Cronache di Santa Maria Crocifissa di Rosa

Cronache di S. Maria Crocifissa Di Rosa

 15 dicembre

Il suo confessore era uno tra i più dotti e santi preti che avesse allora il clero bresciano e così ne descrive il suo tormento: “…  In una parola quest’anima è sotto il martirio di mille croci, ciascuna delle quali sarebbe capace di fare impazzire”.

(Tratto dal libro: RITRATTI DI SANTI di Antonio Sicari ed. Jaca Book)

Ritorniamo a quel terribile 1836 quando si sparge la voce che il colera, terribile malattia mortale fino allora sconosciuta e che nessuno sa come curare, sta per giungere a Brescia. L’epidemia scoppia infatti violentissima e dura circa sei mesi: in sei mesi su 31.500 abitanti di Brescia, 3.200 vengono colpiti e ne muoiono 1.600, mentre moltissimi abitanti sono fuggiti dalla città. In una lettera di un noto personaggio del tempo, l’avvocato C. Manziana, si legge:

Noi siamo inondati da questo terribile flagello che fa stragi sopra questi abitanti in ogni ceto di persone, infierisce ed ammazza in poche ore. E vi è un buon numero che sono ammalati dallo spavento. Gli abitanti sono fuggiti per una metà, alcuni alle loro campagne, altri nelle valli e per le montagne, altri per il Tirolo. Brescia pare deserta. Le botteghe più della metà sono chiuse e le case disabitate “.

I primi casi di contagio si ebbero ad aprile; a metà giugno c’era già il panico e per di più la città fu scossa da un grave terremoto. Il 22 giugno 1836, il cavaliere di Rosa riceve una lettera dall’unica figlia che abita nella sua stessa casa:

Carissimo Papà, 

21 Giugno 1836 

Sono a pregarvi d’una grazia. Ve la chiedo in iscritto, non per mancanza di confidenza a parlarvi, ma perché non mi si chiudano le parole fra le labbra con una vostra pronta negativa. Sì, la grazia che vorrei da voi, ve la chiedo per amore di Gesù Cristo. Deh, non me la negate.

Il mio vivissimo desiderio sarebbe d’approfittare del mezzo che Iddio mi dà d’aprirmi il Paradiso col praticare l’atto di carità in assistere all’ospedale le povere colerose. Lasciate che mi dedichi al servizio di queste povere infelici. Voi, fate al Signore il sacrificio della vostra Paolina; ed io il farò della mia vita.

Riflettete, caro il mio Papà, che se voi mi deste una negativa, e che fossi presa dal colera in casa e venissi a morire, avreste il rimorso d’avermi sottratto l’ingresso in Cielo. Vorrete negarmi questa grazia? Ah no! Quel Dio che ha inspirato me, inspirerà ancor voi.

Non Consultate né la carne, né il sangue, ma la Religione sola.

Non apporterò alcun danno alla famiglia, perché vi ho riflesso, e prenderò tutte le misure che la prudenza suggerisce. Di queste ve ne parlerò a viva voce. Caro Papà accordatemi questa licenza, che mi rendete felice. 

Vostra Affez.ma Obbli. Figlia Paolina

Il colera terrorizza: Costringe a vedere persone improvvisamente assalite da spasimi intollerabili che cadono letteralmente nel loro stesso vomito e tra i propri rifiuti, mentre il corpo è scosso da crampi e da un freddo insopportabile e la temperatura scende molto al di sotto di 37 gradi. Le descrizioni del tempo sono atroci e rivoltanti. Nei Commentari dell’Ateneo del 1837 c’è uno studio sull’argomento che descrive con abbondanza di particolari ” l’aspetto orrendo dei malati “.Ora possiamo immaginare qual era la posta in gioco che la lettera di Paola chiedeva al padrela sua stessa vita. Dopo aver molto pregato, col cuore stesso di Abramo, costui non solo accettò, ma confesso che ” se non m’avesse trattenuto il pensiero d’esser padre di famiglia, vorrei seguirla anch’io “. Così eran fatti certi cristiani bresciani d’allora. […]

Paola deve garantire davanti alla Direzione dell’Ospedale l’alloggio per tutte le sue ” Ancelle ” (e si tratta di più di trenta persone); occorre dunque molto denaro e ancor più ne occorrerà quando l’associazione comincerà a dilatarsi.Così ella decide di richiedere al padre i beni destinati alla sua dote. Ma, per questo, deve prima annunciargli il fidanzamento. Gli scrive dunque d’aver cambiato idea, di volersi sposare. Prima pensava di restare sola, ma il cuore umano è mutevole e così ha deciso di accettare ” un partito assai vantaggioso “. Si dice convinta che anche il padre ne sarà entusiasta perché il fidanzato è un suo amico, di cui anch’egli ha molta stima. Non gli dice quale sia l’età del fidanzato, perché, aggiunge, ” quando ne udrete il nome, saprete anche questo “.

