PADRE ALDO MARCHIOL

PADRE ALDO MARCHIOL

Missionario Saveriano (1930–1995) 30 settembre

Dopo essere vissuto in ginocchio davanti a Dio e ai fratelli non poteva che morire nello stesso modo, padre Aldo Marchiol, missionario saveriano in Burundi.

Friulano, nato ad Udine il 12 marzo 1930, sacerdote saveriano dal 1958, ha atteso vent’anni prima di partire per la missione. Nel ’78 e’ andato in Burundi, nel cuore dell’Africa, e li’ vi e’ morto e sepolto, dopo diciassette anni di servizio.

Ecco come lui stesso racconta la sua vocazione: “Da piccolo, non so neanch’io perche’, avevo il pensiero di diventare uno di quei frati che vanno alla cerca col carretto e col cavallo. Col passar degli anni quel pensiero mi scomparve, ma a diciassette anni,quando pensavo di diventare perito industriale, fui colpito dalla lettura di alcuni libri ascetici di mio fratello Bramante, allora seminarista. Li leggevo per mio conto e mi piacevano. Mi venne il pensiero che, oltre ad amare davvero Dio, avrei fatto bene ad entrare in seminario per farmi sacerdote, ma poi allontanai anche quel pensiero, tuttavia rimasi inquieto e incerto sul mio avvenire. Nelle vacanze del 1947 mio fratello porto’ a casa i giornalini VOM (Voci d’Oltremare) ed il libro Operarii autem pauci del padre Manna. Fu allora che pensai di farmi missionario, ma non sapevo decidermi e questa indecisione mi era penosissima. Per rispetto umano e anche per timore del gran passo, non volevo abbandonare la mia scuola, ma continuavo a desiderare la vita missionaria. Finalmente, una sera di settembre, lo dissi a mia madre. Oramai ero deciso. Ne parlai col parroco e con il padre Ulisse Benetti, superiore dell’Istituto saveriano di Udine. Questi mi incoraggio’ e mi indirizzo’ alla Casa di Poggio S. Marcello, dove allora c’era il seminario saveriano per i giovani di vocazione adulta“.

San Francesco Saverio

Un mancato perito industriale entra, dunque, dai Saveriani, figli spirituali di Guido Maria Conforti, il 15 ottobre 1947. Guido Maria Conforti, giovane prete di Parma, aveva dato inizio nel 1895 ad una congregazione con lo scopo, “unico ed esclusivo”, della evangelizzazione dei non cristiani. Divenuto vescovo, prima a Ravenna e poi a Parma, aveva diffuso la sua opera dal nord al sud dell’Italia. I suoi missionari – chiamati saveriani perche’ li aveva messi sotto la protezione di S. Francesco Saverio – erano andati in Cina fino agli anni cinquanta, poi si erano diffusi in altre nazioni: Giappone, Bangladesh, Indonesia, Sierra Leone, Burundi, … In questa famiglia di consacrati a Dio per la missione entra a far parte il nostro Aldo. Da due anni appena e’ finita la seconda guerra mondiale, il Paese muove i primi faticosissimi passi della sua ricostruzione morale e materiale dopo la dittatura fascista, sotto la guida del trentino Alcide De Gasperi, mentre dal 2 giugno del ’46 l’Italia e’ una repubblica.

Aldo Marchiol segue le orme del fratello Bramante, che sara’ missionario anch’egli tra gli Oblati di Maria Immacolata, nel Laos per sedici anni e in America Latina per diciotto. Pochi giorni dopo l’ingresso nella casa apostolica saveriana, Aldo riceve una lettera dal papa’: “Noi, tutta la famiglia, parenti e conoscenti, siamo entusiasti della tua scelta“. Ai Saveriani scrive anche il parroco per dire che “in Aldo, oltre la scorza, c’e’ un animo rettissimo. Egli e’ cresciuto in un ambiente sano, semplice, ma profondamente cristiano. Questi sono i giovani che domani sapranno sopportare nel campo missionario i maggiori sacrifici per la dilatazione del Regno di Cristo“. Il buon sacerdote non sa quanto sia vera questa previsione: Aldo Marchiol dara’ la sua stessa vita per il Regno di Cristo.

In un’intervista di molti anni dopo padre Marchiol sintetizzera’ cosi’ le ragioni della sua scelta. “Qual’e’ l’origine della tua vocazione missionaria? Una buona educazione cristiana in famiglia e in parrocchia e l’esempio di mio fratello Bramante, che era in seminario, e mi ha attirato sulla via del sacerdozio. La conoscenza poi delle missioni e dei Saveriani mi ha invogliato a scegliere il sacerdozio missionario“. “Cosa ricordi della tua formazione? Il mio curriculum formativo: tempi belli, sereni, impegnati nello studio e nella conoscenza della vita missionaria, in un clima di famiglia molto sentito“.

Un anno a Poggio S. Marcello a studiare il latino, materia assente nei programmi dell’istituto tecnico. Nel 1948 va a Piacenza per la quarta ginnasio. La quinta la frequenta a Zelarino, presso Venezia, nel ’49. L’11 ottobre 1950 entra in noviziato, la prima professione e’ del 12 ottobre’51. Il liceo lo va a fare a Desio, fino al 1954. Un anno a Udine assistente dei ragazzi, ritorno a Piacenza per la teologia. 1957: Aldo Marchiol chiede di essere ammesso agli ordini maggiori.

Il rettore della teologia, padre Giacomo Spagnolo, scrive ai superiori: “Dal tempo della preparazione agli esami di maturita’ soffre di continui esaurimenti, Quest’anno, grazie al periodo di montagna passato a Bezzecca, e’ riuscito a compiere regolarmente l’anno scolastico, pero’ e’ sempre sofferente. Penso che la vita di movimento lo rimettera’ completamente a posto. E’ buono, serio, prende le cose sul serio e le svolge con impegno. E’ consigliabile mandarlo presto in missione per dedicarlo ad una attivita’ di movimento“. Dovra’ attendere a lungo, invece, Aldo Marchiol, prima di andare in missione. E dovra’ combattere tutta la vita conto terribili emicranie che lo costringono spesso a forzato riposo.

[…]Appena ordinato, nel ’59, lo mandano, insieme a due confratelli, a Massa Lucana, in provincia di Salerno, come direttore spirituale di quella Casa saveriana. […] Ancora padre Marcelli: “Nel 1959 ando’ al mio paese a predicare il ritiro in preparazione alla mia prima messa. Il suo successo come predicatore fu scarso, ma la gente apprezzo’ la sua bonta’ e la sua umilta‘”.

[…]Marchiol dal dolce sorriso e dall’infinita pazienza. Una lunga preparazione, con tante tappe. Lasciata Massa Lucana nel 1963, per sei anni si sposta in varie case[…]. I superiori cercano il posto giusto per la sua salute, ma non serve granche‘. Nonostante i cambiamenti di clima e le cure, la salute non migliora. Ma lui non perde il sorriso. Torna a Salerno nel 1969 e li’ rimarra’ per nove anni, fino al 1978, quando, finalmente, andra’ in missione.

Buono, mite e umile si’, ma con le idee chiare, la schiettezza friulana, la fede cristallina. Sono anni di grandi fermenti: c’e’ stato il Concilio Vaticano secondo e adesso il papa Paolo VI Montini e’ preso in mezzo tra rinnovatori e tradizionalisti, i primi vorrebbero gia’ un Vaticano terzo, i secondi sognano il ritorno al primo. I fumi della contestazione sono entrati anche nella Chiesa e la barca di Pietro e’ nella tempesta. Il Papa bresciano terra’ saldo il timone, non senza grandi fatiche, prove, sofferenze. La primavera del ’74, poi, e’ segnata dalle lacerazioni del referendum sul divorzio. Laici contro cattolici e cattolici stessi divisi al loro interno, con qualche vescovo e diversi preti schierati con i divorzisti. E il Papa in mezzo, criticato dagli uni e dagli altri.

Papa Paolo VI

non scende in campo, non puo’ farlo. Ma dopo la vittoria del divorzio parlera’ chiaro: “Sappiamo come una larga maggioranza dell’amatissimo popolo italiano si sia pronunciata in favore di una legge che ammette una certa facile possibilita’ di divorzio. Purtroppo. Cio’ e’ per noi motivo di stupore e di dolore, anche perche’ a sostegno della tesi, giusta e buona, dell’indissolubilita’ del matrimonio, e’ mancata la doverosa solidarieta’ di non pochi membri della comunita’ ecclesiale. Vogliamo supporre che essi abbiano agito senza rendersi pienamente conto delle gravi incidenze del loro comportamento, anche se l’autorevole e pubblico richiamo fatto alle esigenze della legge di Dio e della Chiesa non avrebbe dovuto lasciare alcun dubbio“.

