SAN PIETRO DI BETANCOURT

SAN PIETRO DI BETANCURT

Fondatore della Congregazione Betlemita (1619-1667) 25 Aprile 

Una delle devozioni che il beato propagò con maggior zelo fu la 5betancurrecita o il canto del rosario che si faceva in processione ogni sabato nei diversi sobborghi di Guatemala. Come pure l’istituzione delle Quarantore, a partire dalla mezzanotte del Natale, con l’esposizione del SS. Sacramento sotto un tronetto di paglia.

Pietro di Betancourt, il cui nome completo era Pietro di S. Giuseppe, nacque a Villaflor (Tenerife) nelle isole Canarie, nel 1619; secondo alcune narrazioni il luogo di nascita fu Chasna (Tenerife), altre implicano che l’anno fu il 1626. Tutte le versioni riportano che la famiglia discendeva da un originario conquistatore normanno delle Canarie, Giovanni Bethencourt, da cui il “Betancur” solitamente associato al nome di Pietro. Qualunque fosse la data di nascita, si sa che nel 1649 Pietro smise di fare il pastore e partì per il Nuovo Mondo. Dopo un breve soggiorno a L’Avana, a 23 anni si trasferì in Guatemala, dove trascorse il resto della vita. Fu chiamato dai suoi contemporanei “il padre dei poveri e dei malati“, “la mamma del Guatemala“.

Con l’aiuto di un sacerdote suo conterraneo, il 4-9-1650 trovò impiego presso un tessitore di lana. Non dovette essere molto contento della sua condizione se un giorno, avendo saputo che una nave stava per partire alla volta dell’Honduras, chiese al comandante un passaggio in cambio dei servizi che egli avrebbe reso a bordo. Dal porto in cui sbarcò nel mar Caraibico, ora a piedi, ora in compagnia di carovane di mercanti, si diresse a Santiago de los Caballeros de Guatemala, sull’Oceano Pacifico, in cui giunse il 18-2-1651 mentre il terremoto stava seminando il panico  tra la gente.

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Calpestando, dopo diciassette mesi di viaggi e stenti, la terra dei suoi sogni, si dice che abbia esclamato: “Qui io voglio vivere e morire!“. Ma era talmente sfinito che dovette cercare prima ristoro  nell’Ospedale Reale e poi rifugio in casa del capitano Antonio Lorenzo de Betancour, suo lontano parente.

Tentò di diventare un religioso ma non riuscì a farsi accettare in quanto non molto bravo nello studio. Pietro de Armengol avrebbe voluto associarlo alla sua fabbrica dandogli in moglie la propria figlia, ma Pietro, dal momento che a scuola non imparava molto, verso il 1654 prese in affitto una stanza per disporre più liberamente del proprio tempo e visitare i poveri e i malati. In seguito, non sapendo ancora che orientamento dare alla vita, il P. Espino lo autorizzò a stabilire la residenza nell’Eremo del Calvario dove potè moltiplicare le pratiche di devozione soprattutto dopo che aveva chiesto e ottenuto di essere ammesso al Terz’Ordine Francescano.

Vestì l’abito l’8-7-1656. Da quel giorno, con il permesso del P. Lobo, cominciò a fare uso di cilici, catenelle e flagelli. Dal giovedì al sabato di ogni settimana digiunava a pane ed acqua. Durante la settimana santa, nelle feste della Madonna, di S. Giuseppe e di S. Michele per tre giorni non toccava cibo ne bevanda. Non fu mai visto fare uso di carne, di frutta e di liquori e di notte fare uso di letto o di coperte. Gli premeva espiare oltre i propri peccati anche quelli di tutti gli uomini, e ottenere alla Chiesa e al mondo pace e prosperità. A queste penitenze, scelte di propria volontà, occorre aggiungere i reumatismi e le infiammazioni di cui soffriva quasi di continuo, e certi dolori di denti che lo facevano gridare come un pazzo.

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Nel 1657 Pietro di Betancourt fu nominato custode della chiesa del Calvario. Ne ebbe somma cura. Nel giardino che la circondava coltivava i fiori più belli per adornarne gli altari. Al mattino andava prima a prendere parte alla Messa nella chiesa di S. Francesco, e poi andava a chiedere l’elemosina alle porte delle case per i bisognosi, per sé e per l’abbellimento della casa del Signore. Il P. Espino ne fu entusiasta. Essa divenne infatti il santuario più venerato e frequentato dell’America Latina. Una delle devozioni che il beato propagò con maggior zelo fu la recita o il canto del rosario che si faceva in processione ogni sabato nei diversi sobborghi di Guatemala.

Durante le questue più volte Pietro di Betancourt venne a trovarsi di fronte alla miseria più nera, e a turbe di bambini che crescevano senza una educazione cristiana. Poiché era particolarmente devoto al Bambino Gesù di Betlemme, sviluppò un apostolato per i poveri fondando l’ospedale di Nostra Signora di Betlemme che aveva annessa una scuola per bambini poveri. Assisteva anche gli schiavi  e gli indigeni, che lavoravano in condizioni disumane e i cui bisogni spirituali e fisici erano totalmente ignorati dai colonizzatori spagnoli.

Per sostenere le iniziative del beato ci furono dei benefattori che si dichiararono disposti a istituire delle rendite fisse, ma egli non ne volle sapere. Preferiva le elemosine di ogni giorno. Seppe tuttavia sensibilizzare talmente i ricchi per i poveri che trenta famiglie, a turno, si impegnarono a provvedere al sostentamento dei suoi assistiti. Non gli mancarono momenti di difficoltà, ma Dio ricompensò la fiducia che aveva posta in lui moltiplicando talora le provviste di cui aveva urgente bisogno.

La sua stessa salute non era mai stata buona, e, per assicurarsi che il suo apostolato non terminasse alla sua morte, fondò due istituti secolari, uno maschile chiamato i Fratelli di Betlemme e uno femminile chiamato le Suore di Betlemme, che seguivano entrambi la regola del Terz’ordine di San Francesco.

Pietro di Betancourt morì il 25 Aprile 1667. Il suo istituto fu approvato pochi giorni dopo; fu poi trasformato dal successore in una congregazione con voti perpetui secondo la regola di S. Agostino, approvata nel 1687.

Lasciò in eredità ai suoi discepoli l’iniziativa di celebrare le Quarantore, a partire dalla mezzanotte del Natale, con l’esposizione del SS. Sacramento sotto un tronetto di paglia. Oggetto delle contemplazioni del beato erano i misteri di Betlemme, del Cenacolo e del Calvario. Vari suoi scritti spirituali furono pubblicati nel XVIII secolo. Le reliquie del fondatore dei Fratelli Betlemiti sono venerate in Guatemala Antigua nella chiesa di S. Francesco. Clemente XIV ne riconobbe l’eroicità delle virtù il 25-7-1771, e  Giovanni Paolo II lo beatificò il 22-6-1980, per farlo poi santo il 30 luglio 2002.

Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butlerhttp://www.paginecattoliche.it/