SAN GIOVANNI DAMASCENO

SAN GIOVANNI DAMASCENO

dottore della Chiesa (ca. 657-749) 04 Dicembre

san giovanni damascenoGran visirgrande scrittore cristiano che sa sfruttare la sua posizione per difendere la sua fede, attaccare l’eresia anche quella mussulmana. Scomunicato dopo essere già morto diviene poi dottore della Chiesa

Nascere in una famiglia cristiana a Damasco nella seconda metà del VII secolo significava crescere in mezzo ai conflitti religiosi, giacché il potente credo islamico stava rafforzandosi tra le popolazioni arabe.

Giovanni nacque solo cinque anni dopo la morte di Maometto, quando Damasco era una città mussulmana. Molte altre credenze circolavano in Medio Oriente, e provenivano dalla Grecia classica, dalla Persia, dall’Egitto; inoltre vi era anche una grande varietà di eresie cristiane. Persino all’interno della Chiesa, la tradizione romano-greca, secondo la quale fu educato Giovanni, fu attaccata ferocemente dagli iconoclasti, membri di una setta cristiana che, sotto l’imperatore bizantino Leone III Isaurico, bruciava libri e distruggeva le immagini, insieme alle tradizioni amate dal popolo e agli strumenti del culto; fu contro queste forze ideologiche che Giovanni propugnò la sua fede.

Damasco era caduta sotto il potere degli Arabi nel 635, ma vi era una comunità greca consistente, e alcuni ufficiali greci continuavano a occupare incarichi che richiedevano abilità tecnica o conoscenze specialistiche. Tra di loro vi era probabilmente il nonno di Giovanni, Mansur, mentre il padre, Sergio, noto come Sarjem ben Mansur, divenne suo successore. Il suo incarico alla corte del califfo comprendeva il controllo delle rendite; a volte è descritto come esattore o tesoriere, ma il termine arabo di “gran visir” è forse più appropriato. Sembra che il posto sia stato ereditario, poiché Giovanni lo rivestì a sua volta. I cristiani erano tollerati a Damasco; i mussulmani consideravano Cristo come un profeta, sebbene pensassero che Maometto fosse più grande.

I cristiani dovettero pagare una tassa, ma erano liberi di venerare chi volevano. Giovanni fu battezzato e ricevette un’istruzione cristiana classica. Il suo tutore era un monaco chiamato Cosma, che gli arabi avevano riportato indietro dalla Sicilia come prigioniero. Suo padre dovette pagare un prezzo alto per lui, poiché sembra conoscesse la grammatica e la logica, e fosse pari ad Archimede nell’aritmetica e a Euclide nella geometria. Insegnò a Giovanni tutte le scienze, eccellendo nell’insegnamento della teologia.

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A dispetto della sua formazione teologica, non sembra che Giovanni inizialmente abbia preso in considerazione altri tipi di carriera se non quella di essere al servizio del califfo. Poteva vivere come cristiano a corte, dove era rispettato per la sua competenza, lealtà e umiltà, ma dopo aver svolto quest’incarico di responsabilità per qualche anno, la sua posizione divenne insostenibile. Un nuovo califfo, Abdul Malek, era ostile ai cristani, a cui si chiedeva di tenere i conti in arabo, e a cui vennero imposte nuove restrizioni.

Mentre prima avevano il permesso di condividere la basilica di S. Giovanni Battista con i musulmani, ora fu loro proibito. Giovanni si dimise nel 700 circa, distribuendo i suoi beni tra i parenti, la Chiesa e i poveri, ed entrò nella grande laura di S. Saba (5 dic), vicino a Gerusalemme.

La laura era un monastero in cui i monaci vivevano in capanne o in celle separate, raccolte intorno alla chiesa, nel massimo della solitudine. Ciò gli diede la pace di cui aveva bisogno per scrivere. Gerusalemme era un punto centrale per la sua fede: era anche al di fuori dell’impero romano, perciò potè scrivere senza temere persecuzioni da parte dell’imperatore d’Oriente. Il compagno più intimo di Giovanni era un poeta e cantore che aveva lo stesso nome del suo tutore, Cosma; in alcuni racconti il giovane è descritto come suo fratello adottivo. Entrambi furono certamente monaci insieme a Mar Saba, dove impiegavano il tempo scrivendo libri e componendo inni.

Gli altri monaci si Johannes_fr._Damaskuslamentavano della loro attività: a loro non piacevano le controversie teologiche e trovavano obiezioni al fatto che cantassero inni. Il loro lavoro fu più apprezzato dal patriarca di Gerusalemme, Giovanni V, che pensava che avrebbero dovuto lasciare la laura. Nominò Cosma vescovo di Majuma e ordinò sacerdote Giovanni, portandolo nella città di Gerusalemme.