[…]Non gli piace troppo quella vita: vuol fare il missionario. Ma non si scoraggia, non perde l’allegria, non cessa di pregare e di fare il suo dovere. […] 15 aprile 1978. Lo mandano in Burundi, Africa centrale. Ha quarantott’anni, venti di sacerdozio e finalmente parte. Se ne va mentre l’Italia e’ sotto choc: il 16 marzo i terroristi delle Brigate rosse hanno rapito Aldo Moro, il politico piu’ importante del momento, e massacrato la sua scorta.

[…]Burundi: 28.000 chilometri quadrati tra Tanzania, Ruanda, Zaire e Lago Tanganika, 6 milioni di abitanti divisi in due etnie principali, gli hutu (oltre l’80%) e i tutsi (circa il 15%). Ma e’ la minoranza tutsi a comandare. Cosi’ spesso scorre il sangue. E il Burundi e’ uno dei trenta Paesi piu’ poveri del mondo. E’ un susseguirsi di colpi di stato, massacri di sangue e persecuzioni religiose. Questa e’ la situazione che padre Aldo Marchiol trova al suo arrivo in Burundi, nella capitale Bujumbura. Si tuffa nello studio della lingua kirundi. Per impararla meglio va a Muyange, nella missione dei Padri Bianchi.

[…]Nel 1983 a Butara arriva anche un altro saveriano, fratel Mariano Masolo. Ma dopo un po’ se ne deve andare. […]Alla fine anche anche padre Marchiol dal dolce sorriso deve lasciare il Burundi. Il dittatore Bagaza vuol far fuori la Chiesa dal Paese, imprigiona ed espelle i missionari, ne limita l’attivita’. A p. Aldo tocchera’ partire il 3 aprile 1987. Lo sapeva, lo temeva. Cosi’, il 18 marzo, informa il Superiore generale: “E’ meglio andare altrove e cominciare da capo, se e’ possibile. Non ho niente da fare tutta la settimana, eccetto il sabato pomeriggio e la domenica mattina. Qui il ministero e’ ridotto ai minimi termini. Il prossimo 25 marzo scade il mio permesso di residenza. Se non mi viene rinnovato, io parto subito e non chiedo prolungamenti“.

Due giorni dopo, in un’altra lettera al Superiore generale lamenta anche il silenzio e la paura della Chiesa burundese.[…]

Il permesso di restare nel Burundi non gli viene rinnovato. E padre Aldo Marchiol, dopo nove anni, e’ espulso da quel povero Paese dove ha fatto soltanto del bene, e torna in Italia. Ma il ricordo del Burundi lo insegue, lo amareggia, lo rattrista. […]Fara’ cosi’, padre Marchiol: riposo, cure, un anno di aggiornamento a Roma.

Intanto in Burundi c’e’ un nuovo cambio di governo e conseguentemente rientrano i missionari espulsi. I Saveriani decidono di rimandare li’ padre Marchiol. Ma poiche’ le cose vanno per le lunghe lui chiede al Superiore generale di andare ad attendere nel vicino Zaire: “[…] Io preferirei proprio andare nel vicino Zaire piuttosto che stare sempre nell’aspettativa di un probabile rientro, cosa che stanca non poco. Qualora poi venga il permesso di entrare, sono sempre disposto a farlo“.

Proposta accettata, ma intanto arriva anche l’autorizzazione al rientro in Burundi. Cosi’ padre Marchiol torna a Bujumbura il 21 ottobre 1988. A 58 anni ricomincia daccapo. Lo mandano a Gisanze, con i padri Luigino Vitella e Fiore D’Alessandri. Ci restera’ fino al 1991. Padre Marchiol dal dolce sorriso, comunque, e’ di nuovo in prima linea. Ad un’eta’ che consiglierebbe la pensione, con una salute compromessa, riprende a fare il missionario con la stessa generosita’, la stessa disponibilita’, la stessa bonta’, la stessa umilta’ di sempre. […] e ancora sangue, fame, profughi. Di nuovo compi di stato e persecuzioni. Muoiono preti, suore, seminaristi, due vescovi subiscono attentati.

Nell’estate del 1994 padre Marchiol e’ in Italia per cure e riposo. Tornera’ in Burundi nel mese di dicembre.

