San Carlo Lwanga

SAN CARLO LWANGA & c.

martiri dell’Uganda (1886) 3 giugno

Questi santi, tra i quali Giuseppe Mkasa e Carlo Lwanga sono i più conosciuti, sono venerati come i protomartiri dell’Africa Nera. La notorietà che fece seguito al ritrovamento del missionario scozzese David Livingstone a Ujiji nel 1871 da parte di Stanley, spinse all’invio di missioni dall’Europa per venire incontro alle necessità del “continente nero“.

Le prime missioni cattoliche, nel 1879, tra i baganda (popolo che viveva in una zona meridionale dell’attuale Uganda) furono dei Padri Bianchi, congregazione fondata dal cardinale Lavigerie. Il kabaka, re, del Buganda, Mtesa, non si mostrò ostile e per diverso tempo le missioni ebbero successo; alla sua morte, nell’ottobre 1884, il trono fu ereditato dal figlio diciottenne Mwanga, che aveva frequentato la scuola dei missionari e dove era considerato «testardo, indocile e incapace di concentrarsi». Mwanga era soggetto a numerose pressioni, soprattutto da parte di quei consiglieri che temevano che gli stranieri si «sarebbero mangiati il paese» e li avrebbero estromessi. Nella «corsa all’Africa» sia gli inglesi che i tedeschi danneggiavano gravemente il territorio, mentre si sapeva che Emin Pascià stava formando il suo protettorato spingendosi lungo il Nilo a sud dell’Egitto. Il potere e lo status degli stregoni e dei feticisti era minaccioso e così Mwanga fu facilmente persuaso che gli spiriti degli antenati erano adirati per l’abbandono degli antichi costumi.

SS. CARLO LWANGA e co.1Nel 1885 James Hannington, vescovo anglicano di recente ordinazione, decise di raggiungere il Buganda attraversando il territorio delle tribij masai, che fino ad allora non erano state toccate dalla presenza europea. La notizia dell’arrivo del vescovo suscitò immediatamente apprensione tra i consiglieri del re Mwanga; altri missionari erano venuti dal sud, dalle sponde del lago Vittoria, e il territorio masai era la«porta di servizio sprangata» del Buganda, chiusa agli stranieri. Evidentemente una lettera inviata ad Hannington perché non percorresse quella via non gli arrivò mai: fu così catturato con il suo gruppo; tutti vennero uccisi per ordine di Mwanga. Padre Lourdel dei Padri Bianchi annotò nel suo diario: «Hannington ucciso… L’inizio delle crudeltà di Mwanga. Ahimè, non saranno le ultime».

La personalità del kabaka cominciò a peggiorare: fumava hascisc, beveva alcool in gran quantità e il suo comportamento divenne irrazionale e arbitrario. Il non essere riuscito ad imparare a leggere e scrivere accresceva la sua ira verso i missionari quando li vedeva insegnare ai giovani della sua corte. La sua furia raggiunse l’apice quando i giovani paggi di corte rifiutarono di assecondare le sue richieste sessuali (si diceva che avesse imparato queste pratiche da mercanti venuti dal nord, poiché esse non erano comuni tra il suo popolo). Giovani cristiani, istruiti dai missionari, non cedettero alle sue richieste e questo portò il re a esplosioni d’ira omicida: egli afferrava un giovane e gli chiedeva: «Sai leggere?», che significava: «Sei cristiano?».  Lo stesso maestro dei paggi, Giuseppe Mkasaera cattolico e catechista, educava i Sancarlolwange-e-compagni_fotogiovani e li proteggeva  dal kabaka, che aveva pubblicamente rimproverato per la sua dissolutezza e accusato di complicità nell’assassinio del vescovo Hannington. Giuseppe fu arrestato con un pretesto e decapitato il 15 novembre 1885.

In maggio dell’anno seguente i l kabaka mandò a chiamare un giovane paggio chiamato Mwafu, che era stato istruito da un altro giovane, Dionigi Sebuggwawo. Anche quest’ultimo fu convocato dal re che gli conficcò una lancia in gola. Quella notte le guardie circondarono il palazzo per prevenire ogni fuga, mentre venivano convocati gli stregoni e i suonatori di tamburi per chiamare i carnefici.

