Don Aldo Mei

DON ALDO MEI

Martire (1912–1944) 4 agosto

DON ALDO MEISacerdote arrestato dalle SS durante il periodo della Resistenza spesso offre rifugio ad ebrei, disertori del regime fascista e perseguitati politici. Obbligato a scavarsi la fosse perdonò i suoi uccisori.

Aldo Mei nasce a Ruota, il 3 marzo 1912, nel comune di Capannori (Lucca) e vive a Fiano di Pescaglia in provincia di Lucca. Entrato in seminario nell’ottobre del 1925 viene ordinato sacerdote  dall’arcivescovo Antonio Torrini il 29 giugno 1935 a soli 23 anni.

Viene destinato come parroco della parrocchia di Fiano, comune di Pescaglia. Gli tocca una popolazione (poche centinaia di persone) composta per la stragrande maggioranza da poveri e una chiesa di recente costruzione, neppur ancora completata. Non sembra scoppiare di salute, ha un aspetto fragile, sembra quasi timoroso e non alza mai la voce: in realtà si rivela tutto fervore, intraprendenza e coraggio nel rivitalizzare la vita parrocchiale, dare impulso all’Azione Cattolica e organizzare l’asilo per i più piccoli.

DON ALDO MEI3Negli anni bui della guerra, per inclinazione personale e in obbedienza alle precise indicazioni del vescovo di Lucca, si prende particolare cura di sfollati, perseguitati e poveri. È in costante collegamento con il team di sacerdoti cui il vescovo ha conferito l’incarico dell’assistenza agli ebrei, in particolare con fratel Arturo Paoli, che coglie dalle sue labbra la frase “Bisogna esser pronti a morire per i fratelli”: decisamente qualcosa in più di un pio proposito, soprattutto alla luce dei fatti.

Don Aldo non si tira indietro quando bisogna salire sulle colline di Pescaglia, per portare la sua assistenza spirituale ai partigiani e, fa realizzare anche un altare, dove periodicamente si reca a celebrare. In casa sua, poi, ha accolto Adolfo Cremisi, un giovane ebreo destinato alla deportazione: pur ospitandolo con tutte le precauzioni del caso (al punto che di questa presenza neppure si accorgono gli abituali frequentatori della canonica), la sua intensa attività pastorale non sfugge ad una spia repubblichina, autrice di una “soffiata”.

Il 2 agosto 1944 viene arrestato dai nazisti nel corso di un rastrellamento, insieme ad altri parrocchiani, sulla porta della chiesa, dopo la celebrazione della messa. Fu rinchiuso nella Pia Casa di Lucca, processato con l’accusa di aver dato rifugio ad un ebreo e condannato a morte.

Gli negano gli ultimi sacramenti e gli impediscono di incontrare il vescovo, nel tentativo di piegare la sua resistenza e di ottenere informazioni sui movimenti dei partigiani, provando ad estorcergliele anche con insulti e percosse. Le ultime parole, che riesce a vergare sulle pagine bianche del breviario e sulla parte interna di una busta, indirizzate ai genitori e al ragazzo ebreo suo ospite, trasudano serenità e perdono: “Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio, io DON ALDO MEI1che non ho voluto vivere che per l’amore! Deus Charitas est e Dio non muore. Non muore l’amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono”.

A nulla valse il tentativo in extremis di salvarlo dell’arcivescovo di Lucca monsignor Antonio Torrini: alle ore 22 del 4 agosto 1944, venne condotto da un plotone di esecuzione di SS sotto gli spalti delle Mura di Lucca nei pressi di Porta Elisa: fu costretto a scavarsi la fossa e venne ucciso con un colpo di pistola. Muore pregando, con la corona del rosario in mano. Prima di essere fucilato, volle, come Cristo, perdonare e benedire i suoi assassini.

In coscienza non ho commesso delitti.  Solamente ho amato come mi è stato possibile”: lo scrive, la sera prima di essere giustiziato. Sostanzialmente tre i capi d’accusa, emersi a suo carico nel corso di un processo-farsa, che conducono ad una sentenza già decretata ancor prima dell’arresto: 1)aver dato ospitalità ad un ragazzo ebreo per salvarlo dalla deportazione; 2) aver amministrato i sacramenti ai partigiani; 3) aver detenuto una radio (che una persona aveva regalato a lui pochi mesi prima) con la quale essere informato dell’avanzata degli Alleati e che, al momento dell’arresto, non era già più funzionante.

DON ALDO MEI4E se pure il terzo motivo “non è nobile come i precedenti”, per ammissione dello stesso interessato, in realtà la brutale esecuzione vuole essere un chiaro messaggio inviato all’arcivescovo e al suo clero più impegnato sul terreno dell’assistenza alla popolazione civile e che da mesi ha ormai scelto da che parte stare, rifiutando di denunziare ed anzi nascondendo nelle sue strutture (le parrocchie, le canoniche, i monasteri e i conventi) molti renitenti alla leva, uomini che vogliono evitare la deportazione al lavoro coatto, antifascisti o ex fascisti ricercati, e naturalmente ebrei.

Ora riposa nella sua chiesa parrocchiale, in attesa che la sua morte venga riconosciuta come martirio e si possa così procedere alla sua beatificazione.

Fontiwww.luigiaccattoli.it; http://www.santiebeati.it/dettaglio/95784