In Burundi intanto […] I militari fermano padre Maule, perquisiscono la sua auto. Gli impediscono di curare un ragazzo malato che trattengono e bastonano fino a farlo impazzire. Minacciano, insultano, provocano e scherniscono il saveriano in diverse occasioni. Poi, la notte del 14 novembre, a un posto di blocco i soldati ammazzano cinque mandriani. Tra loro ci sono due giovani tutsi, figli di un soldato. Quando capiscono l’errore rastrellano e uccidono una quindicina di uomini e ragazzi. Poi raccontano per radio che i quindici sono terroristi che li hanno attaccati e i due ragazzi tutsi sono morti accidentalmente nello scontro a fuoco. Padre Maule e padre Todeschi non ci stanno, conoscono la verita’ e la dicono a voce alta. Due giorni dopo ci fu un comizio organizzato dai militari con il governatore di Bururi. […]Fu un processo popolare contro i missionari e in particolare contro padre Maule. In questa situazione, dunque, a Buyengero arriva padre Aldo Marchiol.

Con padre Maule c’e’ subito intesa. Nella zona ci sono piu’ di cento colline. Ogni giorno i due padri ne visitano una ciascuno. Vanno in macchina fin dove e’ possibile, poi a piedi, si dividono, uno di qua, uno di la’. E padre Marchiol torna a casa la sera contento: ha potuto fare il missionario sul serio, in mezzo ai poveri piu’ poveri. Padre Maule gli vuole bene e lo stima. E lui, coi suoi sessantacinque anni e i suoi acciacchi, si arrampica su per le salite, vincendo la fatica. Vanno a incontrare i cristiani, a formare i catechisti e i leader di villaggio, a confortare, incoraggiare, condividere.

Il 21 agosto 1995 a Bujumbura i Saveriani si riuniscono in assemblea per rispondere alla domanda: “Perche’ restare?“. Gia’, perche’? C’e’ anche padre Marchiol. La sua risposta l’ha gia’ data: si deve restare perche’ qui c’e’ bisogno di qualcuno che diffonda amore e giustizia. Non si puo’ abbandonare a se stesso il popolo del Burundi. Lui, ormai, e’ li’ da diciassette anni. Vuol restarci finche’ avra’ forza, finche’ lo gambe lo porteranno su per le colline.

[…]Accade il 30 settembre 1995. Un giorno come un altro nella tranquilla Buyengero. Ma la sera arrivano tre soldati. Entrano nella casa dei padri. Prendono padre Marchiol, padre Maule e Catina Gubert, apostoli inermi del Vangelo, li fanno inginocchiare al centro della stanza piu’ grande e li uccidono. Un colpo alla tempia per padre Maule, due per padre Marchiol, due per Catina. Cadono insieme, nel loro sangue. Credevano di umiliarli. Li hanno innalzati per sempre. Morti in ginocchio, com’erano vissuti. Si e’ spento cosi’ il dolce sorriso di padre Aldo Marchiol.

Il 3 ottobre il funerale. Tre Vescovi, missionari Saveriani, Padri Bianchi, Domenicani, Preti burundesi, Suore, il Presidente della Repubblica Sylvestre Ntibantunganya, un ministro, gli ambasciatori d’Italia, Germania e Belgio, il governatore della provincia. E un mare di gente.Nemmeno la paura ferma il popolo di fronte a quelle morti. Gli assassini sono stati arrestati ma verranno rilasciati. Dei mandanti non si sapra’ nulla.

[…]Padre Aldo Marchiol dal dolce sorriso adesso riposa in terra d’Africa, davanti alla chiesa di Buyengero con i due compagni di martirio. I familiari l’avrebbero voluto in Italia, ma poi hanno accolto la richiesta dei Saveriani. E’ giusto. Lui e’ partito tardi per la missione. Ma le ha dedicato la vita. Non poteva che restare li’, per sempre. La sua tomba e’ un promemoria per il popolo burundese sofferente: l’odio non avra’ l’ultima parola, solo la pace e la riconciliazione costruiranno un Burundi, un mondo nuovo. Padre Marchiol la sua parte l’ha fatta, fino in fondo. Non poteva dare di piu’. E’ morto in ginocchio. Il gesto piu’ grande della sua vita.

Fontihttp://www.santiebeati.it/dettaglio/93690; Santa Sede