Gabriel Garcia Moreno

Gabriel Garcia Moreno

Presidente dell’Ecuador, martire (1821-1875) 6 agosto

Firmò col Vaticano un Concordato che prevedeva l’insegnamento alle Congregazioni religiose specie ai Gesuiti, l’amministrazione della giustizia alle autorità ecclesiastiche e infine consacrò l’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù; atto che venne rinnovato da Giovanni Paolo II il 30 gennaio 1985.

Nato nel 1821 da un gentiluomo della vecchia Castiglia emigrato in America a cercar fortuna, Gabriel dimostra precoce attitudine per gli studi di ogni tipo, da giovane subisce per un certo periodo l’attrattiva della vita sacerdotale. Ma dopo qualche anno comprende che non è questa la sua vocazione e, dovendo guadagnarsi di che vivere, si avvia agli studi giurisprudenziali. Conseguita la laurea, comincia ad esercitare la professione di avvocato e si sposa, ma non abbandona la naturale curiosità per le scienze, che lo porta a pericolose spedizioni all’interno del vulcano Pichincha, a quel tempo attivo.

L’attività di avvocato non gli risulta molto redditizia, in quanto don Gabriel rifiuta di assumere il patrocinio di clienti della cui innocenza non sia assolutamente sicuro. Né, del resto, ha molto tempo da dedicare alla professione, data la sua fiera opposizione al regime. Nel 1845 si trova a prender parte a un’insurrezione armata contro il dispotico governo di Florés. Il colpo di mano riesce, costringendo Florés all’esilio. Tuttavia il successore, Roca, apre subito un periodo di malgoverno anche peggiore del precedente. Contro di lui Garcia prende la penna e fonda un foglio satirico antigovernativo, “La frusta”.

Comandante Flores

In breve tempo attorno al giornale si stringe tutta l’opposizione del paese, cosa che costringe Roca a scendere a patti. A ciò si aggiunge anche la notizia che il deposto dittatore sta tramando in Europa per tornare in Ecuador “manu militari” con l’appoggio straniero. Garcia Moreno accetta la tregua proposta da Roca e parte, provvisto di un incarico diplomatico, per un giro nei paesi confinanti, ove intavola trattative con i sostenitori di Florés. Costui però non riesce a trovare i fondi necessari per la progettata spedizione a causa dell’opposizione di Palmerston, più interessato al mantenimento dello “status quo” nella zona.

Cessato il pericolo di un’invasione straniera, Garcia Moreno rompe la tregua con Roca pubblicando un altro giornale, “El diablo”.

Non passa però molto tempo che la terra comincia a scottargli sotto i piedi, essendo Roca deciso a farla finita una volta per tutte col giovane polemista. Prima di fuggire in Europa riesce, grazie ad una infiammata campagna che trova il sostegno dell’opinione pubblica, ad ottenere il permesso d’asilo in Ecuador per i Gesuiti espulsi dalla Nuova Granada.

Sta via pochi mesi. Al suo ritorno trova che un ennesimo “golpe” ha portato al potere il massone Urbina. Questi, come primo atto del suo governo, espelle la Compagnia di Gesù dall’Ecuador.

Ancora Garcia Moreno fonda un giornale, “La Nacion”. Ma Urbina non ha la pazienza di Roca e Garcia Moreno viene immediatamente arrestato.

In prigione ci resta tuttavia poco tempo: riesce ad evadere nottetempo e a darsi alla latitanza. Durante la sua assenza, l’opposizione lo candida senatore e riesce a farlo eleggere quasi a furor di popolo. Urbina finge di arrendersi al fatto compiuto solo per potergli mettere ancora le mani addosso. Questa volta è l’esilio in Perù.

Da Lima Garcia Moreno si imbarca per Parigi. Ci resterà due anni, dal 1854 al 1856. A Parigi, la “vasta fabbrica di anticristi e di idoli”, come la definisce Louis Veuillot, entra in contatto coi circoli “ultramontani” e si familiarizza col pensiero politico cattolico che troverà di lì a poco espressione nel “Sillabo”.