Lo avverte intanto che probabilmente certi conoscenti troveranno da ridire su quel fidanzamento, ma, tanto, ” le meraviglie durano al più tre giorni “. Si tratta dunque di un fidanzato che nessuno le ha cercato, neanche lei stessa, ma è stato piuttosto Lui a volerla insistentemente. Ci sono, è vero, quelle sue compagne con cui sta fondando una ” pia unione “, ma non c’è da preoccuparsi perché loro sono contente del suo fidanzamento, anzi ne avranno vantaggio perché la sua dote andrà a loro, dato che il fidanzato è così ricco che non ne ha bisogno. Conclude finalmente la lettera rivelandogli l’unica cosa che ancora manca: il nome del fidanzato. Eccolo:

Gli è Gesù di Nazareth, presso il quale desidero che mi teniate in decoro (cioè: ” che mi facciate fare bella figura “) come avete già fatto e come fareste con un altro genero nellaffidargli la vostra affezionatissima Paolina. […]

Dice il suo confessore: ” Non ebbe giorno che fosse libera da tentazioni e non ebbe tentazioni con cui non sia stata tentata “. E tali tentazioni riguardavano ” tutto ciò che può essere atto a sconvolgere la mente e il cuore “. A 17 anni si e consacrata verginalmente a Gesù Cristo, e da allora le tentazioni più feroci contro la castità non la abbandoneranno più. Non solo quelle ambigue e rivoltanti che si fanno immaginazione e sensazione torbida, ma quelle che pervadono tutto l’essere e dal corpo risalgono fino al cuore, fino alla mente, fino all’anima. Le sembra di non credere a nulla, continuamente tentata di deridere Dio, la sua Incarnazione, i suoi Sacramenti la sua presenza nell’Eucaristia. Non riuscirà mai a fare la comunione senza dover superare un istintivo rifiuto che la sconvolge fino a farla star male e poi subito la paura d’aver sacrilegamente peccato.

Non riuscirà mai a confessarsi senza provare ribrezzo e perfino odio verso il sacerdote che la confessa e a cui tuttavia obbedisce totalmente come a un padre. Vuole pregare e la bocca le si riempie di bestemmie; agisce sempre con la più delicata carità e le sembra di odiare fino a desiderare di uccidere. ” Viveva in uno stato quasi continuo di aridità, di desolazione, di tenebre “: e questo per tutta la vita, dai 17 anni alla morte. Ebbe la tentazione continua della disperazione non escluso il suicidio: sensazione d’avere davanti il cielo chiuso per sempre e l’inferno aperto, tanto da rendere inutile e ridicolo il tentativo di compiere il bene, e assurda ogni opera sempre compreso lo stesso istituto da lei fondato.

Avverte continuamente Satana presente che le offre la pace e la tranquillità se abbandona tutto e si affida a lui, e che finisce per percuoterla fino a lasciarle i lividi per tutto il corpo per il fatto che lei non cede. Durante la preghiera, che pure desidera di cuore e compie fedelmente, si ritrova, senza volerlo, a pregare Dio di dannarla, a pregare perché tutti possano odiare Dio. E quando il tormento si placa, qualcosa di ancora peggiore: ” una spaventosa indifferenza per tutto “.

“Io non credo nulla, nulla spero, nulla amo, di nulla temo… Ah! calma più tormentosa della tempesta stessa!“ C’è, negli scritti che la riguardano, una domanda terribile che descrive bene questa esperienza indicibile: “Oh Dio, che differenza c’è tra me e il demonio?” Scrive il suo confessore (che era uno tra i più dotti e santi preti che avesse allora il clero bresciano):

” Il suo patire è così atroce che non si saprebbe come descriverlo. Sono vecchio nel ministero: ho letto vari mistici attorno ai patimenti cui Dio sottopone tal’ora un’animae confesso il vero che, tranne il dire come asseriscono alcuni, che l’anima soffre pene simili a quelle dell’inferno, non saprei esporlo con altre espressioni… In una parola quest’anima è sotto il martirio di mille croci, ciascuna delle quali sarebbe capace di fare impazzire”.

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