SAN GIUSEPPE VAZ

San Giuseppe Vaz

(1651-1711) 16 Gennaio

Sacerdote indiano, nonostante le discriminazioni del periodo, B. Giuseppe Vaz2si offre quale esempio di estrema umiltà e disponibilità in un ambiente prettamente buddista, guadagnandosi la stima del re e del suo popolo, nonchè notevoli conversioni e la formazione di un compatto gruppo cattolico. Canonizzato come il primo santo dello Sry Lanka il 14 gennaio 2015 da Papa Francesco davanti a 500mila fedeli.

Secondo un concordato con la Santa Sede, noto come “Padroado”, la corona portoghese, in cambio del supporto concesso allo sviluppo del cristianesimo nel proprio immenso impero marittimo, godeva di ampi privilegi nell’ambito delle chiese locali che si erano andate formando. Nel XI secolo sorsero solide comunità cattoliche in molte parti dell’Asia, quantunque gli stretti rapporti fra le missioni cristiane e gli aggressori provocasse anche aspre reazioni fra gli indigeni.

Nel XVII secolo, quando la maggior parte dei possedimenti portoghesi in Asia fu conquistata dagli olandesii missionari fuggirono e furono espulsi. Solo alcune piccole enclaves rimasero portoghesi, fra le quali Goa sulla costa occidentale dell’India, quartier generale amministrativo ed ecclesiastico del precedente impero. Poiché il Portogallo non era più in grado di adempiere alle proprie responsabilità nel resto dell’Asia, la Santa Sede cominciò a nominare  dei vicari apostolici attraverso la congregazione Propaganda Fide, suscitando gelosa opposizione da parte del Portogallo. Goa produceva una fervida messe di preti indiani, che sarebbero stati provvidenziali sotto la direzione della Propaganda, se gli arcivescovi portoghesi non fossero stati così decisamente contrari ad abbandonarne il controllo, e oltremodo risentiti quando Roma ne elevò alcuni all’episcopato. Entro il territorio portoghese, questi sacerdoti, pur competenti e attivi, erano vittime di un razzismo che precludeva loro ogni posizione di responsabilità.

B. Giuseppe Vaz3Giuseppe Vaz, nato nel 1651 a Sancoale (Goa) da famiglia cattolica della casta dei bramini, fu ordinato nel 1676. Alcuni anni dopo apprese come i cattolici a Ceylon (l’attuale Sri Lanka) fossero osteggiati nel predicare la fede, dopo l’abbandono del 1658 da parte dei portoghesi. La East India Company, che controllava la fascia costiera dove viveva la maggior parte di essi e praticamente tutti i porti, non consentiva lo sbarco di preti.

Egli sollecitò il permesso di andare in loro aiuto, adducendo che un indiano di pelle scura avrebbe potuto entrare inosservato. Invece fu nominato vicario foraneo per Kanara, poco a sud di Goa, con la speranza che sarebbe servito da incentivo per ristabilirvi il “Padroado”. Aveva ordini di trattare da intruso il vicario apostolico di Propaganda (altro bramino goanese, Thomas de Castro, residente a Mangalore) e di proibire ai fedeli ogni rapporto con lui e con i suoi preti. Al contrario, egli trattò il de Castro con umile ossequio e gli diede piena collaborazionePer questo rischiò la sospensione e dovette perfino sopportare le critiche di de Castro contro le autorità del “Padroado”. Nei tre anni trascorsi a Kanara si accattivò la stima della popolazione di ogni credo religioso come un autentico “sanyasi” (santo asceta).

Ma tornato a Goa, fu perseguitato da un prete sleale. Poco dopo riunì un gruppo di sacerdoti goanesi, cercando di formare una comunità religiosa, dato che le congregazioni esistenti erano aperte solo agli europei. Eletto superiore, egli lavorò sei mesi per conformare la comunità al modello oratoriano. Poi si dimise dall’incarico e partì per lo Sri Lanka, accompagnato dal giovane Giovanni Vaz, domestico della sua casa paterna. Vestiti come i facchini, con un solo drappo grezzo che dalla cintola scendeva alle caviglie, essi giunsero stremati a Jaffna dopo una terribile traversata nella tempesta. Dovettero mendicare qualche avanzo di cibo e un duro giaciglio, finché si ammalarono di dissenteria. Trasportati nella foresta perché vi morissero, furono salvati da una donna che ogni giorno portò loro un po’ di farinata di riso. Vagando come mendicante per le strade di Jaffna con un rosario al collo, il padre Vaz entrò in contatto con famiglie cattoliche, che gli assicurarono una sede in un villaggio periferico dal quale potè esercitare il proprio ministero per l’intera regione durante oltre due anni.