Nel frattempo in Ecuador Urbina rinnova con maggior virulenza la politica anticattolica. Requisisce conventi col pretesto che le caserme sono insufficienti, si serve del diritto di “exequatur” per disfarsi dei pastori d’anime a lui molesti, incoraggia i libelli che intrattengono i lettori sulla presunta corruzione del clero. Con una legge, poi, che chiama “della libertà degli studi” autorizza gli studenti universitari a conseguire la laurea senza obbligo di frequenza (cosa a cui oggi siamo abituati, ma che allora era semplicemente scandalosa).

Infine, la necessità – tipica di ogni capo militare – di compensare i “fedelissimi”, ricade in nuovi e più pesanti tributi su un popolo già poverissimo e prostrato da anni di lotte. E a ciò si aggiunga la vendita per un tozzo di pane delle isole Galapagos agli Stati Uniti. Questo però è il colpo di grazia. Il malcontento montante fa intuire all’astuto Urbina che è giunto il momento di uscire temporaneamente di scena, infatti nel 1856 fa eleggere al suo posto il debole Roblez. Per pacificare gli animi viene concessa un’ampia amnistia. Così Garcia Moreno può tornare in patria.

Le elezioni del 1857 lo vedono senatore e – naturalmente – capo dell’opposizione. Ancora una volta fonda un giornale, “L’Unione Nazionale”, sul quale vengono quotidianamente pubblicati gli atti parlamentari, in modo che il popolo possa sapere quel che viene deciso sulla sua testa. Accetta anche la carica di Rettore dell’Università Centrale di Quito (conferitagli ad onta dell’opposizione liberale), ma non riesce a far passare una proposta di legge sulla riorganizzazione degli studi. Esponendosi come sempre, arriva a proporre in Parlamento la chiusura delle logge massoniche, anche qui vanamente. L’unico successo lo ottiene nel far abolire l’imposta di capitazione che gravava sugli indios locali, imposta odiosa e ingiusta che stremava quella gente (che perdi più viveva in condizioni di estrema indigenza ed era esclusa da ogni impiego pubblico).

La tranquillità “legale” ancora una volta non dura molto. Prendendo spunto da una disputa territoriale col vicino Perù, Urbina trova il modo di far imporre la legge marziale. Ma adesso c’è Garcia Moreno in patria ed è subito rivolta. Per qualche mese don Gabriel vive fra battaglie, agguati, fughe rocambolesche, assedi. La sorte tuttavia è sfavorevole agli insorti e una volta in più Garcia Moreno deve fuggire.

Rimasti padroni della situazione, i liberali cominciano ad azzannarsi fra loro e dalla riaccesa lotta delle fazioni emerge un “uomo nuovo”, Franco, che riesce a prendere in pugno la situazione grazie all’appoggio militare del Perù (cui ha promesso generosi compensi territoriali).

Questo da nuovo slancio alla resistenza conservatrice che reclama Garcia Moreno alla sua testa. Con un incredibile attraversamento della jungla – da solo – questi giunge in Ecuador e riorganizza l’opposizione. Catturato ancora una volta, ancora una volta riesce a fuggire e a rientrare subito dopo (altra marcia romanzesca, adesso attraverso le Ande). E’ la guerra civile. Da una parte è Garcia Moreno, coi conservatori e il popolo; dall’altra, Franco, i liberali e l’esercito, con l’appoggio del Perù.

Per far cessare lo sterminio fratricida invano Garcia Moreno propone a Franco l’esilio per entrambi; la lotta continua, ma alla fine la vittoria arride definitivamente agli insorti. Il 24 settembre 1860 (mentre nell’altro emisfero Garibaldi prosegue la sua opera in Sicilia) Franco è battuto a Guayaquil. Viene approvata a furor di popolo la richiesta di Garcia Moreno di consacrare l’esercito a Nostra Signora della Mercede e la costituzione di un governo provvisorio eletto a suffragio universale.

Nel “fatale” 1860 l’Ecuador si dà un Presidente della Repubblica cattolico “intransigente”.

La sua azione immediata prevede un taglio drastico delle spese, licenziamento in tronco dei funzionari disonesti o incapaci, verifica sistematica di tutti i debiti pubblici con eliminazione di quelli fraudolentemente contratti. La creazione di una Corte dei Conti davanti alla quale far comparire periodicamente gli agenti del fisco, dichiarati personalmente responsabili, completa l’opera.

