Beato Giovanni di Fiesole (Beato Angelico)

Beato Giovanni di Fiesole

(Beato Angelico)

(ca. 1400-1455) 18 febbraio

Beato AngelicoIl pittore fiorentino  noto come Beato Angelico è stato 
beatificato da Giovanni Paolo II 
il 3 ottobre 1982, e dichiarato protettore degli artisti cristiani.

Si chiamava Guido di Piero e nacque in Vicchio di Mugello, un paese vicino a Fiesole sulle colline circostanti Firenze; secondo la tradizione la data di nascita è il 1387, mentre fonti più recenti la collocano con più verosimiglianza intorno al 1400. Studiò pittura presso un maestro fiorentino; nel 1417 era ancora laico e lavorava già come pittore, tanto che il suo nome si trova tra gli artisti membri della “Compagnia di S. Nicola“.

Nel 1418 partecipò alla decorazione della chiesa di Santo Stefano al Ponte, il suo primo lavoro su commissione. Se in questo periodo dipinse soggetti “secolari”, nessuno di essi si è conservato: tutti i suoi lavori giunti fino a noi mostrano temi esclusivamente religiosi. Abbracciato l’ordine domenicano intorno al 1420, entrò nel convento riformato di San Domenico a Fiesole con il nome di fra Giovanni. Divenne amico di Antonino Pierozzi, futuro arcivescovo di Firenze (2 mag.; dichiarato santo nel 1523); incontrò poi Piero de Giovanni, monaco camaldolese noto come pittore sotto lo pseudonimo di Lorenzo Monaco, e ne divenne discepolo. Lorenzo dipingeva seguendo la scuola di Andrea Orcagna, con ampie pennellate e grandi forme, ma rifacendosi anche al senso del colore e alla linea lirica propri della scuola di Siena, che influenzarono particolarmente lo stile cromatico e la tecnica dell’Angelico.

Beato Angelico- Cristo in Santa Maria del SoccorsoGuido prese gli ordini maggiori nel 1427-1429, periodo in cui la comunità si trasferì da Fiesole al convento di San Marco di Firenze, ricostruito nel 1437-1452 grazie al patrocinio dei Medici, signori della città-stato. Cosimo de’ Medici il Maggiore vi depositò la sua ricca collezione di manoscritti greci e bizantini, da cui il Beato Angelico imparò l’arte iconografica, introducendo così temi orientali nell’arte occidentale. Fu qui che iniziò ad affrescare quelle pareti a cui avrebbe lavorato per tutto il resto della vita creando un unico corpo di arte religiosa.

Michelozzo, l’architetto utilizzato da Cosimo de’ Medici e dal fratello Lorenzo per intraprendere la ricostruzione, compare in cima alla scala nell’affresco della Deposizione dalla croce. Quel che è rimasto della sua opera è sufficiente per poter apprezzare le sue qualità di pittore e la sua personalità: l’Angelico rappresenta il passaggio dal Medio Evo al Rinascimento, combinando il fervore religioso del primo con l’amore del bello proprio del secondo: «Le sorgenti della sua sensibilità sono nel Medio Evo, ma egli vive tali sentimenti in modo quasi moderno e pressoché moderni sono anche i suoi mezzi espressivi». Le sue opere mostrano «perfetta certezza di scopo, devozione totale al proprio lavoro e un ardore sacramentale nel realizzarlo» (Bernard Berenson).

Ci sono giunte altri due grandi opere del 1430-1433: il Giudizio finale e la Deposizione dalla croce. Il Giudizio finale fu dipinto per il convento camaldolese di S. Maria degli Angeli, ancora nello stile e spirito di Lorenzo Monaco. Nella decorazione e nell’uso dell’oro è l’ultimo esempio di eleganza gotica, ma l’utilizzo degli spazi attraverso la prospettiva lo rendono senza dubbio un lavoro quattrocentesco. La Deposizione dalla crocedipinto insieme a Lorenzo Monaco, ha tratti gotici pur respirando lo spirito del nuovo umanesimo nella sua ricerca di naturalismo, ed è caratterizzato dalla calma scultorea ereditata dal Masaccio. Il Beato Angelico fu il primo italiano a dipingere un beato angelico annunciazionepaesaggio riconoscibile e il primo a dare il senso della natura come luogo gradevole. Conosceva i nuovi studi sulla prospettiva ed era anche molto abile nell’utilizzarla, anche se subordinava sempre la propria tecnica alla narrazione delle storie sacre costituenti il soggetto della sua arte. E «un grande artista che rinunciò deliberatamente ad ogni manifestazione di modernità nonostante la profondaconoscenza dei problemi che Brunelleschi e Masaccio avevano introdotto» (E.H. Gombrich). Di questi tre pittori, che probabilmente si influenzarono reciprocamente, Brunelleschi (nato nel 1377) era cronologicamente il primo ma grazie alla sua longevità – morì infatti solo quattro anni prima dell’Angelico – può essere considerato pienamente un loro contemporaneo.

In San Marco, a partire dal 1441, il Beato Angelico dipinse una scena sacra in ogni cella dei frati e, per aiutare la meditazione e la devozione, al termine di ogni corridoio; questi affreschi, preservati nella loro sede originaria, costituiscono il nucleo del suo lavoro. Il loro scopo è devozionale e istruttivo, l’approccio semplice e narrativo, con l’utilizzo di ampi spazi in uno stile ereditato da Giotto e da Masaccio. I temi includono la Derisione di Cristo, Cristo nel Sepolcro e la Trasfigurazione.Beato Angelico- Cristo deriso

I dettagli sono ridotti al minimo, con l’assenza di quegli elementi decorativi “di intrattenimento” che erano invece solitamente introdotti nelle opere devozionali destinate ai laici; molte opere contengono immagini di frati o di suore in preghiera, permettendo così ai religiosi di porre fisicamente se stessi all’interno delle scene rappresentate. Lo spirito dei dipinti riflette il periodo di tranquillità di cui godette la Chiesa dopo il concilio di Costanza del 1429, quando – per un certo periodo – la maggior parte delle tensioni sembrarono risolte. Per l’Angelico l’arte era un modo di meditare e predicarele sue opere mostravano alla gente che cosa si doveva adorare, in perfetto accordo con la tradizione catechetica domenicana.

Mentre il suo iniziale stile è elegante e statico, influenzato dai primi fiorentini, come si può notare nella Incoronazione della Vergine(ora agli Uffizi), quello successivo, che predomina in S. Marco, è più naturalistico, con un diffuso utilizzo del chiaroscuro e un ponderato sviluppo della prospettiva. La scala dei dipinti diventa più ampia e le composizioni più semplici via via che il pittore si allontana dal dettaglio – ancora abbondante in gran parte dei suoi soggetti – per avvicinarsi all’assoluta semplicità di affreschi come S. Domenico che adora Cristo in croce

La sua erudizione rinascimentale traspare nell’utilizzo di architetture classiche, anche se queste vengono mantenute sullo sfondo e non rappresentano la parte centrale della composizione: si vedano ad esempio l’Annunciazioneche risale al 1449, con la sua accurata rappresentazione del chiostro e la Conversazione sacra,all’incirca del medesimo periodo, che mostra i santi rappresentati secondo le leggi della prospettiva.Beato Angelico - Madonna del Giglio Al di fuori di San Marco, il Beato Angelico dipinse numerosi affreschi, per la maggior parte rappresentanti la Madonna e il Bambino in compagnia di santi, un genere che si sarebbe sviluppato nel tema noto come la Conversazione sacra. Un tipico esempio, ora nel museo di San Marco, mostra la Vergine e il Bambino sul trono, con i SS. Domenico, MarcoCosma e Damiano  alla loro sinistra e i SS. Giovanni Evangelista, Tommaso d’Aquino, Lorenzo e Pietro Martire alla loro destra: tre dei santi sono domenicani, i due evangelisti sono legati a S. Marco e i rimanenti tre erano particolarmente venerati dai Medici di Firenze. Gli fu poi commissionata, probabilmente da papa Eugenio IV (1431-1447), la decorazione di due cappelle vaticane: una è andata distrutta; quella conservata mostra scene della vita dei SS. Stefano e Lorenzo. Nel 1447 incominciò a lavorare a un grande ciclo di affreschi riguardante il Giudizio finale nella cattedrale di Onieto, di cui riuscì però a terminare solo una piccola parte. La Cronaca di Orvieto, scritta quando egli era ancora in vita, lo definisce «un fratello magnifico, un grande pittore, famoso più di tutti i pittori italiani». Prima della morte lo troviamo ancora una volta a Roma, impegnato in decorazioni per la basilica di San Pietro e per lo studio privato del papaMichelangelo in seguito scrisse di lui: «Si deve credere che questo buon monaco abbia visitato il paradiso e abbia avuto il permesso di scegliere là i suoi modelli».

Beato AngelicoAccanto a questa attività di pittore, che occupò la maggior parte del suo tempo, l’Angelico ebbe anche un ruolo importante nelle vicende dell’ordine, soprattutto quando, dal 1450 al 1452, fu priore di Fiesole. Si dice che papa Eugenio volesse eleggerlo arcivescovo di Firenze e che egli lo persuase a nominare al proprio posto Antonino, preferendo per sé qualcosa di meno importante. La fede che traspare dal suo lavoro o forse la predominanza in esso di figure angeliche gli avevano guadagnato, già a partire dal XV secolo, il titolo di “Beato” Angelico, con il quale da allora è conosciuto.

La sua prima biografia, scritta dal Vasari nel 1550, lo nomina «fra Giovanni Angelico». Nel XIX secolo Ruskin lo considerava «non un artista propriamente detto, ma un santo ispirato». Pochi santi – se non nessuno – possono lasciare alle loro spalle una tale eredità ispirata, e pochi artisti – se non nessuno – possono aver integrato così totalmente il proprio talento agli ideali della loro vita. I suoi affreschi rappresentano la beatitudine e non tanto oggetti fini a se stessi: nonostante l’espressione convenzionale di alcune figure, il loro scopo infatti è sovrannaturale.

È INVOCATO: – come protettore degli artisti cristiani FONTE:  Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler