Beata Sara Salkahazi

Beata Sara Salkahazi

Vergine e martire (1899-1944) 27 dicembre

beata-sara-salkahaziReligiosa professa dell’Istituto delle Suore dell’Assistenza, di origini ungheresi fu uccisa in odio alla sua opera di difesa degli ebrei il 27 dicembre 1944 a Budapest (Ungheria).

Mentre le truppe d’assalto sovietiche dell’Armata rossa nella loro travolgente offensiva sul Fronte orientale cingevano d’assedio Budapest in un sanguinoso combattimento senza esclusione di colpi nel tentativo di accerchiare la Wehrmacht, il 27 dicembre 1944, nella capitale ungherese avvolta da una gelida caligine invernale, un drappello del movimento crocefrecciato filonazista e antisemita capeggiato da Ferenc Szálasi, in seguito ad una spregevole delazione della diciassettenne Erzsébet Dömötör, con un blitz a sorpresa faceva improvvisamente irruzione nella casa delle Suore del Servizio Sociale – una congregazione religiosa fondata appena cinque anni prima, il 12 maggio 1923, da Margit Slachta che si proponeva di promuovere opere caritative e sociali a beneficio delle donne, dei bambini e delle famiglie bisognose – situata al civico 3 di via Bokréta e, senza tanti convenevoli, arrestarono la direttrice, sr. Sára Salkaházi, ed altre sei persone ivi rifugiate. 

Secondogenita di Leopold e Klotild Stiller, venne alla luce l’11 maggio 1899 a Kassa – l’odierna cittadina slovacca di Košice – dove il nonno era proprietario di un rinomato hotel. Consegue il diploma di maestra, ma con il nuovo regime era praticamente impossibile ottenere un insegnamento se ci si rifiutava di giurare fedeltà al governo cecoslovacco. Cominciò così a coltivare la passione per la scrittura e, dopo essere riuscita ad ottenere la tessera di giornalista, a partire dal 1926, divenne redattrice dell’organo ufficiale del Partito Nazionale dei Socialisti Cristiani cecoslovacchi NÉP, impegnandosi attivamente come membro della direzione del partito soprattutto nel settore che si occupava delle questioni sociali che riguardavano le donne, tanto da diventare ben presto portavoce degli operai e di tutti coloro che non potevano rivendicare i propri diritti.

beata-sara-salkahazi2Tra il 1918 ed il 1928 pian piano inizia a percepire la sua vocazione. Difatti, dopo una fugace storia d’amore con suo vecchio amico, capì che la sua strada era ben altra. Il 6 febbraio 1929 decide di iniziare il suo periodo di noviziato presso le Suore del Servizio Sociale a Budapest.

L’8 novembre 1940, i nazisti indussero le autorità governative magiare a decretare l’espulsione di ben ventiquattro famiglie ebree, costrette ad abbandonare rapidamente Csíkszereda in poche ore. Due giorni dopo, visto che i Rumeni si rifiutavano di prenderli in consegna, su ordine del comandante militare i gendarmi ungheresi, a piccoli gruppi, li condussero oltre il confine russo da dove, tuttavia, poco dopo alcuni riuscirono a rientrare clandestinamente e ad avvertire i loro congiunti, i quali subito si rivolsero a suor Margit, come la signora Schultz Benőné, per rintracciare la figlia, il genero e la nipote.

Ad occuparsi di questa delicata missione fu incaricata proprio suor Sára. Hitler decretò l’occupazione dell’Ungheria mediante quella che fu definita in codice Operazione Margarethe.

Suor Sára Salkaházi, con sprezzo del pericolo e alto senso di umanità, seguendo l’esempio della consorella Roza-Katalin Peitl – che aveva salvato la vita a più di 90 persone – e della fondatrice sr. Margit Slachta si prodigò con tutti i mezzi per aiutare i perseguitati, riuscendo a trarre in salvo circa un centinaio di persone, tra donne e bambini, che nascose sotto mentite spoglie nelle case in cui era direttrice.

Dopo l’avvento al potere del partito dei Croce frecciati anche la villa sul lago Balaton che ospitava il primo istituto popolare di insegnamento superiore per operaie, si riempì di profughi offrendo asilo a più di trenta ebrei perseguitati. Qui, spesso la religiosa si recava per infondere coraggio, provvedere al loro sostentamento e interporre i suoi buoni uffici con le autorità al fine di indurle a più miti consigli.

beata-sara-salkahazi4Insieme al vescovo di Győr Vilmos Apor, al cardinale József Mindszenty, al console svizzero Carl Lutz ed a molti esponenti di spicco di altre ambasciate presenti a Budapest, fu allestita un’efficiente rete clandestina per sottrarre alla deportazione verso i lager nazisti decine di migliaia di ebrei allora residenti a Budapest, grazie ai numerosi documenti di protezione che ognuno di loro emisero su carta intestata delle rispettive ambasciate e la costituzione di varie “case protette” che, godendo del diritto di extraterritorialità, si rivelarono un rifugio sicuro per molti ebrei braccati dai nazisti e dai loro sodali ungheresi delle Croci Frecciate.

Tuttavia, sapendo il grave rischio al quale consapevolmente si era esposta la sua superiora, ospitando, fin dal 1942, all’interno della casa madre alcuni rifugiati slovacchi, sr. Sára aveva chiesto ed ottenuto dai suoi superiori l’autorizzazione ad offrire il sacrificio della propria vita «nel caso in cui dovesse avvenire la persecuzione della Chiesa e quella della società e delle suore, […per] risparmiarle dalle minacce e dalle torture».

Il 26 dicembre 1944, la religiosa aveva confidato ad una delle due cameriere, che aveva deciso di trasferirla in un’altra casa, alle stesse condizioni di servizio perché, evidentemente, la sua relazione con un soldato ungherese, che alloggiava insieme ai suoi commilitoni proprio al piano di sopra della loro casa, poteva pregiudicare l’opera di salvataggio che stava portando a termine nel più stretto riserbo.

La ragazza, per vendicarsi del torto subito, la mattina del 27 dicembre, si recò presso il quartier generale delle croci frecciate per sporgere denuncia ai danni della consorella, proprio mentre sr. Sàra, in compagnia di Edvige Jolsvai si stava recando presso la casa di Liszt per predisporre il suo trasferimento con la direttrice.

beata-sara-salkahazi1Quindi, verso l’una, mentre stava rincasando, da un angolo di via Mester, Edvige Jolsvai scorgendo da lontano una sentinella dei croce frecciati appostata proprio davanti all’uscio, allarmata rivolgendosi all’amica esclamò: «non vuoi tagliar la corda? Per poter continuare a sbrigare le cose. Entrerò io nella casa». Ma sr. Sàra replicò fermamente: «No, vengo anch’io!».

In effetti era accaduto che subito dopo la denuncia una pattuglia si recò sul posto per indagare e vennero trovate le donne ebree nascoste nel rifugio antiaereo. Scoprirono anche una decina di documenti falsi. I tentativi di convincere Suor Sàra a fuggire furono vani. Senza scomporsi più di tanto gli si accostò e, dissimulando una certa meraviglia, esclamò: «Io sono la responsabile della casa. Mi spiegate per favore di cosa si tratta?»

Fissando negli occhi la religiosa, incominciando a sospettare qualcosa, il croce frecciato chiese spiegazioni sulla presenza di tutti quei documenti ritrovati in una cassa, dopodiché, con un tono intimidatorio, indicando una donna, aggiunse: «Lei è la direttriceda quando questa donna si trova in questa casa?». Suor Sàra obiettò dicendo che avevano «assunto tutti i lavoratori alla fine di ottobre, così lei è venuta qualche giorno dopo». Ma il gendarme non abboccò tant’è che subito la interruppe gridando: «Sta mentendo, questa è una bugia! So tutto di lei!»

Rivolta ad uno dei suoi aguzzini esclamò perentoriamente: «Lasciatemi entrare qui per un breve istante!». Rapidamente aprì la porta della cappella e prostrata davanti al tabernacolo, per qualche minuto, si raccolse in una fervida preghiera stringendo forte il rosario fra le sue mani finché il gendarme spazientito le intimò: «Basta! Vieni immediatamente! Andiamo, potrai pregare ancora durante la notte!» e afferratala brutalmente, col pretesto di farle firmare il verbale, e la condussero presso il loro ufficio, insieme alle altre donne per poi svanire nel nulla. 

beata-sara-salkahazi3A in seguito da un giovane croce frecciato che abitava nei dintorni che sr. Sàra Salkaházi era stata giustiziata all’imbrunire insieme agli altri prigionieri ebrei, dopo un processo sommario, senza neanche una regolare sentenza, aggiungendo che si dovevano ritenere «contente che non fosse toccato a noi».

I particolari raccapriccianti del martirio di sr. Sára, tuttavia, furono rivelati soltanto alcuni anni dopo, nel corso del processo che si celebrò a Zugló nel 1967 nei confronti dei diciannove aderenti al partito dei croce frecciati responsabili della tortura e del massacro di tutte quelle persone innocenti. In tale circostanza, infatti, uno degli imputati raccontò, con dovizia di particolari, che «I poveri disgraziati stavano lì, sulla riva del fiume e sapevano che dovevano morire. Alcuni si lamentavano ed imploravano la grazia. In quel momento – prima che rimbombassero nell’aria gli spari del plotone d’esecuzione – una piccola donna dai capelli neri e corti si girò con un’inspiegabile tranquillità d’animo verso i suoi giustizieri, li guardò per un istante negli occhi, si inginocchiò e, alzando gli occhi al cielo, si fece un ampio segno della croce». Fu questo il suo ultimo gesto d’amore anche verso i suoi carnefici i quali, evidentemente, non ancora paghi dello scempio commesso, trascinarono i loro corpi ancora caldi sulla riva del Danubio e, senza alcun ritegno, afferrandoli per i piedi e le braccia, li scaraventarono tra le onde alte che non li avrebbe mai più restituiti.

In virtù di questo esemplare gesto d’amore, nel 1969 sr. Sára Salkaházi ha ricevuto da Yad Vashem il titolo di “Giusto tra le Nazioni”, mentre il 17 settembre 2006 è stata innalzata agli onori degli altari dal Primate d’Ungheria, card. Péter Erdő, in rappresentanza di Benedetto XVI, proprio nel giorno in cui 78 anni prima aveva mosso il primo passo sulla strada della sua vocazione.

Fontehttp://www.santiebeati.it/dettaglio/92766