Del suo assegno presidenziale Garcia Moreno fa il seguente uso: metà lo versa nelle casse dello Stato, l’altra metà va al Fondo per le Opere Caritative.

Permette la costituzione di un’armata professionale agile e ben pagata; diffusione delle scuole libere e affidate a ordini religiosi, cosa che toglie allo Stato il peso dell’educazione pubblica; altro disgravio per le finanze statali è ottenuto con l’affidamento ad altri ordini religiosi degli ospedali e delle carceri. Lo Stato si riserva naturalmente il compito dell’alta supervisione e dell’eventuale sostegno, secondo il principio di sussidiarietà.

Nel 1862 Garcia Moreno chiude per l’Ecuador quattro secoli di supremazia dello Stato sulla Chiesa col proporre a Pio IX un Concordato. Questo Concordato sarà il più favorevole al cattolicesimo che la Chiesa avrà mai avuto. Con esso si ridà semplicemente al Papa la giurisdizione totale sul clero dell’Ecuador, cosa che contribuisce non poco al ritorno dell’ordine nel paese. Il clero locale, infatti, da sempre “selezionato” di fatto dallo Stato era largamente imbevuto di idee liberali. Questo, oltre a screditarlo agli occhi del popolo, lo rendeva praticamente prono ai voleri del padrone del momento.

Lo stesso anno un incidente di frontiera, causato dalla guerra civile che insanguina la vicina Nuova Granada (Colombia), porta Garcia Moreno alla testa delle truppe. Ne nasce una breve guerra che gli costa una ferita alla gamba.

Ma nello Stato confinante va al potere la fazione massonica, la quale scatena contro l’Ecuador un’offensiva che ricorda molto il sistema usato dai Piemontesi per impadronirsi della penisola italiana.

Nessun “perdonismo“: la pietà vada indirizzata dove deve andare. “Vi scongiuro di aver pietà per gli innocenti che perirebbero per causa vostra, perché se io risparmio questi criminali, domani il sangue correrà in qualche nuova rivoluzione“.

Naturalmente, alla data della scadenza del mandato presidenziale, il numero dei nemici interni ed esterni di Garcia Moreno è incalcolabile. Tutti i funzionari destituiti, tutto il clero liberale, tutti i generali mandati a spasso o in esilio, tutti gli sfruttatori che si sono visti chiudere il rubinetto degli affari, hanno una sole voce: “Morte al tiranno!”.

La Presidenza passa al moderato Carrion, brava persona, ma più preoccupato di apparire al di sopra delle parti che d’altro. Durante il suo mandato Garcia Moreno rimane ferito nel primo di quegli attentati di cui sarà d’ora in poi quasi ininterrottamente oggetto.

Benché ferito da tre colpi di rivoltella, riesce ad uccidere il suo assalitore, ma si guadagna un’imputazione per omicidio da parte dei giudici liberali che il debole Carrion ha nel frattempo reintegrato. Viene assolto, ma perde ogni incarico pubblico e deve ritirarsi a vita privata.

Jerónimo Carrión

Non ci vuol molto perché Carrion diventi (in assoluta buona fede, quella che per eccesso di democratismo diventa dabbenaggine) lo zimbello dei liberali. Nel giro di pochi mesi tutto è come prima e peggio di prima: il Concordato è abolito, le vecchie leggi ripristinate, i religiosi espulsi.

Convinto dagli amici Garcia Moreno si ricandida senatore e viene eletto a schiacciante maggioranza. Ma la giunta per le Elezioni convalida tutte le nomine, tranne la sua.

Il 13 agosto 1868 un terremoto di inaudite proporzioni, accompagnato da eruzioni vulcaniche, fa strage nella provincia di Ibarra, tagliandola fuori dal resto del paese. Subito bande di predoni e di indios confinanti calano sulla preda, mettendo a sacco quel che ne resta. Espinosa nomina Garcia Moreno capo militare e civile della provincia, con pieni poteri. Questi immediatamente interviene e, operando con la solita energia, in breve tempo riesce a mettere le cose a posto, cosa che accresce la sua già grande popolarità.

