BEATA PLACIDA VIEL

BEATA PLACIDA VIEL

(1815-1877) 4 marzo 

Quando le viene dato il compito di fare la beata placida vielquestua, timida e giovane ha un attimo di debolezza, ma la madre superiora mettendola davanti al Santissimo Sacramento le farà acquistare una forza che non le verrà mai più meno.

Nel 1843 un uragano abbatté il campanile dell’abbazia. Madre Postel affidò allora a Suor Placida l’ingrato compito di andare nel mondo a questuare il denaro occorrente per ricostruirlo, nonostante la sua giovane età. La Beata, timidissima, si sforzò di ubbidire, ma al momento di varcare la soglia di casa, il coraggio le venne meno. Ritornò sui suoi passi e, piangendo, andò a buttarsi alle ginocchia della fondatrice che le disse:

“Come, figlia mia, il tuo viaggio non è stato lungo! È questa la tua fede? Va’ a trascorrere una mezz’ora davanti al Santissimo Sacramento“.

 A partire da quel giorno il coraggio della Beata Placida non venne più meno. Vittoria Eulalia Giacomina Viel, la futura seconda superiora generale delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia, nacque nel 1815 nel villaggio di Val-Vacher in Normandia. Vittoria fu l’ottava di undici figli. La sua famiglia, prima abbiente e rispettata in tutta Quettehou, col tempo si degradò alla condizione di piccola proprietaria. Vittoria, tra i cinque e i dodici anni di età, frequentò una sorta di scuola femminile, poi per un anno studiò cucito. Ricevette quindi un’istruzione minima, che però, essendo molto devota, potè arricchire frequentando corsi di catechismo presso la parrocchia del paese.

beata placida viel.1A diciott’anni era una ragazza alta, generosa, ma purtroppo molto timida. La cugina di suo padre, Maria, considerata erroneamente zia di Vittoria, era stata prima discepola e poi una delle prime compagne di S. Maria Maddalena Postel (16 lug.), della cui piccola comunità era stata anche tesoriera. Forse sperando di reclutare la cugina, Maria Maddalena la invitò a far visita al gruppo che si era da poco sistemato a Saint-Sauveur-le-Vicomte. Vittoria venne immediatamente affascinata dalla superiora e concepì il desiderio di condividere la vita estremamente povera, ma, palesemente felice, delle suore. Nel maggio del 1833 lasciò la propria casa e sentì particolarmente forte il distacco dal padre, anche se fu Michele, il suo fratello maggiore, col quale aveva già stabilito di mettere su casa, ad andare su tutte le furie, per la repentinità della decisione.

L’abbazia benedettina di Saint-Sauveur-le-Vicomte, che in passato era stata piuttosto fiorente, era andata progressivamente in rovina a causa del regime degli abati in commendam, che le tolsero la maggior parte dei possedimenti necessari al sostentamento della comunità monastica, e aveva ricevuto il colpo di grazia dalla Rivoluzione francese, che completò il declino di una casa esistita sin dal X secolo.

Le terre dell’abbazia vennero vendute e le sue rovine con i sassi vennero trattate come una possibile fonte di guadagno. Maria Maddalena Postel, dopo aver vagato per alcuni anni con incertezza attraverso tutta la regione, comprò le rovine e decise di costruire là la casa per la sua giovane comunità e di riportare la chiesa dell’abbazia all’antico splendore.

Nel 1833, quando Vittoria arrivò, trovò una comunità composta da quattordici professe e nove novizie e che viveva in estrema povertà. Trovò anche una santa di circa ottant’anni dalla quale assorbì qualità religiose, spirito, idee e aspirazioni. La postulante abbracciò la nuova vita con grande entusiasmo, addirittura facendo più di quanto fosse ragionevole aspettarsi: ritenendo ad esempio che la corrispondenza che intratteneva col padre fosse fonte di distrazione, gli chiese di non scriverle più se non per casi di emergenza.  Ricevette l’abito da novizia nel 1835 insieme ad altre dieci giovani e le fu dato il nome di Placida.

Lavorò come aiuto cuoca fino al 1838, anno in beata placida viel.3cui fece la professione e in cui iniziò una lunga serie di compiti sempre nuovi. Per prima cosa la superiora la mandò nuovamente a scuola perché potesse migliorare il suo livello di istruzione. Il corso di studi avrebbe dovuto durare due anni, ma Vittoria lo completò nel giro di tre mesi e dopo aver ottenuto il diploma divenne addirittura insegnante presso il collegio, venne nominata responsabile delle novizie e anche consigliera. Maria capì ben presto che la madre superiora aveva deciso di preparare quella giovane ragazza alle più alte responsabilità e i suoi tentativi di guidare la nipote verso la più stretta osservanza religiosa si trasformarono in ostilità evidente. La zia non faceva altro che evidenziare e sottolineare i difetti di Placida e sembrava desiderare il suo allontanamento dal monastero di Saint-Sauveur-le-Vicomte; la superiora fu però irremovibile e anzi nominò Placida assistente generale e le diede l’incarico di fondare un nuovo convento.

E’ facile comprendere la gelosia di Maria, ma non cosa ci fosse di razionale dietro alla decisione di madre Postel; certo è che un giorno, mentre il superiore ecclesiastico della congregazione stava esprimendo all’anziana fondatrice la sua preoccupazione per il futuro, passò Placida e Maria Maddalena disse:

«Sarà quella monaca di ventiquattro anni a succedermi. Dio le dirà come fare».