Carlo Lwanga, che era succeduto a Giuseppe Mkasa come maestro dei paggi, ed era anch’egli cattolico, di notte battezzò segretamente quattro giovani catecumeni. Uno di loro era Kizito, di soli tredici anni, che egli aveva ripetutamente salvato dalle brame del re. Alla mattina tutti i paggi dovettero presentarsi al kabaka, e fu ordinato ai cristiani di separarsi dagli altri; il più anziano era Carlo Lwanga e il più giovane Kizito. Mwanga chiese loro se intendessero rimanere cristiani e alla loro risposta affermativa il re ordinò: «Metteteli a morte».

Il luogo destinato all’esecuzione, Namugongo, si trovava a venticinque chilometri da Mimyonyo, sul lago Vittoria, dove erano stati effettuati gli arresti; era un matàribo ,luogo per sacrifici rituali. Tre giovani furono uccisi lungo il cammino, i rimanenti furono crudelmente imprigionati per sette giorni e obbligati a lavorare alla costruzione di una grande pira.

SS. CARLO LWANGA e co.2Il giorno della festa dell’Ascensione, 3 giugno 1886, Carlo Lwanga fu condotto fuori per primo e morì arso vivo lentamente. Le sue ultime parole furono Katonda wange (mio Dio). Furono poi condotti fuori gli altri giovani; spogliati dei loro abiti, legati e avvolti con cannefurono ammassati sulla pira che fu accesa. Uno di loro, Mgaba, fu prima ucciso con un colpo che gli spezzò il collo per ordine di suo padre, capo dei carnefici. Il resto del gruppo fu bruciato vivo al suono dei canti rituali eseguiti dai carnefici. Si racconta che uno di essi abbia detto in seguito:

«Abbiamo ucciso molte persone, ma nessuno si è mai comportato così. Le altre volte le vittime non facevano altro che lamentarsi e piangere… invece con questi giovani non una lacrima, nessuna parola adirata. Noi tutti sentivamo un lieve mormorio uscire dalle loro labbra; essi pregarono fino alla morte».

Anche altri cristiani furono messi a morte: Mattia Murumba, assistente giudice e uno dei capi della comunità cristiana, fu ucciso con grande crudeltà. Un’altra vittima anziana fu Andrea Kagwa, capo del Kigowa, che aveva riunito attorno a sé un gran numero di catecumeni. Molti altri si diedero alla macchia e le vite dei missionari e dei convertiti furono in pericolo per molti anni.

Nel 1888 il re Mwanga concepì un piano per catturare tutti i capi religiosi, sia cristiani che musulmani, e gettarli in pasto ai coccodrilli, ma perdette il potere prima che potesse mettere in atto il suo progetto. Ci fu una rivoltaun periodo di governo dei musulmaniuna guerra e, nel 1890,l’affermarsi della sovranità britannica.

SS. CARLO LWANGA e co.3Ci sono state molte discussioni sulla composizione confessionale del gruppo messo a morte a Namugongo. Padre J.P. Thoonen, della congregazione del Mill Hill, dopo aver letto i diari dei missionari e i resoconti del processo apostolico del 1913-1914, giunse alla conclusione che ci furono dodici cattolici oltre a Carlo Lwangadieci o undici cristiani di altre confessioni, sette o otto persone accusate di essere simpatizzanti del cristianesimo ma non battezzati. La lista completa dei martiri di Namugongo include anche altri cristiani che furono martirizzati in altri luoghi nello stesso periodoventidue cattolici e ventiquattro protestanti in totale. I resoconti mostrano che non ci furono altre esecuzioni di massa dopo quella del 3 giugno 1886.

«Una fonte che ha molte sorgenti non si inaridirà mai; quando noi non ci saremo più altri verranno dopo di noi»: queste sono le parole di uno dei martiri, Bruno Serùnkuma, rivolte al fratello Bosa. Si pensa che nel gennaio 1890 ci fossero diecimila cristiani nel Buganda: l’esplosione di crudeltà di Mwanga e la testimonianza dei martiri accrebbero moltissimo il numero dei fedeli cristiani. In Namugongo ci sono due santuari, uno cattolico e uno protestante, ed entrambi sono divenuti centri di devozione; nel giorno in cui si ricorda il martirio migliaia di cristiani vi si recano in pellegrinaggio. Il magnifico santuario cattolico, a forma di pira funeraria, ha scolpito nei grandi portali le scene del martirio. I martiri cattolici vennero solennemente beatificati da papa Benedetto XV il 6 giugno 1920 e canonizzati l’8 ottobre 1964 da papa Paolo VI, che nel 1969 andò in pellegrinaggio a Namugongo, durante la prima visita effettuata da un papa nel continente africano.

Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler