ilario probabilmente alloggiava nella casa di un vescovo locale, presso il quale pare abbia trascorso; un esilio sostanzialmente confortevolelamentandosi solo dei ritardi della posta e della censura. Durante questo periodo si dedicò per lo più alla stesura delle sue maggiori opere teologiche: un trattato sulla Trinità, un altro sui sinodi e infine un’opera storica di cui ci restano solo pochi frammenti.

Dopo l’esilio di Ilario, il papa era rimasto il solo oppositore importante di Costanzo, che infatti mandò anche lui in esilio, in Tracia. Nel 358 papa Liberio cambiò la sua posizione, adottando un credo dal quale erano state eliminate le espressioni “consustanziale” e “della stessa sostanza”. Da allora, avendo perso ogni credibilità, non prese praticamente più parte al dibattito teologico lasciando Ilario solo nel ruolo di unico campione occidentale dell’ortodossia. 

Basilio di Ancira (22 mar.), propose allora un termine di compromesso, homoiousios, di natura simile“, che venne adottato nel 358 al sinodo di Sirmio, auspicando poi un altro concilio generale a Nicea per condannare quei vescovi che non si fossero conformati; la città venne però distrutta da un terremoto nell’agosto del 358 e così un gruppo di vescovi persuase l’imperatore a convocare due sinodi simultanei, uno per l’Occidente e l’altro per l’Oriente. Seleucia, a sud di Antiochia, fu la sede prescelta per il sinodo d’Oriente, mentre per l’Occidente si scelse Rimini, in Italia. Venne elaborato un documento che, aggirando la formula di Basilio, ne proponeva una più generica, ma venne rigettato dai quattrocento vescovi occidentali convenuti a Rimini, che invece insistevano per il simbolo niceno. Con un abile intrigo la fazione ariana riuscì però a far imporre dall’imperatore il credo adottato a Sirmio, proibendo ai vescovi di tornare alleloro sedi se non lo avessero firmato.

ordinato s.ilario

Ordinazione di Sant’Ilario

Ilario, che aveva definito questo credo come «la bestemmia di Sirmio », era ancora in esilio in Oriente e venne invitato a partecipare al sinodo, tenuto a Seleucia  verso la fine del 359. Un gruppo di moderati sperava, infatti, che assumesse una via intermedia tra arianesimo integrale e adesione assoluta a Nicea. Ilario, però, continuò a professare il credo puro di Nicea e inviò un “Secondo Libro a Costanzo” in cui chiedeva la convocazione di un confronto pubblico tra lui e quel Saturnino di Arles che gli aveva imposto l’esilio per conto dell’imperatore. 

Gli ariani allora, temendo il risultato di un tale confronto, convinsero l’imperatore che Ilario era un ostacolo maggiore alla loro causa in Oriente piuttosto che in Gallia. Costanzo, dunque, lo rimandò a casa nel 360, anno in cui convocò un ennesimo sinodo a Costantinopoli, nel quale obbligò tutti i vescovi (fatta eccezione per Atanasio, rifugiatosi nel deserto egiziano) a controfirmare il credo che già era stato imposto forzatamente ai presuli; occidentali convenuti a Rimini. Fu a questo proposito che S. Girolamo (30 set.) disse:

«il mondo gemette e provò stupore per essere diventato ariano». 

Ilario tornò a Poitiers attraverso i Balcani, l’Italia e Tolosa e, strada facendo, confermò molti nella fede ortodossa. Venne accolto dalla città con entusiasmo e fu raggiunto anche dal suo vecchio discepolo. Martino (di Tours, 11 nov.). La Gallia divenne così il centro occidentale dell’ortodossia, avendo Ilario come suo principale propugnatore.

Sant'ilario2Nel 361 egli convocò a Parigi un sinodo dei vescovi della Gallianel quale essi stessi deplorarono la loro precedente vile condotta accettando in tota il Credo niceno e ponendo la parola fine in Occidente a ogni rischio di arianesimo (la cui vicenda in Oriente continua con Basilio e Gregorio, 2 gen.). Inoltre il sinodo di Parigi scomunicò il vecchio persecutore di Ilario, Saturnino di Arles.