Ma poco prima del Natale 1689 le autorità olandesi rafforzarono le misure Beato Giuseppe Vazanti cattoliche. Otto fra i più ricchi e influenti cattolici Tamil furono flagellati, imprigionati e torturati al punto che ben presto morirono. P. Vaz cercò asilo a Kandy, un regno buddista singalese che conservava la sovranità sull’interno del paese, un territorio selvaggio immerso nella giungla. Dapprima fu gettato in prigione perché sospettato di essere una spia portoghese, poi il re Vimaladharma Surya II lo liberò convintosi della sua sincerità, ma non gli consentì di lasciare la capitale.

Gli fu concessa piena libertà nel 1692, quando l’arrivo del monsone dopo un terribile periodo di siccità fu attribuito alle sue preghiere. Egli mandò in patria Giovanni con una lettera, grazie alla quale cominciarono a giungere volontari dall’oratorio di Goa, per unirsi a lui. Pur impegnandosi per rivitalizzare il buddismo nello Sri Lanka, Vimaladharma Surya II e il suo successore Narendrasimha non cessarono di onorare p. Vaz. Con la protezione reale gli oratoriani viaggiarono liberamente per tutto il Kandy, a piedi scalzi nella giungla impervia, cibandosi due volte al giorno di solo riso e dormendo sulla nuda terra come i più poveri del loro gregge. Riuscirono a penetrare nelle zone costiere controllate dagli olandesi, travestendosi da contadini o pescatori e costretti a esercitare il loro ministero di notte nelle abitazioni private.

Poiché si confondevano facilmente con la popolazione, non furono mai scoperti. P. Giuseppe Vaz volle che i sacerdoti imparassero perfettamente il singalese e il tamil. Gli scritti in singalese del p. Giacomo Gonsalvez, particolarmente dotato per le lingue, che studiò presso i monaci buddisti, sono  considerati alla stregua dei classici, tanto che una parte di essi fu ristampata nel 1993 dal governo dello Sri Lanka. Mentre i sacerdoti europei stabilivano tariffe fisse per i servizi religiosip. Giuseppe Vaz proibì ai missionari di accettare retribuzioni o stipendi, consentendo di accettare solo elemosine assolutamente volontarie, come avveniva fra i buddisti.

vazI fedeli risposero con tale generosità che non solo la chiesa potè autogestirsi, ma molto rimaneva per i poveri. Le offerte in riso erano custodite in un sacco alla porta della chiesa, a disposizione di chi era nel bisogno. Per volere di p. Giuseppe Vaz, l’assistenza umanitaria veniva sempre fornita gratuitamente a tutti, cattolici e non. Scoppiata a Kandy una epidemia di vaiolo, Giuseppe Vaz si impegnò al di là delle proprie forze nella cura dei malati. Il suo eroismo è riferito nella cronaca buddista Vijitavalle, Rajavaliya, ora al British Museum di Londra. Papa Clemente XI fu molto interessato all’opera del p. Vaz, cui fu offerto l’episcopato che egli rifiutò. Se avesse accettato, la già irritata arcidiocesi di Goa si sarebbe probabilmente vendicata negando ad altri preti dell’oratorio di recarsi in Sri Lanka.

Morì a Kandy il 16 gennaio 1711, lasciando in Sri Lanka una vibrante comunità cattolica di circa settantamila anime, di cui quarantamila provenienti da famiglie tradizionalmente cattoliche tornate alle pratiche religiose, mentre trentamila erano convertiti. La beatificazione di p. Giuseppe Vaz, la cui causa è stata introdotta nel 1713, e ha subito un rallentamento per ostacoli procedurali, è stata proclamata durante una visita speciale di Giovanni Paolo II a Colombo nel 1995. E ora in atto il processo di canonizzazione.

Fonte: Il primo grande dizionario dei Santi di Alban Butler