SANT’ IGNAZIO da LACONI

SANT’ IGNAZIO da LACONI

Frate cappuccino(1701–1781) 11 maggio 

5santoUna testimonianza contemporanea racconta che qualche volta, durante la preghiera, si elevava da terra. Sia in vita che dopo la morte gli furono attribuite molte guarigioni. Scettico sulla scienza medica preferiva i seguenti rimedi: credere in Dio e stare saldi nella preghiera.

Ignazio apparteneva a una famiglia di nove fratelli. I suoi genitori erano Matteo e Anna Peis e vivevano a Laconi, allora un grosso villaggio situato nel centro della Sardegna. Sappiamo poco della sua infanzia, se non che lavorava nei campi paterni e che fisicamente era gracile.

Crebbe timorato di Dio e ancora adolescente già praticava digiuni e mortificazioni; non frequentò scuole e non imparò mai a scrivere, ma andava ogni giorno a Messa e faceva il chierichetto; di poche parole, parlava appena il dialetto sardo. A diciotto anni si ammalò  gravemente e fece voto di entrare fra i cappuccini se fosse guarito; ma una volta risanato non mantenne il voto nonostante l’incoraggiamento della madre e la posizione opposta del padre. Un giorno, mentre inseguiva la mandria di mucche del padre, perse il controllo del cavallo, ma un attimo prima di cadere rovinosamente, con uno strattone, ritrovò la giusta posizione in sella: Ignazio vide nell’accaduto un segno della scelta divina sulla sua vita e salvo per la seconda volta, ricordò la promessa fatta ed entrò nel convento dei cappuccini al Buon cammino (vicino a Cagliari), situato a circa sessanta chilometri a sud del suo villaggio. Tutto questo accadeva nel 1721.

S. IGNAZIO da LAGONI1Nonostante l’opposizione paterna ricevette l’abito in quella piccola ma valida comunità. All’inizio del cammino comunitario aveva incontrato il favore della comunità; il suo secondo maestro dei novizi lo ritenne invece fisicamente debole e insincero di carattere: Ignazio raddoppiò allora gli sforzi per dargli soddisfazione e fu debitamente ammesso alla professione.

Pur continuando ad appartenere alla comunità di S.Benedetto al Buon cammino fu assegnato per un breve periodo alle case di Iglesias e Cagliari; in quest’ultima lavorò nel lanificio del convento, dove si confezionava il tessuto per i religiosi, come fratello laico per quindici anni. Nel 1741 fu mandato come “questuante” dalla fraternità di S. Antonio a quella di Buoncammino, e questa fu la sua occupazione principale per il resto della sua vita.

Al pari di altri che trovavano difficile quest’incarico, anch’egli subì rifiuti e abusi, ma ottenne anche grande stima come consigliere spirituale. Si prese particolare cura dei malati e dei bambini. Una suora sua contemporanea ce lo descrive di altezza media, di aspetto fragile, con capelli bianchi e barba. Aveva con sé un bastone a sant-ignazio-laconidue punte, camminava in modo eretto, aveva modi calmi ed era «gentile e carezzevole» con i fanciulli.

La serenità tranquilla era la sua caratteristica principale; un quadro, custodito a Cagliari, conferma la maggior parte di questi dettagli della sua personalità. Un’altra testimonianza contemporanea racconta che qualche volta, durante la preghiera, si elevava da terra (come S. Giuseppe da Copertino, 18 set.), scendendo poi lentamente quando giungeva il tempo dell’Ufficio notturno. Sia in vita che dopo la morte gli furono attribuite molte guarigioni. Da parte sua tendeva a rinunciare all’abilità medica raccomandando semplici rimedi: credere in Dio e stare saldi nella preghiera.

Una leggenda pittoresca racconta che un usuraio di Cagliari si lamentava che Ignazio non bussasse mai alla porta di casa sua per chiedere l’elemosina. Il guardiano comandò a Ignazio di andare anche là, cosa che egli fece. Tornò con un sacco pieno di cibo, ma quando l’aprì esso grondava sangue; il guardiano rimase stupito, ma Ignazio gli disse: «Questo è il sangue dei poveri, questo è il motivo perché non chiedevo nulla in quella casa».

Nel 1781 la salute di Ignazio cominciò a declinare; visitò sua sorella, Clarissa, e le disse che non si sarebbero più sant'Ignazio da Laconiincontrati sulla terra. Nel 1779 frate Ignazio divenuto cieco, venne dispensato dalla questua, ma per sua volontà volle continuare a partecipare alla vita comune dei frati, sottostando a tutte le regole e pratiche disciplinari, fino alla santa morte l’11 maggio, quando entrò in agonia, alla stessa ora di Cristo in croce, e morì subito dopo. Nel 1951 fu canonizzato; come S. Teresa di Lisieux (1 ott.) sembrava che non avesse fatto nulla di straordinario: aveva vissuto straordinariamente le cose ordinarie.

La testimonianza più  bella e certamente rispecchiante la realtà, ci viene dal contemporaneo pastore protestante Giuseppe Fues, cappellano del reggimento di fanteria tedesco “von Ziethen”, al servizio del re di Sardegna e di stanza a Cagliari, il quale nel 1773 scriveva ad un suo amico in Germania: “Noi vediamo tutti i giorni mendicare attorno per la città un santo vivente, il quale è un frate laico dei cappuccini e si è acquistato con parecchi miracoli la venerazione dei suoi compatrioti”. La scrittrice e premio Nobel Grazia Deledda, definì “L’uomo più ricordato del Settecento sardo”. 

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Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler /  http://www.ilpuntostampa.info