Garcia Moreno viene eletto per la seconda volta il 1869. Reso più accorto dalle precedenti esperienze, questa volta Garcia Moreno non ha esitazioni: la sua prima misura è quella di chiudere senz’altro l’Università di Quito, vero e proprio “cervello” della rivoluzione radicale. Il suo secondo atto è quello di ristabilire il Concordato. Terzo atto: fa votare (e ottiene all’unanimità) una Costituzione tratta di peso dal “Sillabo”. Questo il preambolo: “Nel nome di Dio, Uno e trino, autore, conservatore e legislatore dell’Universo, la Convenzione Nazionale ha decretato la presente Costituzione“.

All’articolo primo si dichiara “la Religione Cattolica Apostolica Romana religione dello Stato ad esclusione di ogni altra” e che lo Stato “la mantiene nel possesso inalienabile dei diritti e delle prerogative di cui le leggi di Dio e le prescrizioni canoniche l’hanno investita con l’obbligo per i pubblici poteri di proteggerla e farla rispettare“. E in uno degli articoli successivi si enuncia il principio “che non si può essere elettore o eleggibile, o funzionario di qualunque categoria senza professare la Religione Cattolica“.

Introduce nel codice penale sanzioni contro i bestemmiatori e gli ubriaconi. Per gli alcolizzati cronici inaugura un vero e proprio servizio sociale di affidamento e di assistenza. Ai concubinari viene imposto il matrimonio o la separazione in alternativa. Ben distinguendo tra “moralismo” protestante e “moralità” cattolica, procura di far presente a costoro che sono liberissimi di perdersi, ma non di dare pubblico scandalo.

Questa volta passa anche il suo vecchio progetto di riforma degli studi. Scuole gratuite e libere obbligatorie per tutti fino a dodici anni. Gli adulti che si rifiutano di seguire un corso di istruzione vengono pesantemente multati. Corsi speciali sono istituiti per i carcerati e i militari di truppa. Con insegnanti importati dagli Stati Uniti nascono le prime scuole professionali e l’Osservatorio Astronomico internazionale di Qito.

Nascono orfanotrofi e case di accoglienza per ragazze, in un’epoca in cui miseria e prostituzione vanno di pari passo. (Alla morte di Garcia Moreno le case di accoglienza per fanciulle saranno le prime ad essere smantellate). I vecchi sanatori sono rasi al suolo e sostituiti con moderni ospedali. Per fare fronte a tutte queste spese si economizza su tutto.

Ma l’opera più importante di Garcia Moreno è la costruzione di strade che cambia in breve tempo il volto del paese, avviando uno sviluppo economico che la mancanza di infrastrutture rendeva impensabile.

Garcia Moreno cominciava la sua giornata con l’orazione e non prendeva decisione importante senza aver trascorso qualche tempo in adorazione davanti al Santissimo. Più d’una volta si vide il Presidente dell’Ecuador, rivestito delle insegne del suo grado, caricarsi della croce nelle processioni e precedere il popolo.

Adesso la pelle di Garcia Moreno non vale un soldo, questo è ormai sulla bocca di tutti. A chi gli suggerisce di circondarsi di una scorta, fa notare che non avrebbe modo di proteggersi dalla scorta stessa. Così arriva a quel fatale 6 agosto 1875. Viene letteralmente crivellato di colpi all’uscita della cattedrale. “Dios no muere“, è la sua ultima frase. La folla lincia parte dei congiurati; gli altri se la cavano con condanne miti e con l’esilio.

Comincia per l’Ecuador un lungo e nero periodo contrassegnato dalle persecuzioni religiose, le confische di beni ecclesiastici, gli avvelenamenti di vescovi, i “golpe” continui.

I lavori pubblici restano al punto in cui Garcia Moreno li ha lasciati.

Pochi giorni prima della sua morte, nel salutare un amico che partiva non riuscì a trattenere le lacrime: “Addio, non ci rivedremo mai più. Sto per essere assassinato“.

 

 

Fonte: http://www.santiebeati.it/dettaglio/92097