Nel 361, con la morte di Costanzo, la situazione ecclesiastica cambiò drasticamente; l’imperatore a Costantinopoli era adesso Giuliano l’Apostata, ritornato al paganesimo dopo aver ricevuto una formazione cristiana: egli non era in realtà interessato al dibattito teologico cristiano, ma al tentativo di reintrodurre il paganesimo nell’impero. Tuttavia, pur avendo già promulgato alcune leggi che vietavano ai cristiani l’accesso all’insegnamento, all’esercito e ad altre carriere, morì nel 363 senza essere riuscito a realizzare nulla che potesse assomigliare a una vera persecuzione.

Nel 364, a Milano, Ilario presiedette un sinodo di vescovi italiani, dove si tentò di destituire l’ariano Aussenzio, nominato vescovo qualche anno prima da Costanzo. Il tentativo però fu vano: avendo Ilario obbligato Aussenzio a riconoscere che Cristo era vero Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, non era riuscito però a evitare che Aussenzio convincesse allora il nuovo imperatore Valentiniano I della sua ortodossia, pur sapendo che la sua professione di fede non era sincera.

Alla fine Ilario venne persuaso a tornare a Poitiers, comunque non prima di aver espresso in maniera scritta le sue argomentazioni nell’opera Cantra Auxentium. Dopo aver dedicato gli ultimi anni di vita ai suoi doveri diocesani, morì nel 367, probabilmente l’1 novembre, non ancora sessantenne ma logorato dai viaggi, dall’esilio e dalle sue battaglie. Già da vivo, fu presto acclamato come “S. Ilario” e attraverso i suoi scritti sant-ilariosi guadagnò la fama di “Atanasio d’Occidente“. Girolamo lo definì «uomo eloquentissimo, e tromba di guerra dei latini contro gli ariani» e anche «cedro maestoso tolto al mondo e trapiantato [da Dio] nella sua Chiesa».

Agostino invece parlò di lui come del «più illustre dottore delle Chiese». Con il suo insegnamento, a partire dalle sue basi esegetiche e filosofiche, cercò di essere sia un interprete dell’Oriente per l’Occidente, sia dell’Occidente per l’Oriente. Il suo stile a volte è così ricercato che la comprensione ne risulta  difficile; si tratta certamente di un residuo della sua preparazione retorica. Ilario comunque non diviene mai arido e chiarisce sempre qual è la morale del suo insegnamento. A proposito della duplice natura di Cristo, per esempio, comincia dicendo:

«Chiunque non riconosca Gesù Cristo come uomo vero e al tempo stesso Dio vero è cieco anche davanti alla propria vita: negare Gesù Cristo, Dio, lo Spirito o la nostra stessa carne è egualmente pericoloso» (De trinitate, 9.3).

O ancora, a proposito dell’opera di redenzione di Cristo scrive:

«Il figlio di Dio nacque da una vergine e dallo Spirito Santo per amore dell’umanità […] Nacque uomo da una vergine, così da poter ricevere in sé la natura della carne e da poter far sì che il corpo intero dell’umanità si santificasse attraverso l’unione con questo composto» {De trinitate, 2.4).

Oltre al suo trattato sulla Trinità, opera principale in cui sosteneva la divinità e la consustanzialità del Figlio, scrisse anche un trattato Sui Sinodi, o Sulla Fede Della Chiesa Orientale, che era un’appendice al De trinitate, nella quale Ilario esponeva ai vescovi occidentali quali fossero i simboli di fede post-niceni e difendeva la formula homoousios davanti a chi, in Oriente, era più favorevole alla formula homoiousios.

Sant'Ilario di PoitiersPrima di venire eletto vescovo aveva scritto anche un commento al Vangelo di S. Marco, cui seguì un trattato sui Misteri e alcuni commenti ai Salmi, rimasti però incompiuti. Quando discuteva di teologia non alzava mai il tono e, in un secolo distintosi per la ferocia in politica e in teologia, la sua era una voce insolitamente ecumenica, in armonia con la sua indole garbata e amichevole.

Ci è pervenuto un numero insolitamente elevato di antiche trascrizioni manoscritte di sue opere: sei scritte in Italia nei secoli V e VIaltre sette scritte in Francia e in Germania nel IX secolo e infine molte altre dell’XI, del XII e anche posteriori. Nonostante tutto ciò e l’importanza della sua opera, si dovette aspettare fino al 1851 perché venisse proclamato dottore della Chiesa da papa Pio IX.

Questa proclamazione avvenne in base agli scritti allora conosciuti; successivamente ne vennero alla luce altri. In particolare nel 1887, ad Arezzo, venne ritrovato un manoscritto contenente almeno una parte del suo Tractatus Mysteriorum, fino ad allora ritenuto perduto. Contemporaneamente vennero alla luce anche alcuni suoi inni e poesie, che fanno di lui uno dei primi scrittori di inni latini, di due secoli anteriore a Venanzio Fortunato (ca. 530-600), anch’egli vescovo di Poitiers e compositore dellaVita di Ilario e di un resoconto di alcuni miracoli a lui  attribuiti.

Infine, all’inizio del Novecento, una ricerca di A. Wilmart e altri ha portato chiarezza sulla paternità di alcuni scritti effettivamente suoi o solo ritenuti tali. La sua festività veniva inizialmente celebrata il 14 gennaio, per evitare la coincidenza con l’Ottava dell’Epifania, invece che il 13 gennaiogiorno in cui si supponeva che, nel 368, fosse stato deposto in una tomba. In Inghilterra, tradizionalmente, la sua festa delimita l’inizio del semestre primaverile. I nomi di Ilario e Ilaria, molto comuni tra i cristiani, derivano da lui. La vicenda delle sue reliquie è molto particolare: dopo la sepoltura, per contrassegnare la sua tomba, venne costruito un monumento o mausoleo, trasformato verso il 430 in un reliquiario. All’inizio del VI secolo un monaco irlandese, di nome Fridolin, chiese fondi a Clodoveo (che aveva attribuito la sua vittoria contro Alarico a un’apparizione di Ilario) per costruire sulla tomba una chiesa, all’interno della quale, verso i l 512, venne trasferito il corpo di Ilario.

Sant'Ilario 3Nel 635 re Dagoberto, durante il sacco della città, distrusse questa splendida basilica, che venne ricostruita e, dopo un centinaio di anni, nuovamente distrutta dai saraceni; nel IX secolo i normanni la abbatterono altre cinque volte in rapida successione. Ogni volta, seppur anneriti, i resti di Ilario venivano strappati al fuoco. Finalmente, nell’889, vennero trasportati segretamente a Puy-en-Vélay, dove rimasero, in attesa di tempi migliori, mentre nessuno, a parte una ristretta élite, sapeva dove fossero realmente.

Nel 1657, Luigi XIV ordinò infine che fossero riportate a Poiders. Restavano ormai solo parte del teschio e due ossa delle braccia; il poco che rimaneva del teschio sparì durante la Rivoluzione francese.

Un’altra reliquia è il “marmo di S. Ilario“, che si suppone egli usasse come altare portatile durante i suoi viaggi pastorali in campagna. Il marmo veniva custodito nella chiesa di Faye-l’Abbesse, bruciata nel 1569 dai protestanti, che gettarono l’altare in un campo. Anni dopo un contadino locale lo ritrovò e lo restituì alla chiesa. Ora è molto venerato dai pellegrini, che vi si recano soprattutto il Venerdì Santo, ed è fonte di molte e attestate guarigioni.

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Fonte: Il primo grande libro dei Santi di Alban Butler

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