Ordinò poi a Placida di andare a Parigi e di raccogliere i fondi necessari per restaurare la chiesa; le disse di andare dalla regina e dai ministri più importanti del governo, e di raccogliere quello che ancora sarebbe mancato, chiedendo l’elemosina di porta in porta. Per quattro anni Placida portò avanti quel compito, impegnandosi per tutta la giornata e accettando con grande spirito di obbedienza fatiche, secche risposte e profonda solitudine. Nei momenti di sconforto si rianimava dicendo:

beata placida viel.2Mia Madre, che è una santa, mi manda”.

Quando ritornò dalla questua in Bretagna dovette mettersi a letto perché “vittima dei pii eccessi del suo zelo e della sua mortificazione”. Nel maggio del 1846 venne richiamata a Saint-Sauveur-le-Vicomte perché la superiora stava spegnendosi. S. Maria Maddalena Postel morì il 16 luglio 1846, il capitolo generale per l’elezione della nuova superiora si tenne nel settembre dello stesso anno e tutti i voti tranne due furono in favore di Placida, che si sentì completamente indegna e chiese scusa a tutti in ginocchio. Mentre Maria e il cappellano erano dell’idea che il ruolo di superiora spettasse alla zia, il superiore ecclesiastico fu irremovibile e convalidò le votazioni.

Seguì un periodo molto strano: Placida sottopose al capitolo la sua necessità di portare a termine il compito affidatole da Maria Maddalena per la raccolta dei fondi e suggerì di posticipare di un anno la sua entrata in carica e di conservare ad interim solo alcune funzioni. Il capitolo acconsentì e affidò a Maria la guida quotidiana della comunità. Quella situazione durò però dieci anni, anni in cui la superiora generale estese il raggio dei suoi viaggi al di fuori di Parigi. Quando si trovava in campagna, per spirito di povertà, camminava a piedi, con un parapioggia e una sporta al braccio, in cui teneva in serbo un po’ di pane, burro e sidro per sfamarsi lungo il cammino, seduta su un mucchio di ghiaia che fiancheggiava la strada. Lungo il giorno ogni tanto si fermava sotto i portici delle chiese per riposarsi e pregare o presso i Calvari, che sorgevano qua e là, per leggere le lettere che riceveva dalla abbazia e rispondervi.

Di notte trovava asilo d’ordinario nei presbiteri. Non la scoraggiava né la pioggia, né la neve, né le ripulse, né le umiliazioni. Più volte venne a trovarsi in terrificanti situazioni, ma ne uscì sempre con l’aiuto della divina Provvidenza in cui aveva riposto tutta la sua fiducia. Ma i suoi brevi soggiorni presso il convento erano alquanto tristi. Maria si era impossessata delle stanze della superiora, mentre Placida era relegata in una soffitta;la zia umiliava la giovane superiora di fronte a tutta la comunità, le dava ordini, apriva la sua posta, prendeva decisioni assieme al cappellano e la istruiva al riguardo di ciò che essa avrebbe dovuto fare.

Perché tutto ciò era possibile? Placida aveva forse abdicato al suo ruolo? Non avrebbe dovuto intraprendere qualche atto più vigoroso nei confronti di Maria? Alla fine le sue grandibeata placida viel.1 sofferenze diedero i loro frutti; forzare la zia a una sottomissione avrebbe compromesso i già fragili equilibri della congregazione, cosa che la vera superiora sapeva di dover evitare a ogni costo.

Poco dopo la consacrazione della chiesa dell’abbazia. Maria morì, proprio come aveva profetizzato Maria Maddalena Postel. Placida diresse l’istituto per trent’anni. La sua parola d’ordine era: “Dimenticarsi e dedicarsi al bene comune” per “fare morire Madama Natura che non cessa di reclamare i suo diritti”. Nelle sue conferenze alle suore diceva sovente:

Fate tutto il vostro dovere, non preoccupatevi del successo, esso non dipende da voi. Se saprete essere degli strumenti flessibili e docili nelle mani del divino artefice, compirete meraviglie. Forse che Dio ha bisogno di voi per compiere la sua opera? Non è sufficientemente potente per fare il suo lavoro con dei cattivi utensili?”.

Alla vigilia della chiusura degli esercizi spirituali riuniva le consorelle per raccomandare loro di pregare secondo le intenzioni della Madre Fondatrice e di conservare l’unione e la carità fraterna. In casa esigeva la perfetta osservanza del silenzio e del raccoglimento, perché da essi dipende il progresso nella virtù. Non tollerava che si parlasse a voce alta e che si ridesse rumorosamente. Soprattutto durante i ritiri, il minimo rumore le riusciva intollerabile. Ordinava perciò che si facessero tacere gli operai che parlavano un po’ troppo forte tra loro, preferendo, se non volevano darle ascolto, rimandarli a casa pagando loro la giornata, anziché lasciare turbare così il raccoglimento della comunità.

Per sollecitare le suore all’amore del prossimo, mandandole in certe regioni in cui la religione era poco praticata, diceva loro:

Figlio mie, non abbiamo bisogno di andare in Cina per guadagnare delle anime a Dio. La Cina è attorno a noi, in queste contrade così poco cristiane, dove mediante la grazia, potete fare molto bene con la vostra carità, il vostro zelo e la vostra dedizione”.

E perché fossero di edificazione a tutti, non tollerava in esse atteggiamenti leggeri nel camminare e nel gestire i espressioni sdolcinate, proprie delle persone del mondo. Anche in questo le precedeva con il suo esempio. Chi la conobbe dice che

il suo portamento grave e maestoso, il suo incedere grave e senza affettazione, il suono della sua voce, l’espressione stessa del suo viso indicavano che ella viveva incessantemente alla presenza di Dio”. 

Placida morì il 4 marzo 1877 ed è stata beatificata nel 1951

Fonti: il primo grande libro dei santi di Alban Butler /