Beato Enrico da Bolzano

Beato Enrico da Bolzano

(1315) 10 giugno

Alla morte della moglie e del figlio si B. Enrico di Trevisoabbandonò completamente alla provvidenza non mantenendo ne denaro ne cibo per il giorno seguente, per donare ai più poveri di lui, mortificando corpo e spirito con digiuni e penitenze. Scelse la povertà, ma la sua ricchezza di spirito diede più di 270 miracoli subito dopo la sua morte. 

Il Beato Enrico, nato a Bolzano in Trentino conosciuto come S. Rigo, nacque a Bolzano e sembrava destinato a una vita di povertà e apparente oscurità. In giovane età si trasferì a Treviso e alcuni racconti dicono che là si sia sposato e che presto gli morirono moglie e figlio. Questo fatto provocò in Enrico una disaffezione per la vita mondana; lavorava a giornata e dava in elemosina ciò che risparmiava dai suoi magri guadagni; non imparò mai a leggere e scrivere e dedicò tutta la sua vita al servizio divino. Partecipava quotidianamente alla Messa, si confessava e si accostava alla comunione, dedicando tutto il suo tempo libero alla preghiera e alla devozione. Enrico viene descritto come piccolo di statura, tarchiato, con un viso dagli occhi incavati, lungo naso e bocca storta; la gente per strada, e in special modo i ragazzi, si faceva beffe di questa figura trasandata e poco attraente ma egli mai replicava ai lazzi; la sua unica risposta era la preghiera per chi lo derideva.

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Con immagini relative al suo sangue ancora liquido 

Quando fu troppo vecchio per lavorare, un trevigiano gli diede una stanza e saltuariamente del cibo, poiché viveva principalmente di elemosine, dividendo ciò che riceveva con i mendicanti, non conservando mai cibo o denaro per il giorno dopo. L’età e la salute malferma non lo distolsero dalle sue pratiche religiose: continuò a visitare le chiese, spostandosi a piedi.

L’umiltà, la vita austera e il carattere dolce del beato Enrico alla fine fecero breccia tra la popolazione di Treviso: alla sua morte la sua stanza fu invasa da gente che desiderava venerarlo e impossessarsi di frammenti di oggetti che gli erano appartenuti (nella cella furono trovati soltanto un cilicio, un ceppo di legno che usava da guanciale e della paglia per letto). Il corpo del beato Enrico fu portato nella cattedrale per essere protetto, ma la folla di notte vi fece irruzione, al punto che il vescovo e le autorità dovettero erigere una palizzata in legno a difesa del enrico di trevisoferetro. Alla sepoltura seguì un culto popolare entusiastico e quasi isterico: alle sue reliquie furono attribuiti molti miracoli; i notai incaricati dai magistrati contarono duecentosettantasei miracoli a lui attribuiti nei primi giorni dopo la sua morte.

Il corpo del beato Enrico da Bolzano è tuttora conservato nella Cattedrale. Il suo sangue, tutt’ora allo stato liquido, al contrario di quello di san Gennaro, è conservato nel tabernacolo sopra il sarcofago. I devoti trevigiani, che lo chiamano Erico, in questo giorno frequentano anche il tempietto a lui dedicato a pochi passi da Piazza Duomo dove si celebrano Messe e si fa festa per ricordare questo povero tra i poveri.

Fonte: il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler