MARTIRI DI SAMOSATA

I SETTE MARTIRI DI SAMOSATA

 (?297 o 308) 9 DICEMBRE

Pur di non sacrificare a dei stranieri come aveva loro ordinato Santi Martiril’imperatore si fecero frustare, torturare, incatenare, rimasero per più di due mesi a pane e acqua per finire poi crocifissi e alcuni rimasti vivi vennero uccisi dai soldati. Ma tutto ciò non impedì loro di benedire l’intera città e i loro carnefici.

Ipparco e Filoteo, magistrati di Samosata, (un’antica città, posta nella parte sudorientale della Turchia, sulle sponde del fiume Eufrate) ricevettero l’ordine di partecipare ai sacrifici pubblici in onore degli dei, della durata di tre giorni. Cinque giovani amici patrizi, Giacomo, Paregro, Abibo, Romano e Lolliano, durante una visita li scoprirono inginocchiati davanti a un’immagine della croce e chiesero il motivo per cui stavano pregando in casa, anziché nel tempio della Fortuna, come aveva ordinato l’imperatore. Essi risposero che stavano adorando il Creatore del mondo e che furono convertiti da un sacerdote cristiano.

Perciò riteniamo sconveniente uscire in questi tre giorni, poiché aborriamo l’odore delle offerte di cui tutta la città puzza.”

Dopo aver molto discusso, i visitatori chiesero di diventare cristiani, e fu mandato un messaggero a chiamare il sacerdote, che li battezzò e celebrò la Messa. Il terzo giorno di festa, l’imperatore chiese se i magistrati avessero compiuto il dovere del sacrificio pubblico, e apprese che Ipparco e Filoteo si erano astenuti dal culto pubblico per tre anni, perciò ordinò di farli comparire davanti a lui.

Al loro ingresso, chiese loro perché avessero disprezzato in quel modo lui e gli dei, e Ipparco rispose che era stanco di sentir chiamare con quel nome degli oggetti di legno e di pietra. L’imperatore ordinò che Ipparco, il maggiore dei due, ricevesse cinquanta frustate e propose a Filoteo di diventare pretore, a condizione di venerare gli dei. Quest’ultimo replicò che sarebbe stata un’ignominia, perciò l’imperatore comandò di incatenarli e di catturare i cinque uomini più giovani, che rifiutarono anch’essi di compiere il sacrificio e che furono confinati in isolamento.

Al termine delle feste, tutti e sette furono sottoposti alla tortura e ricevettero venti frustate, poi furono riportati nelle loro prigioni, con l’ordine di non permettere nessun contatto con il mondo esterno, e di dare loro solo il pane necessario al sostentamento. Restarono in questo stato per più di due mesi, poi furono riportati al cospetto dell’imperatore, più simili a cadaveri che ad esseri viventi. Dopo essere stati invitati per la seconda volta a compiere il sacrificio, essi gli chiesero di non privarli dello strumento di salvezza che Gesù Cristo aveva offerto loro. L’imperatore replicò infuriato:

“ Voi cercate la morte! Il vostro desiderio è garantito, perché possiate smettere di insultare gli dei”.

Comandò così di crocifiggerli. Un altro gruppo di magistrati tentò di ottenere un ritardo dell’esecuzione, chiedendo di sospendere la sentenza per consentire ad Ipparco e a Filoteo di sistemare alcune questioni di interesse pubblico che erano state loro affidate prima della detenzione, e per permettere ai più giovani di stendere il loro testamento. L’imperatore accettò; quando i sette uomini furono portati fuori, nel porticato del circo, i magistrati chiesero loro di benedire la città, loro compresi. I martiri diedero la loro benedizione e si rivolsero al popolo che si era adunato. L’imperatore poi ordinò di erigere alla porta della città sette croci, su cui furono legati i martiri.

A mezzogiorno sopraggiunsero diverse donne che offrirono denaro alle guardie per ottenere il permesso di asciugare i loro volti e pulirli dal sangue. Ipparco morì in breve tempo, Giacomo, Romano e Lolliano il giorno dopo, ma Filoteo, Abibo e Peregro erano ancora vivi quando furono deposti, e furono uccisi dai soldati. L’imperatore ordinò che i corpi fossero gettati nel fiume, ma un cristiano chiamato Basso li comprò dalle guardie e li seppellì durante la notte. Questi martiri erano commemorati il 29 gennaio nella Chiesa bizantina, e tra gli armeni in ottobre.

FonteIl grande dizionario dei Santi di Alban Butler