Santa Rosa Venerini

SANTA ROSA VENERINI

(1 6 5 6 – 1 7 2 8 ) 7 maggio

Per non cedere alla tentazione di evitare un opera buona a Rosa_Venerinicausa dei giudizi altrui, arrivò a scrivere sotto la suola delle sue scarpe: “Che diranno?”. Appena una tentazione di rispetto umano le si affacciava alla mente, rispondeva immediatamente: “Il che diranno lo tengo sotto i piedi“. Questa era Rosa Venerini, completamente immersa nella volontà di Dio. 

Rosa Venerini nacque a ViterboTerza dei quattro figli di un medico marchigiano Gottifredo. Rosa fu educata alla ritiratezza e alla virtù dalla mamma. Quando giunse all’uso di ragione emise segretamente il voto di farsi religiosa ma, col passare degli anni, trovò difficoltà a distaccarsi da questa terra. S’innamorò di un giovane e indulse alle vanità femminili. Con la morte prematura del fidanzato, il Signore le fece comprendere che, se avesse amato Luì solo, avrebbe trovato uno sposo che non le sarebbe venuto a mancare mai. Entrò così nel convento delle domenicane di S. Caterina, nella stessa città per un anno come esterna. Dopo pochi mesi ritornò a casa per prendersi cura della mamma rimasta vedova. Disillusa per la mancanza d’austerità e di vita comune.

VIDEO-STORIA

INGLESESPAGNOLO

beata rosa venerini.1A contatto del mondo, Rosa Venerini si rilassò di nuovo spiritualmente. Essendo dotata di un temperamento molto nero, per rispetto umano non tollerava che in casa i parenti la vedessero pregare o meditare. Inquieta, un giorno andò al Santuario della Quercia, e si confessò al maestro dei novizi domenicani, il quale la convinse a riprendere le pratiche di devozione e a mettersi sotto la direzione del P. Ventura Bandinelli, Rettore del Collegio dei Gesuiti. Costui l’abituò a meditare secondo le regole di S. Ignazio, l’aiutò a fare la confessione generale e a vincere certi scrupoli.

La beata Rosa Venerini, ripiena d’intima consolazione, si sentì spinta ad un così alacre servizio di Dio che il suo direttore un giorno non poté fare a meno di dirle: “Iddio vuole qualche grande cosa da voi, state attenta a corrispondergli”.
Rosa Venerini si sforzò di progredire nella perfezione trascorrendo alcune ore del giorno in sante conversazioni; sottoponendo il proprio corpo a digiuni, cilici e flagelli; riservandosi, in casa, gli uffici propri della persona di servizio; assistendo una povera vecchia, inferma e abbandonata da tutti.

Quando s’accorse che il timore di quello che la gente avrebbe detto di lei minacciava di dissuaderla di compiere il bene, con un temperino incise sulla suola delle scarpe le parole: “Che diranno?”. Appena una tentazione di rispetto umano le si affacciava alla mente, rispondeva immediatamente: “Il che diranno lo tengo sotto i piedi”. Un giorno, mentre si recava alla chiesa, s’imbatté in una ragazzetta che trasportava a fatica alcune tavole di un letto. Rosa ne ebbe compassione e, superando l’interno tumulto, l’aiutò a portare le suppellettili per un buon tratto di strada benché il fratello Orazio, che aveva incontrato suo malgrado, le avesse espresso il suo disappunto.

Alla morte della madre, sotto suggerimento del suo direttore spirituale, prese ad  Santa_Rosa_Venerini_Ainvitare le donne del vicinato per recitare il rosario. Rosa Venerini si avvide subito che tante di loro ignoravano persino i primi rudimenti della fede. Decise allora di sostituire al rosario una vera scuola di catechismo. I frutti che ottenne furono tanto copiosi che i parroci la supplicarono a continuare l’opera intrapresa. Nasceva così la Congregazione delle Maestre Pie che, sotto la guida del P. Ignazio Martinelli S.J. (1633-1716), si sarebbe propagata rapidamente negli Stati Pontifici. Scelse quindi di essere insegnante nel mondo piuttosto che monaca contemplativa in convento.

Nel 1685 a Viterbo aprì una scuola libera per ragazze: subito si disse di lei che era una “maestra nata”. Nel 1692 il cardinal Barbarigo ricorse ai suoi consigli per organizzare la preparazione delle maestre e l’amministrazione delle scuole nella diocesi di Montefiascone. Lì ella divenne amica e confidente di S. Lucia Filippini (25 mar.). Rosa Venerini organizzò molte scuole in diverse parti d’Italia, promuovendo una serie d’iniziative che culminarono con la fondazione di una scuola a Roma. In tutte queste imprese rimase impavida anche davanti a gravi opposizioni, ivi inclusi alcuni attentati incendiari e aggressioni fisiche contro le maestre.

Le difficoltà incontrate furono numerose se la beata stessa confidò al suo direttore: “Se quel buon Dio, che tanto ha sofferto e tuttavia soffre per i miei gran peccati ed ingratitudini, non fortificasse il mio povero cuore, un solo giorno d’esperienza di ciò che accade nel dar principio a questa santa opera, quasi per tutti i luoghi dove s’è introdotta, basterebbe per non più mettersi a tale impresa”. Invece dì turbarsi quando una scuola era ostacolata o impedita nel suo funzionamento, si limitava a scrivere alla sua guida: “Non mi dispiace ciò che piace a Dio, anzi adoro il suo giusto volere in qualsivoglia cosa; se a Lui piacerà consolarmi, sia benedetto, e se vuole tenermi ancora perplessa sia ugualmente benedetto”.

Le raccomandazioni più frequenti che Rosa Venerini faceva alle alunne delle scuole era: STATUAMai nulla contro Dio”. Non rare volte le discepole si facevano maestre delle mamme analfabete contribuendo inconsciamente al risanamento della società. La fondatrice poté difatti scrivere al P. Martinelli: “Riceviamo tanta consolazione dalla scuola che contempera ogni altra amarezza. Abbiamo alcune giovani che ci rapiscono con la loro modestia, con l’attenzione e con il desiderio di trarre profitto dalle virtù”.

Sembrava che il Signore l’avesse dotata di una particolare attitudine per consolare gli afflitti. Qualsiasi regalo le veniva fatto lo inviava immancabilmente ai poveri ed agli infermi. Tutti quelli che chiedevano l’elemosina nelle vicinanze, avevano imparato a conoscerla.

Benché fosse insidiata dall’etisia (tisi, tubercolosi), finché le fu possibile Rosa Venerini visitò le scuole più vicine e insegnò. Quando le forze l’abbandonarono continuò ad assistere le sue figlie spirituali con la corrispondenza e la sofferenza. Il confessore un giorno la esortò a chiedere al Signore la salute per poterlo servire più a lungo, ma ella esclamò: “Oh, padre! Io mi trovo tanto inchiodata nella divina volontà, che non m’importa né morte né vita: voglio vivere quanto Egli vuole e voglio servirlo quanto a Lui piace e niente più!”.

Morì a Roma nel 1728, dove iniziò il suo culto dopo che le furono attribuiti diversi miracoli. Fu beatificata nel 1952. Solo dopo la sua morte il suo sodalizio fu elevato al rango di congregazione religiosa: le Maestre Pie Venerini sono oggi presenti anche negli Stati Uniti d’America e in altri paesi, dove operano tra gli emigrati italiani. 

Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler http://www.paginecattoliche.it/