Maria Letizia (Cilla) Galeazzo

MARIA LETIZIA (Cilla) GALEAZZO

Giovane laica ciellina (1961–1976) 5 luglio

MARIA LETIZIA (Cilla) GALEAZZOUna ragazza forte e decisa che lotta per i suoi ideali e per la sua fede, un esempio di giovane che ha saputo tenere testa ai suoi compagni rossi, armata di quel coraggio che solo la preghiera sa dare.

«Quella è una fascista», mormora un giovanissimo extraparlamentare, barba a cespuglietto,ammiccando verso una ragazzina in blue-jeans. «Un giorno o l’altro bisognerà darle una lezione».«Non è fascista», ribatte un altro extra stringendosi nelle spalle. «E una che ha le sue idee, e non ne ha paura».

La ragazzina si chiama Maria Letizia Galeazzo, per gli amici «Cilla». Ha un carattere deciso, saldo,e ha voglia di lottare. Quando c’è uno sciopero scolastico, con relativi picchetti, e gli altri se la fanno sotto dalla paura, lei muore dalla voglia di andare a scuola. E riesce sempre a passare, sfiorando i baffi dei giovani leninisti e proclamando: «La libertà, c’è o non c’è per tutti?».

E’ nata il 18 agosto 1961. Quando aveva pochi anni, papà ha trapiantato la famiglia a Montemagno, dov’è medico condotto. Per una decina d’anni Culla è cresciuta tra le colline del Monferrato.

Nella grande casa, Cilla ha fatto i primi giochi con il ricettario di papà. Strappava i foglietti bianchi,e li stendeva in terra in strisce lunghe. «Sono le strade», diceva. E per quelle strade galoppava con la fantasia. Un’anziana signorina le contò un giorno le storie dei missionari, e lei disse: «Quando sarò grande, farò la missionaria in cielo». L’anziana signorina sorrise. Tanti bambini dicono frasi così, chissà perché.

MARIA LETIZIA (Cilla) GALEAZZO1Poi papà comprò i cavalli da corsa. Fece un piccolo allevamento. E Culla imparò a cavalcare, faceva le corse col fratello Cico. La scuola media va a frequentarla ad Asti. Sono tempi di contestazione. L’autorità sembra bruciare sulla pelle degli studenti come un ferro rovente. Discutono e rifiutano tutte le leggi. In pratica, molti si impongono da soli altre leggi di ferro, che si chiamano «conformismo di sinistra»,«menefreghismo», «camaleontismo».

Nella terza media che Cilla frequenta, quindici alunni si sono dichiarati comunisti. Gli altri sono stati zitti. Lei sola dice: «Io sono cristiana». Nelle assemblee si accendono discussioni terribili. Lei tiene testa fin che può, e torna a casa esausta. Si è proclamata cristiana, ma in un componimento confessa: «La religione io non la possiedo ancora con fermezza. Però ho tanto desiderio di dissipare questi dubbi che vorrei morire».

Si innamora delle poesie del Pascoli. Dopo aver letto L’ora di Barga scrive: «Le stesse impressioni le può ricevere ognuno di noi, che almeno in un momento della vita è uscito dalla routine di tutti i giorni, e si è soffermato a contemplare un ‘ape, un fiore, e si è reso conto con smarrimento di quanto sia enorme la realtà che ci circonda, di quanta pace e serenità siamo circondati senza accorgersene… Il Pascoli mi aiuta a scoprire il fantastico gusto delle microscopiche cose».

Ottobre 1975. Cilla si iscrive all’Istituto Magistrale di Asti. Il primo tema sul proprio carattere, scrive: «Non mi piaccio neanche un po’. Molte volte mi pesa la solitudine che il mio carattere ha creato attorno a me. Sono molto nauseata del mondo che mi circonda, e nonostante la mia giovane età avrei voglia di uscirne nascondendomi magari nel più remoto angolo della terra».

MARIA LETIZIA (Cilla) GALEAZZO2Eppure il suo carattere deciso, volitivo, le sta procurando molti ammiratori. Anche gli extraparlamentari che dichiarano scioperi e picchettano le entrate, che la chiamano «fascista»,riconoscono in lei una ragazza che ha il coraggio delle sue idee, una coscienza limpida come il diamante.

Novembre. Alcune amiche di scuola, iscritte al movimento Comunione e Liberazione, l’invitano a pregare con loro. Cilla ci sta. Pregano le «Ore» nei corridoi della scuola, dieci minuti prima delle lezioni.

Poi Cilla accetta di partecipare a una «giornata dell’annuncio» a Torino. Scopre il movimento CL nella sua sostanza, «amicizia vissuta nella fede e nella Chiesa», e scopre la preghiera.

Scrive: «È la prima volta che prego così. Credo di aver perso una delle cose più importanti della vita».

Comincia la missione di Cilla. Sarà brevissima, nove mesi. Lei non lo sa, ma si spende con una generosità, un impegno, che sembrano presagire la fine imminente.

Dicembre 1975. Elezioni scolastiche. La lista dei «rossi» va fortissimo. In tre ragazze di CL formano una lista di studenti cattolici. Dibattiti, accuse, contraccuse. Di «cristianelli» ce ne sono tanti tra i banchi, ma che abbiano voglia di «rischiare» ce ne sono pochi.

MARIA LETIZIA (Cilla) GALEAZZO4«154 voti per la lista numero 1 contro i nostri 22 voti. Frecciatine, insulti. […] Nonostante tutto, io sono decisa a continuare a combattere, a piangere, a ridere per quello in cui credo. Signore, quando guardandomi attorno un giorno ti ringrazierò di avermi fatto esistere?». Dopo lo spoglio dei voti, telefona a Rossana i risultati, e commenta: «22 voti sono 22 anime che cercano con noi la verità».

C’è una gioia grande che sta esplodendo in lei: «Grazie Signore, grazie perché ci sei, perché sei vicino a me, perché mi metti intorno gente così meravigliosa, perché mi hai messo nel cuore una dolcezza così fantastica, perché ti amo, perché so che Tu mi ami, perché ti vedo nella gente, nella mia gente. Grazie, Signore!».

23 gennaio 1976. Cilla è operata di appendicite. A Pasqua partecipa ad alcuni giorni di Esercizi Spirituali. Sono un momento di grossa maturazione. Da questo momento la preghiera si spingerà molto a fondo nella sua vita. 

Maggio-giugno 1976. Per le strade e le piazze d’Italia si combatte la battaglia elettorale. C’è in tutti la sensazione che il comunismo sia dietrol’angolo, che la DC abbia finito il suo tempo. Si è quasi rassegnati alla vittoria dei marxisti. Cilla non è rassegnata. Alcuni giovani di Comunione e Liberazione si presentano come candidati nelle liste della Democrazia Cristiana che vincendo le votazioni li vede tutti eletti.

MARIA LETIZIA (Cilla) GALEAZZO3Cilla fa «promessa solenne a Dio di essere povera».

5 luglio. Una corsa a Montemagno con il fratello Cico per incontrare alcuni amici «extraparlamentari». Una discussione estenuante, inutile. Alla fine Cila butta là: «Bene. Se non riusciamo a capirci di qua, ci capiremo perfettamente in Paradiso».

C’è un forte temporale nell’aria. Ci sono tante curve all’improvviso un camion sbuca dalla pioggia, un camion troppo veloce. Una frenata brusca, una sbandata, uno schianto.

Cilla a causa di una frattura cervicale muore sul colpo. Sembrava impossibile: non una scalfittura, non un ematoma, non una ferita. C’era un popolo ai funerali anche quelli con cui Cilla aveva discusso prima di partire, pareva la cosa più triste del mondo dover seppellire «quella ragazza bella». Anche la gente piangeva, e cantava.

Fontiwww.oratoridonboscomessina.ithttp://www.santiebeati.it/dettaglio/93877