Cosma si dimostrò un eccellente vescovo, ma Giovanni, che aveva rinunciato all’amministrazione secolare, non era portato per quella ecclesiastica e prestò tornò a dedicarsi alla teologia, nel monastero. Le sue opere in difesa delle immagini sacre si diffusero rapidamente e gli valsero il risentimento degli imperatori persecutori. Gli iconoclasti non riuscirono mai a colpirlo, solo perché non attraversò mai il confine dell’impero romano: ecco la situazione singolare di un grande scrittore cristiano capace di difendere la sua fede e di attaccare l’eresia solo perché viveva sotto la protezione di un mussulmano. Ciò tuttavia non garantiva l’incolumità: anche i mussulmani si opponevano a qualsiasi figura o immagine che rappresentasse una creatura vivente. Giovanni attaccò l’islam con la stessa forza con cui si oppose all’iconoclastia, e non gli mancò mai il coraggio intellettuale e fisico. Sappiamo relativamente poco della sua vita, condotta interamente a Mar Saba, a parte alcuni impegni che riguardavano la predicazione e i consulti con vescovi e teologi.

Anche la cronologia è incerta, ma si sa che visse fino a tarda età, anche se non raggiunse i centoquattro anni dichiarati in un menologio arabo. La produzione letteraria in questa lunga vita fu prodigiosa: riguardava la dottrina, il culto, san giovanni damasceno1l’esegesi, l’etica, l’omiletica, la scienza della liturgia e la poesia, ed era basata su un’erudizione solida e una conoscenza della patristica assai profonda. Di immediata importanza per la Chiesa del suo tempo furono i tre trattati di Giovanni Damasceno contro l’iconoclastia, in cui insistette che i santi, membri della Chiesa trionfante, dovevano essere rispettati, le loro immagini e statue ossequiate, la loro vita annotata e commemorata, il loro culto incoraggiato. Vide nell’iconoclastia un grande pericolo, la distruzione di preziose tradizioni cristiane in relazione a Cristo, là Vergine Maria e i santi; ragionando dal punto di vista liturgico:  figure e immagini sono mezzi con cui viene adorata la Santa Trinità, non sono oggetti fine a se stessiLa materia non rappresenta il male e non è opposta allo spirito; è solo il mezzo con cui lo spirito trova espressione:

Non era di materia il legno tre volte lieto e tre volte benedetto che formava la croce? Non era di materia il sacro e santo colle del Calvario? Che dire della roccia della vita, il Santo Sepolcro, la fonte della nostra resurrezione: non era fatto di materia? Non è materia il santissimo libro dei Vangeli? E l’altare benedetto che ci offre il pane di vita? E prima di tutto ciò, non è materia il corpo e il sangue di nostro Signore? Non disprezzate la materia, perché non è meschina. Non lo è nessuna cosa creata da Dio.

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La sua principale opera dogmatica è la Fonte della conoscenza, titolo generalmente attribuito a tre opere maggiori che sono in relazione; la prima parte è costituita dallaDialectica, un’introduzione filosofica alla fede divisa in sessantotto capitoli. Fedele alla sua istruzione classica greca, Giovanni inizia a considerare l’essere e la sostanza, il genere e le specie, le somiglianze e le differenze, il potenziale e l’attuale, la stasi e il moto, per preparare il terreno alla sua analisi delle eresie, condotta nella seconda parte.

In quest’ultima, tratta a lungo dei filosofi greci, come i pitagorici, i platonici, glistoici e gli epicurei; delle credenze ebraiche, incluse quelle degli scribi, dei farisei e dei sadducei; degli esseni, gli gnostici e i manichei; delle eresie cristiane, come quella degli ariani, dei nestoriani e dei monoteliti, oltre che degli eutichiani.

Giovanni distingue un centinaio di eresie in tutto, affermando che si tratta di una selezione relativamente limitata di quelle esistenti, ma che «tutte le altre derivano da queste». Poi rivolge la sua attenzione all’islam, liquidandolo in poche pagine come una distorsione del messaggio cristiano, e terminando con una meditazione sulla Trinità.

“Pensate al Padre come fonte di vita che genera il Figlio come un fiume e lo Spirito Santo come un mare, poiché la sorgente, il fiume e il mare sono fatti di un’unica natura. Pensate al Padre come una radice, il Figlio come un ramo, e lo Spirito come un frutto, poiché la sostanza di queste tre cose è una. Il Padre è un sole con il Figlio come raggi, e lo Spirito Santo come calore. La Santa Trinità trascende di gran lunga ogni similitudine e immagine.”

La terza parte è costituita dall’opera maggiormente celebrata, intitolata De Fide Orthodoxacento capitoli che trattano della natura di Dio, della Creazione, della natura dell’universo, della divinità e umanità di Cristo, del fine e della funzione della Chiesa, e della seconda venuta. Giovanni si basa su molti scrittori patristici, talvolta appropriandosi di interi capitoli o sezioni tratti da altre opere; dal momento che non ha indicato le sue fonti, è stato accusato di plagio da alcuni studiosi successivi che hanno impiegato molto tempo per identificare gU originah.

Ciò, tuttavia, era una pratica perfettamente accettabile ai suoi tempi, e la sua lettura è così ampia e così ben integrata che la sua fede profonda lo ha messo in grado di sintetizzare del materiale abbastanza disparato. Presenta una visione chiarissima di Dio e dell’universo, centrata sulla vita della Chiesa, e scrive: «Chi cerca continuamente Dio lo troverà, poiché Dio è in ogni cosa». Nel mondo di Dio, l’amore è il principio basilare e la fonte di tutte le virtù; cresce attraverso l’osservanza delle tradizioni cristiane:

L’ordine è cosa buona, il disordine è male [,..] l’ordine naturale è obbedienza al Creatore, mentre la disubbidienza è il caos [..] Dobbiamo sottometterci umilmente a Dio in quanto nostro creatore, e conformarci alle sue leggi.

Cristo ha lasciato la Chiesa come suo corpo nel mondo, e la vera pace si può trovaresolo attraverso di essa:

Niente è più grande della pace per la Chiesa. La legge e i profeti vennero per renderla possibile, per essa Dio si è fatto uomo. Ecco quello che Cristo è venuto ad annunciare; questo è ciò che ha consegnato ai suoi discepoli prima della passione e dopo la Resurrezione. Salendo ai cieli con il suo corpo, è ridisceso senza; ha lasciato la pace ai suoi discepoli, e attraverso loro alla Chiesa. Questa pace significa vivere secondo quanto è buono.

Giovanni aveva una devozione particolare per la Vergine Maria, affermando che «ha catturato il mio spirito […] giorno e notte la vedo nella mia immaginazione. E lei, la Madre di ogni virtù, che mi dona l’eloquenza». Le sue omelie mariane, in particolare le tre preparate per il 15 agosto e recitate sul presunto sito della Dormizione di Maria a Gerusalemme, sono assai note. Giovanni è anche conosciuto come poeta e compositore di inni. Si pensa che almeno otto dei suoi Cananei,componimenti in onore delle feste maggiori di Nostro Signore, siano autenticamente suoi, e un certo numero di inni contenuti nelì’Ocloechos portano i tratti caratteristici della sua paternità.

Giovanni morì a Mar Saba nel 749 circaera sicuramente già morto quando il concilio iconoclasta, tenuto nel palazzo di Hiera vicino a Costantinopoli, nel 753 dichiarava che era scomunicato, descrivendolo come «l’uomo dal nome cattivo e dai senumenti saraceni […] l’adoratore delle immagini e lo scrittore di falsità […] colui che insultò Dio e tradì l’Impero». L’opera di Giovanni, ad ogni modo, sopravvisse all’iconoclastia e a molti altri attacchi ai dogmi centrali della fede. Lo storico Teofano afferma che era chiamato Chrysorrhoas o «fiume dorato», per la sua eloquenza e per la grazia contenuta nei suoi scritti. Giovanni Damasceno non fu uno scrittore creativo, ma il suo fine non era di inventare qualcosa, ma di prendere in esame tutto il materiale che si era accumulato in circa cinque secoli di letteratura cristiana e valutarlo alla luce dei Vangeli. Il mondo bizantino in cui visse non dava valore all’originalità.

La Chiesa orientale, assalita dall’eresia e dagli attacchi dell’islam, del zoroastrismo, e di altre credenze orientali, aveva bisogno di un fondamento saldo, che Giovanni le fornì in una serie di opere notevoli dal punto di visto della chiarezza d’espressione, ampiezza della conoscenza e profondità teologica. La sua opera è paragonabile, in questo senso, a quella di Tommaso d’Aquino (28 gen.), che in modo simile fuse assieme filosofia, teologia e poesia, in un’unità mirabile per la gloria di Dio e l’edificazione della Chiesa. Diversamente da S. Tommaso, Giovanni Damasceno non ebbe discepoli, e nessuna scuola teologica sviluppò le sue idee.

Questo non è un giudizio sulla qualità delle sue opere, ma riflette piuttosto le tradizioni scolastiche diverse della Chiesa bizantina e della crescente marginalità di quelle tradizioni nei confronti di quella occidentale. La letteratura araba, armena e georgiana furono certamente arricchite dalle traduzioni delle sue opere, ma questo contributo fu apprezzato dopo moltissimo tempo in Occidente. Il De Fide Orthodoxa non fu nemmeno tradotto in latino fino al 1150, e la prima traduzione fu molto scadente. La maggior parte delle sue opere non fu pubblicata in Occidente fino al xvi secolo, e i suoi lavori completi non furono disponibili fino al XVIII secolo. Giovanni Damasceno fu nominato dottore della Chiesa, con la proclamazione di papa Leone XIII nel 1890.

E’ INVOCATO: – come protettore di fanciulli malati e pittori

FontiIl primo grande Dizionario dei Santi di Alban Batler

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